ASSOCIAZIONE PORTI ITALIANI
(ASSOPORTI)
RELAZIONE DEL PRESIDENTE
sen. FRANCESCO NERLI
ALLA 41ª ASSEMBLEA
Roma
2 ottobre 2001
Autorità, illustri ospiti, amici e colleghi,
rappresentanti di tutti i nostri associati, nel porgervi il mio
saluto desidero ringraziarvi per essere intervenuti alla nostra
assemblea.
Un particolare ringraziamento è rivolto al
Vice Ministro On. Mario Tassone; all'On. Ilario Floresta - Capo
Gruppo Forza Italia - Commissione Trasporti Camera; all'On. Eugenio
Duca - Capo Gruppo Democratici di Sinistra - Commissione Trasporti
Camera; al Dr. Massimo Provinciali - Direttore Generale Unità
di Gestione delle Infrastrutture per la Navigazione ed il Demanio
Marittimo - Ministero Infrastrutture e Trasporti; ritengo che
con i loro interventi forniranno il necessario contributo del
Governo, della maggioranza, dell'opposizione e dell'Amministrazione
a questa Assemblea che, per parte mia intendo dedicare a "fare
il punto", pur sinteticamente, sulla portualità italiana
per individuare, nella fase di avvio di una nuova legislatura
che coincide anche con un cambio di maggioranza: quali sono i
principali obiettivi ad oggi raggiunti; cosa è necessario
fare a nostro avviso, per garantire alla portualità, che
è segmento strategico del sistema - paese, adeguate misure
ed iniziative che consentano ulteriore sviluppo.
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Il punto sulla portualità italiana nella
prospettiva di un possibile ulteriore sviluppo.
Considerazioni introduttive.
Una valutazione motivata deve partire anzitutto da
elementi che siano in grado di rappresentare per flash qual'e'
il peso della portualità italiana. Anzitutto si deve prendere
atto che i porti italiani hanno visto negli ultimi anni una considerevole
crescita dei volumi di traffico complessivo sia per quanto riguarda
le merci imbarcate e sbarcate, (in particolare per la componente
delle merci non petrolifere ed ancor più per i containers),
sia per quanto riguarda i passeggeri, ed all'interno di questo
traffico della componente crocieristica.
Limitando il raffronto quantitativo all'ultimo anno
(2000/1999) ed ai porti nazionali maggiori si può dare
atto di un bilancio positivo alla luce di un tasso di crescita
del tonnellaggio merci che è pari al 4,51% se consideriamo
il totale delle merci movimentate; del 9% circa se si escludono
le rinfuse liquide e di ben il 15,81% per i soli TEU movimentati
e di circa il 6,99% dei passeggeri.
Se si allarga il periodo di riferimento all'arco
temporale 1994-2000, sempre per i porti maggiori i tassi di crescita
risultano rispettivamente del 31% per le merci, del 166% per i
TEU movimentati e del 44% per i passeggeri imbarcati e sbarcati.
Considerando, anziché le merci, le relazioni
di traffico che fanno capo ai porti italiani è sufficiente
citare come, secondo uno studio del CNEL sui servizi di linea
nel 1998, l'Italia risulta in Mediterraneo paese leader per numero
di porti serviti (circa 40) e per partenze settimanali (circa
220), e ciò in un periodo in cui si è vista la portualità
mediterranea nel suo complesso recuperare, in virtù del
segmento dei traffici di transhipment, rilevanti quote di traffico
in contenitori rispetto ai concorrenti porti Nord Europei, che
tuttavia restano i leader.
Nello stesso tempo esperti autorevoli (Bologna; i
Porti del sud dal transhipment alla logistica; 2001) confermano
oltrechè la posizione di leader dell'Italia nella movimentazione
portuale in Mediterraneo, tassi di crescita nazionali particolarmente
elevati nella seconda metà degli anni 90.
Altra testimonianza della dinamicità del settore
appare l'aumento della componente crocieristica nazionale all'interno
del trasporto passeggeri.
Essa si colloca, è vero, in una generalizzata
crescita di questa componente di traffico in Mediterraneo, anche
se non devono essere sottovalutati tre dati peculiari:
- una crescita che ha riguardato di fatto, tra il
1995 e il 2000, tutti i porti italiani maggiori; un tasso di incremento
di molti porti nazionali con consolidata tradizione crocieristica
maggiore rispetto a quella dei concorrenti;l'inserimento
nella classifica dei principali porti crocieristici mediterranei
di scali nazionali in precedenza solo marginalmente interessati
da questi traffici.
Lo stesso andamento degli indicatori macro economici
mondiali negli ultimi anni ed in particolare negli ultimi mesi
costituisce un riferimento per valutare le performances quantitative
e qualitative di un settore inscindibilmente legato all'andamento
della produzione, dei consumi e del commercio tra aree geo economiche
ed all'interno di queste.
Non ci deve comunque indulgere a facili ottimismi
la nuova attrazione di traffici da parte del Mediterraneo e in
particolare dell'Italia, che secondo le previsioni al 2004 può
continuare ad essere protagonista in quest'area. Infatti, nel
futuro la salvaguardia e lo sviluppo di questa posizione pare
necessitare di adeguate politiche atte a fronteggiare la concorrenza,
principalmente con i sistemi paesi di Spagna e Francia.
Anche perché il perdurare della situazione
di incertezza nello scenario macro-economico ed in quello politico
mondiale non consente di nutrire eccessivi ottimismi per gli andamenti
di quest'ultimo periodo del 2001 e per il 2002.
Al di là di queste considerazioni prudenziali
ed accanto ad esse, ogni considerazione sulle prospettive e sulle
sfide che ci troveremo ad affrontare riteniamo vada collocata
all'interno di un contesto caratterizzato negli ultimi anni, almeno
per il trasporto oceanico dei contenitori (o meglio nel trasporto
dei contenitori tra aree continentali), da trasformazioni tuttora
in corso che hanno indubbi riflessi sulla scelta dei porti da
scalare da parte delle linee di navigazione.
Gli operatori dei trasporti oceanici di containers,
attraverso fusioni, acquisizioni ed alleanze, crescono di dimensioni,
operano con navi sempre più gigantesche, stanno sempre
più attenti a controllare i costi. Essi si adeguano alle
mutate esigenze dei caricatori, dei clienti delle imprese manifatturiere,
divenendo operatori logistici e trasportatori globali intermodali,
diversificano le loro attività ed appartenendo a grandi
gruppi aumentano la loro forza contrattuale e finanziaria.
I principali scali containers si trovano quindi a
dover assecondare l'offerta di servizi logistici - trasportistici
e di conseguenza attrezzarsi, tenendo conto che contemporaneamente
si è svolto e sta continuando un fenomeno di concentrazione
dei terminal portuali a ciò dedicati, che ha visto come
precursori i terminalisti dei due primi porti del mondo, Hong
Kong e Singapore.
Sempre riguardo al contesto marittimo mondiale e
Mediterraneo dobbiamo considerare in aggiunta all'interesse degli
operatori logistici globali intermodali per gli scali del sud
Europa e dell'Italia in particolare (testimoniate tra l'altro
dall'avvio recente del nuovo TCT di Evergreen a Taranto), l'utilizzazione
del Sud Europa come punto di raccolta e distribuzione dei traffici
da parte di quegli stessi operatori che hanno infatti potenziato
le rotte "pendulum" tra l'Estremo Oriente e la Costa
Est degli USA in transito per il Mediterraneo.
Nel concludere questa parte dedicata a schematiche
considerazioni di riferimento, sembra comunque necessario specificare
che l'attenzione prevalente ai traffici containerizzati, rappresentanti
il più attuale indice di valutazione della portualità
a livello mondiale, non esaurisce e non rappresenta pienamente
la generalità della portualità e dei traffici né
a livello nazionale né a livello mondiale. Infatti la componente
quantitativamente più rilevante del trasporto marittimo
di merci è pur sempre costituita da prodotti quali le rinfuse
liquide e solide, che sono le componenti prioritarie delle merci
imbarcate e sbarcate anche in porti italiani e che alimentano
quel composito circuito di servizi alla nave, alla merce, di attività
commerciali ed industriali indotte che complessivamente costituiscono
le attività portuali.
Così come non va dimenticato quanto siano
importanti per numero di collegamenti, oltreché per quantitativi
di merci e passeggeri trasportati, quelle rotte di medio e breve
raggio (sia cabotaggio nazionale in senso proprio sia trasporto
marittimo a corto raggio infraeuropeo e inframediterraneo) operate
con navi RO-RO, tutto merci e miste.
Tanto più importanti esse sono per l'intero
paese in virtù della sua conformazione e collocazione geografica
e della insularità di parte non irrilevante del territorio;
per il complesso dei porti toccati; per la economia marittima
nazionale nel suo insieme. Un solo dato: lo SSS (secondo la definizione
data dall'UE) rappresenta quantitativamente circa il 79 % del
totale delle merci sbarcate ed imbarcate.
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Pur con le precisazioni e le cautele di cui si è
detto, partendo dai lusinghieri risultati raggiunti appare utile
un bilancio delle azioni adottate a livello nazionale che li hanno
consentiti nella prospettiva di consolidare quanto fin qui ottenuto
e stimolare ogni possibile ulteriore avanzamento, individuare
cosa ancora può e deve essere fatto per assecondare un
processo di crescita.
Avuto riguardo al settore più propriamente
marittimo, di particolare significato, negli ultimi anni
appaiono: la legge n° 30/98 riguardante tra l'altro l'istituzione
del Registro internazionale di immatricolazione delle navi, condizioni
contrattuali del personale marittimo, benefici per imprese armatoriali,
ecc.; la legge n° 413/98 concernente rifinanziamento degli
interventi per l'industria cantieristica ed armatoriale e l'attuazione
della normativa comunitaria di settore; la legge n° 522/99
concernente misure di sostegno all'industria cantieristica ed
armatoriale ed alla ricerca applicata nel settore navale; e le
misure di sostegno al miglioramento qualitativo della flotta attraverso
sussidi alla demolizione delle navi cisterna più obsolete
di cui alla legge n° 51/2001; la legge n° 88/2001 concernente
nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime.
Tali misure hanno contribuito in modo significativo
a migliorare la capacità competitiva dell'armamento nazionale
e settori collegati, con benefici indiretti per l'economia marittimo
- portuale in generale.
Considerando invece il più vasto comparto
del trasporto nel suo complesso e della logistica,
il risultato più significativo raggiunto è l'adozione
del nuovo PGTL.
Valutiamo infatti positivamente la possibilità
di uno strumento programmatico di indirizzo che : ha proiezione
temporale di medio - lungo periodo; considera le relazioni all'interno
del paese, tra l'Italia e i partners comunitari; tra le aree geografiche
legate dai flussi di traffico che attraversano il Mediterraneo;
è di "livello generale" (e quindi dello Stato)
ma indica nelle Regioni "interlocutori essenziali e determinanti";
per quanto riguarda i porti individua in quelli sedi di A.P. le
componenti del Sistema Integrato dei Trasporti (SNIT).
Di tale piano proponiamo di valorizzare l'impostazione
dinamica, aperta alle implementazioni e agli aggiustamenti che
emergeranno necessari ed opportuni dal confronto costante con
la realtà evolutiva dei traffici nonché con le Regioni
e gli enti locali.
Ulteriore risultato positivo, di cui lo stesso PGTL
ne individua le coordinate, è il così detto "Progetto
delle Autostrade del Mare", che rappresenta anche una importante
opportunità per il futuro del settore marittimo e per la
portualità nazionale.
Con riguardo a questo tema, si prende atto dell'intendimento
del Ministro Lunardi di dare corso ad iniziative che consentano
l'implementazione del cabotaggio marittimo, rimuovendo le criticità
già in passato evidenziate dalle associazioni di categoria,
compresa Assoporti, e dagli operatori.
Naturalmente anche in coerenza con le indicazioni
comunitarie, in ultimo scaturenti dal recentissimo "Libro
Bianco", è opportuno che il cosiddetto "progetto
delle Autostrade del mare" non venga letto solo in funzione
dello sviluppo del trasporto marittimo interno, ma pure in funzione
dello sviluppo del trasporto marittimo a corto raggio infracomunitario
ed inframediterraneo.
A comprova della riconosciuta valenza di questi segmenti
di mercato marittimo si ricorda che Assoporti insieme con Confitarma,
Fedarlinea e Federagenti è socio fondatore dell'Ufficio
per la promozione del Trasporto Marittimo a Corto Raggio.
A proposito delle "Autostrade del mare",
nella recente riunione sulla tematica organizzata dal Ministro
Lunardi, Assoporti ha ribadito quelle che, a suo avviso, sono
le azioni che occorre mettere in atto per la realizzazione del
progetto, le quali in estrema sintesi riguardano:
- investimenti mirati all'adeguamento di infrastrutture
e sovrastrutture portuali alle esigenze del traffico di cabotaggio
nazionale e Short Sea Shipping;
- interventi ed investimenti finalizzati all'eliminazione
di strozzature nei collegamenti, stradali e ferroviari, tra porti
e rispettivi retroterra;
- eliminazione, laddove ancora esistenti, di vincoli
procedurali e burocratici legati alle operazioni di arrivo e partenza
delle navi e di imbarco/sbarco delle merci, nonché accelerazione
delle procedure amministrative attraverso l'utilizzazione delle
tecnologie informatico/telematiche;
- contenimento dei costi delle operazioni portuali
e dei servizi alla nave;
- sostegno ad una "politica" di alleanze
tra autotrasportatori, vettori marittimi e ferrovie;
- promozione di azioni di marketing e sensibilizzazioni
congiunte (Autorità Portuale o Marittima, vettori, operatori
ed utenti);
- intraprese private e pubbliche per disporre di
naviglio adeguato;
- valutare e monitorare l'incidenza dei costi esterni
relativi alle varie modalità di trasporto, al fine di una
corretta imputazione dei costi stessi, secondo i recenti orientamenti
espressi a livello comunitario.
Con riferimento al settore portuale.
Un sintetico bilancio di quanto negli ultimi anni
è stato fatto nel e per il settore portuale a livello nazionale
non può che partire dalla L. 28.01.1994, n° 84 di
riforma dell'ordinamento portuale e dalle successive modificazioni,
ultima la L. 30.06.2000, n° 186 che chiude, per quanto riguarda
il lavoro portuale, il processo legislativo di riforma del settore.
Riteniamo, ed ormai si può dire che sia opinione
consolidata, che i positivi risultati rammentati in premessa per
quanto riguarda volumi di traffico e collegamenti, in parte sono
riconducibili all'andamento del trasporto marittimo a livello
mondiale, ma in misura significativa siano stati resi possibili
dalle rilevanti modifiche apportate al sistema portuale italiano
dalla L. 84/94 e successive modificazioni.
Senza voler entrare nella dettagliata illustrazione
delle norme, i punti nodali del dettato normativo sono:
- la netta separazione dei compiti autoritativi,
di programmazione, controllo, coordinamento, promozione e manutenzione
delle parti comuni da quelli economici ed imprenditoriali che
si svolgono nei porti;
- l'attribuzione dei compiti autoritativi nei principali
porti, sicuramente di rilevanza economica internazionale o nazionale,
alle Autorità Portuali, figure nuove nell'ordinamento,
tipico esempio di organismo periferico composito, cui il legislatore
ha conferito il compito di perseguire finalità statali
conformandone però gli organi in modo tale da consentire,
per quanto possibile, il coordinamento con le esigenze delle amministrazioni
e delle comunità locali nonché degli operatori economici
e dei lavoratori nella logica della collaborazione sinergica tra
il porto (territorio ed entità amministrativa), le comunità
territoriali circostanti, le parti sociali;
- l'affidamento dei compiti economici ed in primo
luogo dello svolgimento delle operazioni portuali di handling,
e con la L. 186/2000 dei servizi complementari ed accessori a
tali operazioni, alle imprese private in un mercato aperto alla
concorrenza regolata in ragione delle finalità generali
cui il porto risponde, con facoltà alle imprese di disporre
di personale proprio e quindi con piena responsabilizzazione della
gestione del fattore lavoro;
- il riconoscimento a livello legislativo della
figura del terminalista, impresa autorizzata a produrre per se
e per altri operazioni e servizi in un'area portuale in concessione;
- la trasformazione delle ex Compagnie e Gruppi portuali
in imprese ed il loro ingresso nel mercato dei fornitori di operazioni
portuali, trasformazione favorita anche con l'ausilio di ammortizzatori
sociali o provvedimenti di esodo ritenuti ammissibili dall'UE;
- la promozione, da ultimo con la richiamata L. 186/2000,
di cosiddetti "pool di manodopera", strumenti che pur
variamente regolati, in relazione alle realtà e tradizioni
dei vari paesi, esistono nei porti europei, al fine di assicurare
un'adeguata risposta al non uniforme e non costante andamento
delle attività portuali.
L'impianto normativo, fin qui richiamato nei suoi
tratti essenziali, riteniamo abbia contribuito alle buone performances
ed ai risultati ricordati nelle premesse apprezzati nel complesso
dalla clientela portuale. Esso ha reso possibile: prima il processo
ormai ultimato di privatizzazione di tutte le attività
di handling nonché della quasi totalità delle altre
attività portuali; quindi il processo di terminalizzazione
che ha caratterizzato diversi scali nazionali, quelli in cui le
dimensioni e l'assetto del territorio portuale consentivano ciò;
infine l'acquisizione del controllo societario in diversi tra
i maggiori terminali portuali italiani da parte di grandi operatori
mondiali nel settore della logistica marittima e terrestre.
Inoltre si è registrato l'inserimento di un
accresciuto numero di imprese non terminalistiche (parte come
detto direttamente derivate dall'ex Compagnia) e quindi una maggiore
e differenziata offerta/concorrenza che ha prodotto una diminuzione
dei costi di handling, l'aumento di produttività, l'apporto
di investimenti privati. In questo ambito non secondari sono stati
l'azione promozionale, di pianificazione e programmazione posta
in essere dalle A.P. nelle realtà portuali ove presenti,
nonché un costruttivo clima sociale.
In estrema sintesi si può sostenere che, pur
nelle more dell'attuazione di diverse singole norme della legge,
questione sulla quale ci soffermeremo più avanti e fatte
salve eventuali modifiche semplificative, si è posto in
essere un processo di "efficientamento operativo" all'interno
del quale un ruolo importante è stato giocato dal soggetto
A.P.
A tale riguardo sembra utile citare dalla Relazione
annuale dell'Amministrazione vigilante sull'attività delle
A.P., pur risalente al 1999: "con riferimento ai soli
porti sedi di A.P.,
. hanno assorbito il 70% dell'intero
traffico nazionale (67% di prodotti petroliferi e 74% delle altre
merci), si evidenzia che, se l'incremento del volume complessivo
del traffico è stato pari a quello dell'intero sistema
portuale la composizione interna si differenzia, infatti nei porti
in questione mentre i prodotti petroliferi crescono del 23% le
altre merci - i più ricchi traffici - crescono rispetto
al 1985 di ben il 59%".
Altro elemento positivo in un bilancio sull'evoluzione
recente della portualità è il processo di "efficientamento
fisico e infrastrutturale" dei porti maggiori avviato, in
forza delle risorse rese disponibili con l'art. 9 della L. 413/98,
dopo anni di carenza in tema d'investimenti infrastrutturali portuali.
Questa operazione di "riallineamento infrastrutturale",
fortemente voluta da Assoporti, è stata già oggetto
di trattazione nella nostra Assemblea dello scorso anno.
Da quella data, di fatto, può farsi decorrere
il momento di avvio effettivo dell'attuazione di quel programma.
Solo il 1° giugno 2000 è stato perfezionato, con l'avvenuta
registrazione, il provvedimento di definitiva determinazione delle
disponibilità finanziarie che ciascuna A.P. poteva destinare
ai singoli interventi indicati nel programma approvato con il
precedente decreto del 27 ottobre 1999.
Ad oggi è possibile una prima valutazione
che vede la quasi totalità delle A.P. aver dato corso all'avvio
delle procedure di aggiudicazione dei lavori; la maggioranza dei
progetti in avanzata fase di aggiudicazione; molti lavori affidati
ed avviati; poche situazioni di sofferenza quasi sempre riconducibili
a problemi esterni alle A.P.
Il rifinanziamento, reso disponibile da poche settimane,
del programma di "riallineamento", in forza delle leggi
finanziarie degli anni 2000 e 2001, che riguarda 25 porti (23
sedi di A.P. e 2 ove insistono Aziende Speciali Camerali) costituisce
un ulteriore considerevole risultato positivo. Di grande rilevanza
è anche il fatto che, invece del finanziamento di singoli
progetti, si è scelto di mettere a disposizione delle A.P.
fondi da destinare, nel quadro degli indirizzi dati dal PGTL,
alla realizzazione dei propri programmi operativi, strumenti adottati
dal Comitato Portuale e quindi con il concorso di tutti i soggetti
in esso rappresentati. Si prefigurano quindi: una gestione più
elastica delle risorse ed un adattamento alle mutevoli necessità
di ogni porto; la possibilità di integrare risorse provenienti
da altre fonti; la realizzazione anche di interventi integrati
porto - territorio; la possibilità di ricorso all'utilizzo,
ove possibile e conveniente, di forme di finanziamento alternative
ai mutui.
Con lo sguardo rivolto al futuro, va subito detto
che il rifinanziamento dell'art. 9 della L. 413/98 sin qui operato
non consente di considerare completato il necessario riallineamento
infrastrutturale, sia alla luce dei programmi operativi considerati
in sede di redazione del PGTL; sia delle loro successive revisioni,
nonché tenuto conto delle esigenze connesse alla realizzazione
del cosiddetto "progetto delle Autostrade del Mare".
Considerato questo e le indicazioni che emergono
in sede europea circa l'assimilazione del finanziamento pubblico
di infrastrutture agli aiuti di Stato, si motiva la richiesta
forte e determinata al Governo ed al Parlamento di chiudere il
processo di riallineamento fin dalla prossima legge finanziaria,
rendendo disponibili con essa a tale fine almeno 3.000 miliardi
di risorse effettivamente spendibili per opere portuali di valenza
generale, per il completamento, la riqualificazione o la specializzazione
di opere a servizio dei traffici, specie RO-RO, per il miglioramento
dei collegamenti viari e ferroviari tra i porti e le reti infrastrutturali.
Quel che resta da fare:
Per andare oltre la logica di puro rendiconto di
quanto è stato fatto, si intende dedicare il prosieguo
di questa relazione ad un breve esame di cosa resta ancora da
fare per completare la riforma portuale e di alcuni nodi/temi
che devono essere risolti per consentire un agevole sviluppo della
portualità.
Un naturale compimento della riforma.
Il problema delle risorse delle Autorità
Portuali.
A fronte dei molteplici compiti attribuiti alle Autorità
Portuali il legislatore ha loro riconosciuto quali risorse disponibili:
i canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine
ricomprese nella propria circoscrizione; i canoni delle autorizzazioni
rilasciate; il gettito delle tasse sulle merci imbarcate e sbarcate
nel rispettivo porto, peraltro per i primi 10 anni (fino al 31.12.2003)
nella misura del 50 %, e per i compiti di manutenzione delle parti
comuni, un contributo dell'Amministrazione dello Stato, spesso
inferiore all'effettivo fabbisogno.
Al di là dell'insufficienza del complessivo
volume di queste risorse, che contraddice la dichiarata ma solo
formale autonomia finanziaria delle A.P., di fatto tale sistema
non consente di reimettere nel circuito portuale la ricchezza
che le attività del porto generano rendendo frequentemente
mero esercizio teorico i complessi processi di pianificazione
e programmazione, e l'attuazione di azioni tese a coordinare lo
sviluppo del territorio portuale con le altre infrastrutture territoriali.
La legge recante "misure in materia fiscale"
(L. 21.11.2000, n° 342), all'art. 100, ha previsto l'attuazione
della riforma delle tasse e dei diritti marittimi e l'individuazione
"di un sistema di autonomia finanziaria
per il
finanziamento delle opere infrastrutturali contenute nei piani
regolatori e nei piani operativi triennali".
Più precisamente, con quella norma è
stata affidata al Governo la delega ad emanare un regolamento
di riforma del sistema delle tasse e dei diritti marittimi volto
a semplificare lo stesso sistema di tassazione e le procedure
di riscossione; a definire la quota da attribuire al bilancio
delle A.P.; ad individuare un sistema di autonomia finanziaria
per le medesime A.P.
Gli obiettivi di attribuzione alle A.P. delle tasse
e la prevista autonomia finanziaria corrispondono ad indicazioni
già contenute nel DPEF 1999-2001 e nel PGTL e sono finalizzate
a consentire alle A.P. rispettivamente: di fare fronte ai compiti
di manutenzione delle parti comuni dell'ambito portuale senza
ricorrere ai fondi statali; di finanziare alcune opere portuali
contenute nei PRP e nei POT.
La previsione normativa in parola rappresenta quindi
il primo passo di un processo, che da tempo Assoporti ha proposto,
di semplificazione e di devoluzione alle A.P. delle tre c.d. "tasse
portuali", nonché di una quota dei diritti doganali
gravanti sulle merci, il tutto finalizzato a dare alle A.P. maggiore
certezza di flussi finanziari che sarebbero legati al traffico
che fa capo a ciascun porto e quindi alla ricchezza che il porto
genera nel territorio.
All'interno di questo si dovrebbero prevedere meccanismi
che consentano di assicurare anche alle A.P. istituite nella Regione
Autonoma Siciliana la devoluzione di somme corrispondenti all'intero
gettito delle c.d. "tasse portuali" e della quota, da
individuarsi, della ricchezza prodotta dalle attività di
quei porti che, ad oggi in buona parte, affluiscono alla Regione.
Il minore introito per l'erario conseguente alla
"devoluzione" delle cosiddette tasse portuali verrebbe
compensato per buona parte dal risparmio relativo al contributo
(ex art. 6 - 1° comma, lett. b - L. 84/94) del Ministero
dei Lavori Pubblici attualmente riconosciuto alle A.P. per la
manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni degli
ambiti portuali.
Si osserva che, a completamento del processo di realizzazione
dell'autonomia finanziaria, attraverso una pur graduale "devoluzione"
alle A.P. delle ricchezze generate dal porto, alcuni investimenti
statali per opere infrastrutturali o tutti (a seconda della misura
della devoluzione) verrebbero in futuro realizzati dalle A.P.
direttamente e quindi non sarebbero a carico, come avviene oggi,
dei Ministeri competenti.
Le basi su cui dovrà essere definita la misura
della devoluzione delle ricchezze generate dai porti alle A.P.
non potranno, a nostro avviso, che essere proporzionate alle varie
voci di entrata affluenti alle dogane.
L'attuazione dell'autonomia finanziaria delle
A.P., da realizzarsi attraverso la delega conferita al Governo
dall'art. 100 della L. 342 del 2000, rimane ad avviso di Assoporti
la priorità imprescindibile per il completamento del disegno
di riforma.
Il lavoro portuale
Altra necessaria azione di completamento della legge di riforma
è l'attuazione di quanto previsto dagli artt. 16 e 17 L.
84/94 come novellati dalla L. 186/2000 e dalle altre previsioni
della legge medesima.
Come noto gli artt. 2 e 3 della L. n° 186/2000 hanno apportato
modifiche agli artt. 16 e 17 della L. n° 84/94, e tra l'altro
introdotto la categoria dei cosiddetti servizi portuali, cioè
quelli riferiti a prestazioni specialistiche, complementari ed
accessorie al ciclo delle operazioni portuali, nonché la
disciplina della fornitura del lavoro portuale temporaneo, dando
così attuazione ad obblighi scaturenti in capo alla Repubblica
Italiana a seguito di rilievi mossi dalla Commissione U.E.
Successivamente (decreto del 06.02.2001 n° 132, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 19.04.2001), il M.T.N. ha adottato
il regolamento concernente la determinazione dei criteri vincolanti
per la regolamentazione da parte delle autorità portuali
e marittime dei servizi portuali, ai sensi dell'art. 16 della
L. 84/94 e quindi (circolare del 21.07.01) la competente struttura
ministeriale ha fornito alcune indicazioni ai fini dell'applicazione
del suddetto regolamento.
Le regole introdotte con la legge sono indubbiamente complesse.
Esse si devono calare in realtà locali che non sono omogenee,
sia in dipendenza della peculiarità delle singole entità
portuali e loro assetti organizzativi, sia tenuto conto delle
norme che si sono succedute nel tempo. Inoltre la disciplina dei
servizi portuali (e specificatamente la loro individuazione) si
lega alla disciplina del lavoro portuale temporaneo che ai sensi
dell'art.17 comma 10, dovrà essere precisata a livello
locale da ciascuna autorità portuale (ovvero marittima).
In considerazione di queste complessità e del rinvio ad
una disciplina di livello locale è chiaro che si prefigurano
soluzioni diversificate di regolamentazione a livello locale sia
dei "servizi portuali" che della fornitura del lavoro
portuale temporaneo. Nell'ambito delle coordinate generali fornite
dalle relative disposizioni nazionali già emanate, ci sembra
che il rispetto e la considerazione della peculiarità di
ogni porto costituisca un elemento che consentirà l'attuazione
delle previsioni normative.
Attende quindi nelle prossime settimane e mesi in capo alle A.P.
il compito difficile e delicato di dare attuazione a queste nuove
disposizioni. Si tratta, tuttavia, di un processo obbligato, al
cui positivo compimento sono chiamate e si impegneranno le A.P./A.M..
Un atteggiamento costruttivo e un analogo impegno è chiesto
alle imprese portuali e alle OO.SS., ciascuno secondo le proprie
responsabilità, cercando comunque di evitare conflitti
e confermare i successi prodotti dal riordino della legislazione
portuale nazionale.
Affinché le A.P. possano svolgere al meglio questo compito
appare necessario vengano emanati: il decreto contenente le norme
per l'istituzione e il funzionamento della Agenzia per la fornitura
del lavoro portuale temporaneo (comma 5 art. 17), ed il decreto
(previsto dal comma 1, art. 18) contenente le norme attuative
in materia di concessioni di aree e banchine portuali.
Direttamente collegata con il problema dell'attuazione di quanto
previsto dal nuovo art. 17 circa la disciplina della fornitura
del lavoro portuale temporaneo è la definizione delle modalità
di retribuzione delle giornate di mancato avviamento al lavoro
dei lavoratori impiegati presso le imprese o le Agenzie ex art.
17, L. 84/94, secondo quanto previsto dal comma 15 dello stesso
articolo.
La questione, assume connotati di certa e rilevante delicatezza.
Come noto l'art. 17, comma 15 chiama le parti sociali a individuare
le modalità di retribuzione delle giornate di mancato avviamento
e, le organizzazioni sottoscrittrici del CCNL unico di riferimento
dei lavoratori dei porti (stipulato dopo laboriosa e non facile
trattativa) che regola i rapporti di lavoro tra le imprese di
cui agli art. 16 e 18, le Autorità Portuali, i soggetti
dell'art.17 ed il personale da essa dipendente, hanno avviato
presso il Ministero del Lavoro approfondimenti, per cercare di
addivenire ad una definizione che abbia come riferimento il medesimo
CCNL, ma anche l'esigenza di non gravare il sistema di oneri tali
da porlo fuori mercato.
L'individuazione di una soluzione, tenendo conto di queste esigenze,
è problema che non può essere ignorato e non è
indifferente per il paese e per il Governo se si tiene conto che
i lavoratori portuali hanno sin ora usufruito di un ammortizzatore
sociale a carico dello Stato. In questa fase si profila un'ipotesi
(da affinare e da verificare nel meccanismo di funzionamento)
che responsabilizza le imprese ed i lavoratori, ma prevede un
impegno/sostegno dello Stato, affinché questi lavoratori
possano beneficiare in modo strutturale e non episodico di adeguati
ammortizzatori sociali. Per ora possiamo solo parlare di un'ipotesi
di lavoro da valutare al pari di altre che potranno emergere al
tavolo di confronto e come tale si prospetta, ribadendo le necessità
di trovare una soluzione : economicamente compatibile con gli
ambiti concorrenziali sopranazionali in cui operano i porti e
le imprese in essi operanti; che comunque non intacchi le risorse
delle Autorità Portuali, neanche quelle che si auspica
saranno disponibili allorché sarà completato il
disegno di autonomia finanziaria.
Non mi soffermo ulteriormente su questo tema per esigenza di sintesi
e tenuto conto, come detto, che sono ancora necessarie verifiche
ed affinamenti. Ne sottolineo tuttavia nuovamente l'importanza.
Programmazione portuale
Tema riconducibile all'insieme delle azioni da valutare è
quello della programmazione portuale e delle relazioni con quella
territoriale circostante.
Nell'affrontare questa problematica vanno tenuti presenti due
aspetti:
- le funzioni attribuite legislativamente alle A.P. in punto
programmazione e pianificazione portuale riguardano porti di rilevanza
economica internazionale e nazionale, inseriti nella rete TEN-T
e che quindi rivestono una riconosciuta valenza che va oltre il
naturale soddisfacimento dello sviluppo di economie locali e regionali;
- ad oggi il coordinamento e le interrelazioni tra la programmazione
portuale e quella territoriale è realizzato con l'intesa
tra l'A.P. ed il Comune; con l'art. 5, comma 2, a mente del quale
le previsioni del PRP non possono contrastare con gli strumenti
urbanistici vigenti; mediante il complessivo iter procedurale
di perfezionamento del PRP che ha origine nel Comitato Portuale
(all'interno del quale sono rappresentate la Regione, la Provincia
ed i Comuni) e si conclude con l'approvazione della Regione.
Il legislatore attraverso l'art. 5 ha inteso riconoscere la specificità
di tale processo di pianificazione ed il peculiare ruolo dell'Autorità
Portuale, in considerazione della forma di decentramento che essa
rappresenta.
Infatti ha voluto esplicitamente salvaguardare e confermare il
ruolo delle A.P. con l'art. 105, comma 1, del decreto legislativo
112/98 riguardante "conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali".
Potrebbe essere utile una valutazione critica circa quei punti
della L. 84/94 che riguardano la programmazione portuale e le
relazioni con quella territoriale, per dare risposta a difficoltà
emerse nella pratica quali : l'incertezza dei tempi di perfezionamento
del PRP e delle singole fasi della procedura (con particolare
riguardo alla VIA); i rapporti tra PRP ed altri strumenti di pianificazione
di settore e del territorio; le modalità di soluzione di
eventuali dissonanze tra le previsioni di strumenti di pianificazione
diversi.
Comunque, il ruolo delle A.P. va salvaguardato e valorizzato,
anche nella prospettiva futura di un nuovo assetto in senso federale
dello stato, nonché nell'ambito del "disegno di legge
obiettivo" attualmente all'esame del Parlamento.
Si guarda con attenzione a questo d.d.l. che potrebbe aprire il
campo alla semplificazione di alcune procedure, pur tenuto conto
che talune previsioni hanno portata limitata nel tempo. Tuttavia
riteniamo che anche in questo caso sia indispensabile si tenga
in adeguato conto la specificità delle A.P. quali enti
settoriali portatori di interessi generali, di istanze delle amministrazioni
locali e degli operatori.
Ancora con riguardo alla programmazione territoriale ed aspetti
connessi, va fatto cenno alla circostanza che, a mente dell'art.
105 del decreto legislativo 112/98 come modificato dall'art. 9
della L. 88/2001, a partire dal 1° gennaio 2002 per i porti
non di rilevanza economica internazionale e nazionale (e quindi
sicuramente con esclusione di quelli sede di A.P.) alle Regioni
ed agli Enti Locali competeranno oltre alle funzioni di programmazione,
pianificazione e progettazione infrastrutturale, anche il rilascio
di concessioni di beni demaniali marittimi.
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A questo punto rammentiamo altri argomenti che, con riguardo
a diverse norme successivamente intervenute, necessitano di soluzioni
o chiarimenti.
Alcuni di questi argomenti sono già stati sottoposti all'attenzione
della struttura ministeriale e recentemente ai vertici politici
del Ministero:
- L'art. 10 della L. 16.03.2000, n° 88 in materia
di concessioni;
- L'art. 18, comma 3 della L. 388/2000 (finanziaria 2001) riguardante
l'ICI sulle concessioni demaniali marittime;
- Il tema della qualificazione tributaria dei canoni di concessione
demaniale;
- L'individuazione compiuta delle rispettive sfere di competenza
dell'AM e dell'A.P., ove istituita;
- Diverse tematiche ambientali.
Con la legge 16.03.2000,
n° 88 art. 10 sono state modificate previgenti norme prevedendo
il rinnovo automatico e le proroghe della durata degli atti di
concessione. La novazione normativa sembra non possa riferirsi
alle concessioni rilasciate dalle A.P. per aree demaniali marittime
ricomprese nella propria circoscrizione ed in particolare a tutte
le concessioni di aree e banchine per l'effettuazione di operazioni
portuali (terminalisti) ex art. 18, L. 84/94.
Per la sua importanza si ritiene che la questione
meriti uno specifico chiarimento nel senso sopraindicato.
Riguardo al tema dell'ICI
sulle concessioni demaniali marittime, l'art. 18, comma 3 della
L. 388/2000 (finanziaria 2001) indica nel "concessionario"
il soggetto passivo ai fini del pagamento "nel caso di concessione
su aree demaniali".
Le A.P., comunque non classificabili soggetti passivi
ai fini ICI, sono indirettamente coinvolte dalla questione per
l'aggravio che l'ulteriore imposta comporta per i concessionari.
La norma innovativa male si colloca, dal punto di vista sistematico
e dei principi generali, nel contesto dell'intero Decreto legislativo
n° 504/92 di cui integra l'art. 3. Restano inoltre non chiari:
l'esatto ambito di applicazione e i criteri di determinazione
della base imponibile.
La mancanza di elementi certi non favorisce l'esatta
quantificazione dei costi da parte degli operatori; si ritiene
quindi opportuno un chiarimento frutto di un confronto tra l'Amministrazione
finanziaria e il MIT.
In tema di qualificazione
tributaria dei canoni di concessione demaniale vi è stata
recentemente una risoluzione dell'Agenzia delle Entrate, pur riferita
ad un caso specifico, che ritenendo una A.P. ente pubblico economico
conclude per l'imponibilità ai fini dell'IVA dei canoni
concessori.
Pur potendo fare affidamento sulla prevalente dottrina
e su avvisi di segno opposto forniti tempo addietro dal vigilante
Ministero dei Trasporti e da altri uffici dell'Amministrazione
finanziaria, tutti concordi nell'escludere la qualificazione "economica"
delle A.P., e conseguentemente la non applicabilità dell'IVA
per carenza del requisito soggettivo, non sfugge la necessità
di un definitivo chiarimento necessario anche ai fini del trattamento
tributario in genere cui sono soggette le A.P.
La tematica dell'individuazione
delle sfere di competenza dell'A.M. e dell'A.P., nei porti ove
questa è istituita, costituisce argomento di dibattito
non nuovo di fatto innescatosi con l'emanazione della L. 84/94.
Al riguardo si prende atto di un tentativo di soluzione, attraverso
una specifica circolare - direttiva dell'allora Ministero dei
Trasporti, risalente al 1997, non perfezionato.
A partire da quella circolare da attualizzare (essendo
per esempio intervenuto il Decreto Legislativo 272/99), si ritiene
opportuno riaffrontare il tema in una logica che, privilegiando
il principio dell'intesa in sede locale tra A.P. ed A.M., individui
soluzioni adeguate alle responsabilità anche in materia
di sicurezza delle attività portuali e in generale del
porto nel suo complesso, attribuite all'A.P. dalla L. 84/94 e
da norme successive, garantendo all'A.P. adeguati strumenti che
consentano di assicurare il rispetto delle regolamentazioni dalla
stessa adottate. Tutto ciò tenendo in debito conto che
a mente della L. n° 84/94 spetta al Presidente dell'A.P.
provvedere "al coordinamento delle attività svolte
nel porto dalle pubbliche amministrazioni" e che alle A.P.
è comunque trasferita "l'amministrazione dei beni
del demanio marittimo compresi nella - propria - circoscrizione
territoriale".
Circa le tematiche ambientali
e l'impatto di specifiche previsioni in materia sulla portualità
non si ritiene utile ripetere considerazioni già svolte
da Assoporti, anche pubblicamente in sede di Assemblea, circa
l'attenzione che le A.P. riconoscono alla tutela dell'Ambiente.
Merita solo rammentare, a testimonianza di ciò,
che Assoporti è tra quanti hanno sottoscritto "l'accordo
volontario per l'attuazione di interventi finalizzati al conseguimento
di più elevati standard di sicurezza ambientale in materia
di trasporti marittimi di sostanze pericolose" che anticipa,
su base concordata volontaria, normative in materia di navi con
standard di sicurezza ambientale più elevate.
Non si può comunque nascondere in materia
d'ambiente la necessità di:
individuare modalità di attuazione che non
costituiscono aggravio per le attività portuali ed incongrue
attribuzioni di responsabilità alle A.P. a seguito dell'estensione
ai porti industriali e petroliferi della normativa in materia
di rischi di incidenti rilevanti (c.d. "Seveso II");
semplificare e sveltire i procedimenti amministrativi preordinati
alla realizzazione degli escavi nei porti e quelli in materia
di VIA.
Riguardo agli escavi ed alla VIA appare necessario
valutare ogni soluzione alla luce delle modificazioni delle dimensioni
e delle altre caratteristiche del naviglio che impongono ai porti
di rivedere anche le proprie caratteristiche e profili strutturali.
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Infine, ultimi aspetti su cui ci s'intende brevemente
soffermare sono quelli che discendono dalla proposta di Direttiva
europea sull'accesso al mercato dei servizi portuali, che
tanto ha impegnato e sta impegnando quanti operano a diverso titolo
nella portualità nel corso di quest'anno.
Sia in sede di associazione dei porti europei (ESPO)
sia ai Parlamentari italiani della Commissione trasporti del Parlamento
Europeo abbiamo reso noto le nostre principali osservazioni ai
contenuti della proposta di direttiva.
I principi che informano la Direttiva sembrano condivisibili.
In particolare si condivide l'intendimento di istituire una cornice
di riferimento comune ai diversi partners europei che disciplini
in modo obiettivo trasparente e non discriminatorio l'accesso
al mercato dei vari servizi portuali, che ha implicazioni strategiche,
tenendo in debito conto elementi quali la sicurezza marittima,
gli aspetti ambientali, la protezione sociale. Parimenti si valuta
favorevolmente l'indirizzo inteso a tenere distinti i compiti
operativi-gestionali da quelli autoritativi del cosiddetto "ente
di gestione" del porto, che è anche funzionale alla
creazione di eque condizioni di concorrenza.
Entrambe queste ipotesi sono conformi ai principi
ispiratori della L. 84/94.
Ciò non può essere indifferente al
fine di una valutazione della stessa legge anche per il futuro.
Di contro non si ritengono condivisibili indicazioni,
previsioni specifiche e di dettaglio contenute in diversi articoli,
tra le quali si citano a titolo esemplificativo e non esaustivo
: la possibile assoluta non regolata autoproduzione; l'inadeguata
attenzione nei confronti della funzione svolta dai "Pool"
di m.o. portuale o organismi similari; l'obbligo di almeno due
fornitori di servizi "per ciascuna categoria di merci";
la previsione di un regime transitorio tale da generare contenziosi
e significative ripercussioni d'ordine socio-economico; l'ipotesi
di un ulteriore livello autoritativo.
In sintesi, si reputa necessaria una rivalutazione
del principio di sussidiarietà (tanto più logica
atteso che la stessa U.E. non ritiene necessario un sistema di
regole identiche neanche a livello di singolo paese) e molteplici
aggiustamenti puntuali del testo della Direttiva; con ciò
senza limitare il campo di applicazione della stessa ai servizi
tecnico-nautici come invece vanno prefigurando emendamenti formulati
in sede di dibattito nella Commissione del Parlamento Europeo.
Questi ultimi servizi hanno indubbiamente una componente
ed una funzione economica.
Ma è altrettanto certa la loro funzione di
sicurezza, recepita dal nostro legislatore nel novellato art.
14, L. 84/94 che li ha definiti di interesse generale.
Dalla componente e dalla funzione economica deriva
quindi l'attenzione a che si addivenga, possibilmente in un breve
arco temporale, ad una sempre maggiore razionalizzazione ed ove
possibile al contenimento del costo di tali servizi.
Comunque le tematiche del "Port Package"
ed in particolare la proposta di direttiva in argomento richiederebbero
una trattazione molto ampia e diffusa, da svolgersi in apposita
e ravvicinata occasione.
Noi suggeriamo che un approfondimento ed un confronto
avvenga ad un tavolo nazionale al quale siano presenti tutte le
associazioni/organizzazioni del settore direttamente interessate
e che ciò venga promosso dal Ministero delle Infrastrutture
e dei Trasporti. Qualora ciò non avvenisse, riteniamo utile
e ci dichiariamo disponibili come Assoporti a organizzare un
apposito incontro con le predette associazioni ed organizzazioni,
al quale non mancheremo di invitare l'Amministrazione, al fine
di ricercare, ove possibile, orientamenti consonanti su talune
modifiche alla proposta di direttiva da suggerire al nostro Governo
per la posizione che esso vorrà esprimere in sede europea,
tenendosi conto delle normative nazionali esistenti nel settore
portuale.
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Concludendo, e per estrema sintesi di principali argomenti toccati
(senza voler trascurare gli altri sottoposti), noi riteniamo necessario
e facciamo appello al Parlamento ed al Governo affinché,
nell'ambito delle rispettive funzioni e prerogative:
- si completi il quadro ordinamentale e normativo concernente
la realizzazione dell'autonomia finanziaria delle A.P.;
- si faccia chiarezza sul rapporto tra Piani Regolatori Portuali
e strumenti urbanistici territoriali, avendo riguardo al necessario
sviluppo dell'economia marittimo-portuale;
- si completi il piano di riallineamento infrastrutturale dei
porti, di cui alla legge n° 413/98, stanziando con la prossima
legge finanziaria almeno altri 3.000 miliardi circa effettivamente
spendibili per i maggiori scali nazionali;
- s'individuino, con l'ANAS, le Autostrade, le Ferrovie, le rappresentanze
delle Regioni e con Assoporti, i progetti ed i finanziamenti per
superare le strozzature nei collegamenti porti-territori, al fine
dello sviluppo del progetto "Autostrade del Mare";
- si armonizzino le norme che potranno scaturire dalla riforma
federale dello Stato rispetto ai compiti e funzioni attribuite
alle Autorità Portuali.
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Con questa relazione, come palese, non ho inteso esaminare tutte
le questioni che riguardano il settore portuale e il più
ampio contesto del mondo dei trasporti in cui esso è inserito,
ne ho citato dei confronti avuti con le Amministrazioni, le altre
Associazioni di categoria e sindacali su particolari argomenti,
associazioni che ringrazio per l'attenzione, per la collaborazione
fornita nell'affrontare le problematiche che ci accomunano. Rivolgo
un sentito ringraziamento al Dr. Provinciali e al Dr. Di Virgilio
per il livello di comprensione e ascolto riservatoci tanto quando
hanno lavorato in due distinte Amministrazioni quanto ora nel
neo istituito Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Un grazie affettuoso agli associati, ai colleghi, a partire dai
componenti del nostro Consiglio Direttivo, ed ai collaboratori
che con tanta dedizione operano per la nostra associazione.
Formulo l'auspicio di buon lavoro a tutti voi e a noi stessi.