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Grasso (Assologistica) critica le preoccupazioni sui corridoi doganali espresse da rappresentanti di categorie della logistica
L'innovazione - sottolinea - va «accompagnata, sostenuta e sfruttata. Ma forse - denuncia - questi non sono pensieri adattabili ad alcune nostre realtà italiane “rigide e localistiche”»
27 aprile 2015
Sebastiano Grasso, vicepresidente di Assologistica (Associazione Italiana Imprese di Logistica), critica con toni aspri e sferzanti le osservazioni e le preoccupazioni sui corridoi doganali espresse recentemente dai rappresentanti di spedizionieri, agenti marittimi e di altre categorie di imprenditori della Spezia ( del 26 e 30 marzo, 1, 1 e 7 aprile 2015). Grasso è amministratore delegato delle società intermodali Sogemar e Hannibal del gruppo Contship Italia, gruppo a cui fa capo la società terminalista La Spezia Container Terminal (LSCT) che gestisce il container terminal al Molo Fornelli del porto della Spezia e che recentemente ha assorbito la Speter, a sua volta attiva sul Molo Garibaldi del porto spezzino.
«Sembra - ritiene il vicepresidente di Assologistica - che molti di questi detrattori (presenti soprattutto nel sistema portuale del Levante ligure) non si rendano conto che solo rendendo più efficiente e flessibile il ciclo doganale, sia in import che in export, si può attirare più carico e, proporzionalmente, meno contenitori vuoti sulle nostre banchine. A loro giudizio - osserva Grasso - basterebbe il preclearing a soddisfare le richieste di tutto il mondo degli importatori e non ne vogliono sentir parlare di “corridoi”, dimenticando apparentemente anche le logiche che stanno sottese alle TEN-T le quali, di fatto, sono un sistema di corridoi all'interno dei quali far fluire le merci nel modo più veloce, intelligente e capace di soddisfare le diverse e variegate richieste dei possessori/acquirenti delle merci stesse».
«Ma - prosegue Grasso - queste posizioni negative sui corridoi “appaiono e sembrano” di totale chiusura: in realtà questi strenui detrattori dei corridoi hanno trascurato di dire che, con nota nr. 44053 del 13 aprile 2015, l'Agenzia delle Dogane ha attivato in via sperimentale i “Fast Corridor su strada”. Viene quindi da pensare che la modalità di trasporto possa influenzare le opinioni e le posizioni conservative di un certo tipo di operatori doganali: forse costoro hanno aggiunto alla loro professione originaria un'altra attività che è molto più lucrosa di quella che dichiaratamente sembrano voler difendere a spada tratta. Sono evidentemente diventati forti intermediari dell'autotrasporto».
«Allora - rileva ancora il presidente di Assologistica - si comprende perché prende il via il Fast Corridor stradale, ma quello ferroviario, che certamente è molto più coerente sia alle logiche europee delle TEN-T che al tema delle garanzie di controllo durante il trasporto (un treno è vincolato ai binari della rete ferroviaria ... il camion va controllato con UIRNET, altrimenti ...), deve morire prima ancora di nascere per essere solamente testato. La dimostrazione è evidente: dopo due settimane l'Agenzia delle Dogane non “se l'è ancora sentita” di emanare il disciplinare del Fast Corridor su ferrovia: evidentemente a Roma arrivano gli effetti indiretti di tutte le pressioni esercitate in ambienti politici anche di opposti schieramenti dai detrattori di queste logiche semplici, che danno ai Paesi del Nord Europa (i nostri famigerati ma, ahimè, intelligenti concorrenti) un vantaggio di operazioni e di mentalità che non colmeremo mai».
«Ci chiediamo anche - sottolinea inoltre Grasso - come possa l'Agenzia delle Dogane indulgere nell'agevolare una modalità di trasporto anziché un'altra: di fatto, è quanto sta accadendo … ma allora, non abbiamo tutti gli stessi doveri e gli stessi diritti? Può l'asserzione - foglia di fico! - di non avere ancora perfezionato una procedura di per sé banale, togliere diritti che nascono per essere uguali per tutti?»
«Alla fine, signori - conclude il vicepresidente di Assologistica - sono le merci che guidano rotte, corridoi e scelte logistiche ... e sono le merci che chiedono offerte di servizio complementari o alternative: questo vale per tutti i segmenti della logistica, quindi anche nel mondo delle operazioni doganali! Il coraggio di cambiare dovrebbe essere connaturato alla natura dell'impresa: l'imprenditore che ha solo il desiderio parossistico di difendere il suo orto, si chiude all'innovazione che va invece accompagnata, sostenuta e sfruttata. Ma forse questi non sono pensieri adattabili ad alcune nostre realtà italiane “rigide e localistiche”. Miopia imprenditoriale o amore per le posizioni di rendita? Tra qualche tempo sapremo la risposta … e ci lamenteremo, come al solito, come sempre...»
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