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Sei compagnie asiatiche sospettate di aver formato un 'cartello' per imporre un surcharge
La Commissione Europea indaga se un sovrannolo di 250 dollari per ogni spedizione dagli Stati Uniti all'Europa sia stato concordato, in contrasto con le normative comunitarie
6 marzo 2000
La Commissione Europea ha avviato indagini per verificare se sei compagnie di navigazione asiatiche hanno concordato aumenti delle rate di nolo relative ai loro servizi transatlantici. L'ha annunciato l'agenzia Reuters, che ha raccolto le dichiarazioni di un rappresentante di una compagnia coinvolta dall'indagine UE.
Secondo quanto affermato la Commissione avrebbe inviato propri rappresentanti nei giorni di martedì e mercoledì della scorsa settimana negli uffici delle compagnie asiatiche. Bruxelles vorrebbe infatti accertare se il surcharge di 250 dollari per ogni spedizione dagli Stati Uniti verso l'Europa, applicato per compensare il riposizionamento dei container, è stato concordato dai sei vettori. La formazione di un 'cartello' armatoriale sarebbe ritenuta non rispettosa delle normative comunitarie e punibile con un'ammenda fino al 10% del fatturato annuo di ciascuna compagnia.
Le verifiche UE sarebbero state condotte negli uffici di Brema della Cho Yang, in quelli di Amburgo della China Ocean Shipping e della Yang Ming, nelle sedi di Brema e Amburgo della DSR-Senator, e negli uffici di Londra e Amburgo della Hyundai Merchant Marine e della Kawasaki Kisen Kaisha.
Toshio Shimizu, vice direttore per l'Europa di Kawasaki Kisen Kaisha, ha dichiarato che non è stata concertata alcuna azione di questo tipo e che nessuna normativa UE è stata violata.
L'incremento dei noli da parte delle compagnie asiatiche segue quello analogo deciso dalle società armatrici del Transatlantic Conference Agreement (TACA), di cui i sei vettori sotto inchiesta non fanno parte, e introdotto lo scorso 11 settembre per i carichi westbound. Il surcharge introdotto dal TACA era stato motivato con la sensibile crescita della domanda di esportazioni dall'Europa, che avrebbe provocato un forte sbilanciamento dei traffici transatlantici, costringendo le compagnie ad affrontare costi extra per riportare i container in Europa.
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