L'industria cantieristica navale China Shipbuilding Corporation (CSBC), di proprietà del governo di Taiwan, è alle corde. Sta infatti attraversando una drammatica crisi finanziaria e commerciale, che l'ha indotta a varare un piano di risanamento draconiano. Il gruppo, che dispone di stabilimenti sia a Kaohsiung che a Keelung, intende infatti ridurre del 35% i salari e del 48-71% il numero dei dipendenti, che sono attualmente 5.232.
Presentando il piano al ministro delle Finanze Lin Hsin-yi, il presidente di CSBC Chang Hsu-yung ne ha giustificato la durezza con la schiacciante concorrenza portata dalle industrie sudcoreane, giapponesi e cinesi, che ormai sta soffocando l'attività dei cantieri nazionali.
China Shipbulding Corporation ha accumulato, nei soli primi otto mesi di quest'anno, un disavanzo di 154 milioni di dollari USA. Secondo Chang Hsu-yung non esistono alternative: se non venisse attuato il processo di ristrutturazione la società dovrebbe dichiarare bancarotta.
Il piano elaborato dal management di CSBC indica tre possibilità di riduzione del personale con massicci prepensionamenti, che porterebbero la forza lavoro rispettivamente a 2.700, 2.300 o 1.500 unità.
La strategia del direttivo dell'azienda è stata giudicata inaccettabile dai sindacati, che hanno predisposto una petizione che invoca l'uscita di scena del presidente Chang Hsu-yung.
Il piano è però condizionato alle decisioni del governo di Taipei e del dicastero delle Finanze, che dovrebbero elargire i fondi necessari per coprire una consistente quota di prepensionamenti. Nelle casse della società ci sarebbero infatti solo 64 milioni di dollari per far fronte ai prepensionamenti, contro i 665 milioni di dollari che potrebbero essere necessari se venisse attuato il progetto di risanamento.
Il ministero guidato da Lin Hsin-yi ha comunque consigliato alla dirigenze della società di predisporre un nuovo piano, che tenga conto delle richieste e delle esigenze dei dipendenti. |
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