- Il sistema portuale italiano? Potrebbe essere assai più efficiente. Non sono queste le parole pronunciate oggi dal presidente della Confederazione Italiana Armatori (Confitarma), Mario Mattioli, nel suo intervento da remoto al seminario di presentazione del “Rapporto 2019. Le concessioni di infrastrutture nel settore dei trasporti - Le concessioni in ambito portuale” realizzato e promosso da S.I.Po.Tra. (Società italiana di Politica dei Trasporti) in collaborazione con l'Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale. Tuttavia dalle dichiarazioni di Mattioli si evince che non è lusinghiero il suo giudizio sulla competitività dei porti nazionali.
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- «È chiaro - ha affermato il presidente di Confitarma - che per la nave, principale utente del porto, le concessioni dei servizi in ambito portuale rivestono una particolare importanza. Purtroppo, ancora una volta emerge il fatto che non viviamo in un paese normale, ma in un paese ove a fronte di una sorta di “bulimia” normativa vi è una “anoressia” in tutto ciò che implica il controllo di quanto è stato creato».
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- «Il nostro settore - ha denunciato Mattioli - è caratterizzato da una forte regolamentazione che spesso crea problemi tra normative nazionali ed europee, europee e internazionali, mentre non ci rendiamo conto che competitività vuol dire anche e soprattutto saper valutare il costo del tempo, nella realizzazione di un'infrastruttura come nella gestione delle navi in porto. Il settore portuale è purtroppo un esempio di questa anomalia. Per questo continuiamo a ribadire l'urgente necessità di de-burocratizzazione e di avere un'unica amministrazione che sia in grado di svolgere una regia per questo settore e che si apra il più possibile al dibattito con gli stakeholders».
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- «Noi - ha concluso il presidente di Confitarma - siamo bloccati e, nonostante il settore marittimo portuale italiano sia fortemente proiettato verso l'estero, come dimostrano le importazioni e le esportazioni che arrivano via mare, non siamo in grado di attrarre investitori stranieri. Ma, d'altra parte, se siamo noi stessi a essere perplessi del funzionamento del nostro sistema, come possiamo pensare di convincere gli stranieri ad investire in Italia?».
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