Tutte le ipotesi sono state prese in considerazione nello Yemen per spiegare le cause che hanno determinato le esplosioni e l'incendio scoppiati domenica scorsa a bordo della Very Large Crude Carrier
Limburg.
Tutte le ipotesi, ma fino a qualche ora fa si riteneva scongiurata quella dell'attentato terroristico: la più temuta e quella che può infliggere le ferite più profonde all'economia dello Yemen, a quella del Medio Oriente, dell'Africa e in generale ai traffici marittimi internazionali che transitano per il canale di Suez. Ora però la speranza l'incidente sia stato causato da un guasto tecnico e che le esplosioni siano avvenute all'interno della nave è svanita. Dopo più accurate ispezioni allo scafo, nello Yemen si torna a parlare di atto terroristico, anche se le fonti ufficiali ancora non ammettono la circostanza.
A parlare di attacco terroristico alla
Limburg sono stati, da subito, il comandante e l'equipaggio della nave, secondo i quali la nave era stata accostata da una piccola imbarcazione poco prima della prima deflagrazione. Il fatto è stato sostenuto anche dalla compagnia che opera la superpetroliera, la francese Euronav (gruppo CMB). Le dichiarazioni dei marittimi sono state però decisamente smentite dal governo yemenita. Martedì il ministro dei Trasporti e delle Attività marittime di San'a, Saeed Abdullah Yafeaee, si era detto contrariato per le dichiarazioni dell'equipaggio e dell'armatore, da lui ritenute «irresponsabili e in contraddizione con l'accordo stretto tra i presidenti dello Yemen e della Francia». Caute anche le dichiarazioni giunte dagli Stati Uniti, incentrate sulla possibilità che le esplosioni siano avvenute all'interno della nave.