I porti ex URSS del Baltico, ora appartenenti a tre delle repubbliche della Comunità degli Stati Indipendenti (CIS), puntano all'ammodernamento delle infrastrutture per attirare nuovi carichi, cercando anche nella privatizzazione il rimedio a decenni di assenza di una politica commerciale attiva e produttiva.
Il porto lituano di Klaipeda nel primo trimestre di quest'anno ha svolto un traffico merci superiore del 70% rispetto a quello dell'analogo periodo del 1999. Inoltre è stato deciso che nel prossimo agosto verrà rifatta l'imboccatura del porto, e per questi lavori la Banca Mondiale interverrà con un credito di 35 milioni di dollari.
Il governo lettone dovrebbe privatizzare entro quest'anno la compagnia di navigazione Latvian Shipping Company (LSC), che nel 1999 ha realizzato un fatturato di 1,15 milioni di dollari. Tre tentativi si sono però conclusi con un nulla di fatto, ed ora il governo ha abbandonato l'offerta ai privati e fa ricorso alle banche d'investimento.
L'Estonia invece ha deciso di privatizzare il 66% della compagnia ferroviaria Eestri Raudtee, e attende offerte entro metà luglio. La compagnia nel 1999 ha realizzato un fatturato di 85,6 milioni di dollari, e nel settore trasporto merci ha totalizzato 32,2 milioni di tonnellate di carichi.
In una delle repubbliche a Sud dell'ex impero sovietico, l'Ucraina, il porto di Novorossiysk amplierà i terminal dedicati al traffico dei container, della merce varia tradizionale e del petrolio. La capacità del container terminal dovrà essere portata a 100.000 teu l'anno. |
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