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I settori marittimo, portuale ed assicurativo giocano un ruolo chiave nell'import-export tailandese
Il porto di Bangkok non può più essere ampliato, mentre quello di Laem Chabang saturerà la sua capacità entro quest'anno
23 febbraio 2002
La battaglia concorrenziale combattuta dai porti di Singapore e Tanjung Pelepas lascia spazio alla crescita di altri porti del sud-est asiatico. E' l'opinione di Kowit Sanandang, manager della Bangkok Port, secondo il quale lo scontro commerciale tra il secondo porto container mondiale e il nuovo hub malese non influisce sulle possibilità di sviluppo di scali vicini, in particolare di quelli tailandesi, che non aspirano a diventare centri di transhipment globali ma intendono consolidare il loro ruolo nella regione, con consistenti possibilità di innalzare notevolmente i volumi di traffico.
Sanandang ritiene che il porto di Bangkok, che lo scorso anno ha movimentato poco meno di un milione di container da venti piedi, possa aspirare a raggiungere un traffico superiore a 1,5 milioni di teu e che l'altro principale porto nazionale, Laem Chabang, possa salire a quota due milioni di teu.
Non sono però tutte rose e fiori. Sanandang ha ricordato che alcuni governi della regione stanno puntando al forte rafforzamento delle infrastrutture portuali: in particolare il primo ministro malese, Mahathir Mohamad, ha detto che il suo esecutivo programma di ampliare tutti i porti nazionali, per fare della Malaysia un hub commerciale e marittimo. E' differente la situazione in Tailandia, dove il porto di Bangkok non può più essere ampliato. «Ciò significa - ha specificato - che qualsiasi ampliamento potrebbe essere possibile solo nel porto in acque profonde di Laem Chabang». Sanandang ha detto che le previsioni indicano che Laem Chabang saturerà completamente la sua capacità entro quest'anno e sarà necessario ampliare il porto con urgenza per far fronte alla crescita delle esportazioni, in particolare quelle di automobili. Questo non significa - ha aggiunto - che la Tailandia debba competere con Singapore o la Malaysia. «Dobbiamo competere con noi stessi - ha spiegato - per essere in grado di incrementare la nostra capacità portuale con cui far fronte alla crescita delle nostre esportazioni».
Un'altra questione da risolvere è quella della competitività delle esportazioni tailandesi e dei costi dell'import. «Quando gli esportatori tailandesi spediscono le merci - ha detto Sanandang - i prezzi sono sempre franco a bordo, mentre le nostre tariffe d'importazione sono quasi sempre quotata su base C.I.F. Ciò significa che le compagnie assicuratrici tailandesi non traggono molto beneficio dalle esportazioni nazionali, mentre le imprese tailandesi devono pagare premi assicurativi alle società estere quando importano merci. Naturalmente sono stati compiuti sforzi sia da parte pubblica che privata per creare una flotta marittima nazionale, ma non è stato facile».
Sanandang ha detto che la Tailandia dovrebbe studiare con attenzione i settori marittimo ed assicurativo se la nazione vuole dipendere meno dalle compagnie di navigazione e dalle società di assicurazione estere. Di ciò - ha concluso - ne beneficerebbe il commercio estero tailandese, che potrebbe essere aiutato anche dal ruolo svolto dai porti.
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