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CENTRO INTERNAZIONALE STUDI CONTAINERS
ANNO XXXVII - Numero 15 APRILE 2019
INDUSTRIA
LA RICERCA BRITANNICA DI UN RUOLO NELL'INIZIATIVA "UNA
CINTURA, UNA VIA" È UN VIAGGIO VERSO IL NULLA A CAUSA
DEL DISTACCO DEL REGNO UNITO DALL'EUROPA
La Gran Bretagna è su una strada senza uscita, non solo a
causa del suo disordinato tentativo di lasciare l'Unione Europea, ma
anche a causa della sua posizione fisica rispetto alla BRI
(Iniziativa Una Cintura, Una Via) cinese.
A differenza dell'Italia, che si appresta a diventare una
stazione di passaggio nella marcia della BRI verso l'Europa
continentale, tutte le strade dalla Gran Bretagna conducono al
nulla.
Poiché il Regno Unito barcolla ed inciampa nella ricerca
di una qualche specie di uscita dall'Unione Europea, come una
persona ubriaca attraverso una porta girevole, alcuni propugnatori
della Brexit puntano ad un accordo di libero scambio fra la Cina ed
il Regno Unito come modalità per uscire dall'isolamento: Una
Cintura ed Una Via al salvataggio, per così dire.
Ma questo perde di vista l'imperativo logistico: è con il
cuore dell'Europa industriale che la Cina è intenzionata a
connettersi, non con un'isola che minaccia di recidere il proprio
cordone ombelicale con il continente.
La cosa migliore in cui la Gran Bretagna può sperare è
quella di diventare un centro finanziario offshore per la BRI.
Kent Calder, un eminente esperto in materia di Asia
Nord-Orientale, ne ha parlato in modo estremamente sintetico nel
corso di una conversazione avuta con lui riguardo alla strategia
cinese in Europa.
Il vero nucleo delle propsettive di successo della BRI, a suo
dire, "è la realizzazione di infrastrutture che
collegheranno l'Europa e la Cina, in particolare la Germania e
l'Europa Orientale" ha affermato.
"Le filiere produttive tedesche dalla fine della guerra
fredda si sono spostate nel gruppo di Visegrád (Repubblica
Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia) ad est, mentre il centro di
gravità economico cinese si è spostato ad ovest.
L'apertura delle frontiere ha rapidamente migliorato l'accesso
al continente eurasiatico, tanto che le filiere produttive di tutto
il continente stanno diventando sempre più economiche".
Può essere che i responsabili delle politiche del Regno
Unito non lo abbiano previsto quando hanno cercato di recidere il
collegamento della filiera distributiva fra il proprio paese e
l'Europa continentale?
Sembrerebbe incredibile se così fosse, e peraltro tale
pazzia collettiva sembra avere afferrato Westminster e Whitehall da
ultimo, il che significa che tutto in effetti è possibile.
Com'è già stato pubblicato su questa rivista,
sembra proprio che i responsabili politici da Donald Trump a Theresa
May non abbiano colto il fatto che le relazioni commerciali ed
economiche hanno bisogno di essere decise al giorno d'oggi nelle
sale dei consigli di amministrazione tanto quanto nelle sacre stanze
di Whitehall o della Casa Bianca.
Quando occorre proteggere filiere distributive essenziali,
sarebbe folle pensare di poterle semplicemente ignorare.
La Gran Bretagna ha già azzoppato ditte giapponesi a
questo riguardo ed ora sembra pensare che anche i cinesi abbiano il
gusto di prenderle.
Quando il ministro del commercio britannico Liam Fox intavolò
negoziati con il ministro del commercio cinese a Pechino lo scorso
agosto, si era parlato di un accordo di libero scambio di
prim'ordine fra i due paesi.
Ma questo accadeva quando il governo del Regno Unito ancora
sperava nel migliore accordo commerciale possibile con l'Unione
Europea.
In quel momento, sembrava ancora che avesse senso per la Cina
investire in produzione del Regno Unito al fine di assicurarsi un
accesso libero da dazi dalla Gran Bretagna all'enorme mercato
europeo.
Dopo tutto, le relazioni Cina-Unione Europea sono ancora
governate dall'Accordo di Cooperazione e di Scambio del 1985 ed alla
Cina ancora manca un pieno accesso al mercato dell'Unione Europea.
Ma la Gran Bretagna ha messo seriamente a repentaglio - per
usare un eufemismo - il proprio accesso all'unione doganale ed al
Mercato Unico dell'Unione Europea.
Chi sa come probabilmente le relazioni Stati Uniti-Europa si
svilupperanno da qui in avanti con la Gran Bretagna apparentemente
divisa al suo interno ed incapace di decidere una chiara linea di
condotta?
Visto il modo in cui alcune società giapponesi di rilievo
hanno già portato via dal Regno Unito i propri investimenti o
stanno rifiutando di effettuarne di nuovi, sembra probabile che le
ditte cinesi adotteranno un atteggiamento assai prudente in ordine
agli investimenti in Gran Bretagna, mentre Pechino è alla
ricerca di legami diretti più stretti con l'Unione Europea.
È probabile che certe relazioni fra la Gran Bretagna e la
Cina continuino a prosperare.
"Le relazioni finanziarie di Cina, Gran Bretagna e Hong
Kong sono di importanza fondamentale" afferma Calder, direttore
dell'Edwin O. Reischauer Centre for East Asian Studies presso la
Johns Hopkins University.
Calder si riferisce al ruolo della City di Londra (e di Hong
Kong) nelle pratiche inerenti all'emissione di obbligazioni in
renminbi e di altre garanzie finanziarie per conto della AIIB (Asian
Infrastructure Investment Bank) ed indirettamente per conto della
BRI.
Gl'investimenti delle società cinesi nel Regno Unito,
secondo un rapporto della BBC, avvengono per lo più
nell'energia, nella finanza, nella tecnologia e nell'immobiliare.
Ci si aspetta che questi investimenti, si suggerisce nel
rapporto, si espandano in altri settori come i beni di consumo, gli
alimentari, il commercio, il turismo culturale e nei film, nella
televisione e nei servizi multimediali.
Ma a meno che la Cina non decida di fare ingresso in aree
strategiche fondamentali quale la proprietà portuale, come
sta ora facendo in Italia, in Germania, nei Paesi Bassi ed in
Grecia, è difficile vedere come Pechino possa ritenere il
Regno Unito un anello forte ed essenziale nella catena
dell'iniziativa "Una Cintura, Una Via" come lo era prima.
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