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Nel 1975, alla riapertura del traffico nel canale di Suez dopo sette anni di chiusura a causa del conflitto israelo-egiziano, la via d'acqua poteva permettere il transito di navi con pescaggio di 38 piedi (9,4 metri). Successivi lavori di dragaggio, resisi necessari per adeguare la profondità al transito delle petroliere, di dimensione sempre maggiore, l'anno portata all'attuale massimo di 58 piedi (17,40 metri). Ma l'ammontare del gettito dei pedaggi, che costituiscono una delle principali entrate nel bilancio egiziano insieme con i guadagni tratti dal turismo e con le rimesse degli emigrati, continua a scendere: il calo della domanda di petroliere e la costruzione di oleodotti è la causa principale della crisi.
All'inizio degli anni Ottanta oltre la metà delle navi in transito erano petroliere, mentre ora soltanto il 6 per cento dei carichi è costituito da petrolio. Così nei primi otto mesi di quest'anno i pedaggi hanno fruttato 1,14 miliardi di dollari, con un calo di 36 milioni di dollari rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
Unico rimedio è l'adattamento della profondità del canale anche alle grandi navi. Il presidente dell'Autorità del canale, Ahmed Fadel, ha annunciato che verranno eseguiti lavori per portare la profondità del canale, dagli attuali 58 piedi (17,40 metri), a 62 piedi (18,60 metri) nel 2000, a 66 piedi (19,80 metri) nel 2005 e a 72 piedi (21,60 metri) nel 2010. Potranno così transitare anche navi di 360.000 tonnellate, mentre il massimo attuale è di 180.000 tonnellate.
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