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L'International Maritime Bureau (IMB) ha calcolato che nel 1997 si sono verificati 229 attacchi dei pirati a navi in mare aperto o all'ancora, circa lo stesso numero del 1996, e 51 marittimi sono stati uccisi.
Nonostante lo stesso numero di assalti alle navi, si è però innalzato il livello di violenza. L'IMB ha infatti registrato che l'anno scorso i pirati erano armati con fucili mitragliatori in 68 casi, contro i 32 del 1996 (anno in cui i marittimi uccisi furono 26), praticamente la metà rispetto allo scorso anno.
"I pirati si sono dimostrati più violenti, sanguinari e spietati. E l'aumento della violenza è dimostrato dal fatto chi i marittimi uccisi erano disarmati e inoffensivi", ha detto Eric Ellen, direttore esecutivo dell'IMB.
Nel 1997, durante gli abbordaggi, sono stati inoltre presi in ostaggio 400 marittimi (194 nel 1996) e in 26 casi le navi sono state incendiate.
Sei nazioni sono state il teatro di oltre metà degli assalti alle navi: l'Indonesia, la Tailandia, il Brasile, le Filippine, lo Sri Lanka e l'India. L'Indonesia è certamente l'area più a rischio, anche se nel 1997 gli attacchi alle navi che vi si sono consumati sono stati 47, contro i 57 del 1996.
La maggior parte degli abbordaggi da parte di uomini armati si sono svolti in Brasile, dove le compagnie di navigazione lamentano l'assenza di un'efficiente guardia costiera a proteggere i porti.
Il rapporto dell'IMB rivela un calo degli assalti alle navi al largo delle Filippine, ma si sono verificati più attacchi nel Mar Cinese meridionale da parte di pirati con uniformi militari. E i carichi delle navi sono stati sbarcati in porti della Cina meridionale. "E' inaccettabile - ha affermato l'IMB - che la Cina, una delle maggiori nazioni marittime, sia incapace di metter fine a questa attività criminale".
L'IMB ha sostenuto inoltre che in molti casi i pirati hanno causato gravi pericoli alla navigazione abbandonando senza equipaggio le navi, specialmente cisterne a pieno carico, aumentando quindi il rischio di collisioni. |
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