Uniontrasporti ha esortato oggi le autorità nazionali e locali ha prendere in esame l'impatto negativo sul turismo determinato dalla chiusura del tunnel del Frejus dopo il grave incidente del 4 giugno scorso. Il costo che il sistema dei trasporto sta pagando per la chiusura della galleria è di nove milioni di euro al mese, «ma ancora nessuno - ha sottolineato Uniontrasporti - ha calcolato le conseguenze che questa situazione porterà nella stagione estiva, appena iniziata, in termini di turismo e di vacanzieri considerando che il traffico pesante è stato "dirottato" su arterie alternative, primo fra tutti il traforo del Monte Bianco, che sta assorbendo oltre il 70 per cento dei Tir in transito tra Italia e Francia».
Il problema, se non affrontato in tempi brevi - ha osservato Uniontrasporti - «provocherà livelli critici di traffico in tutta l'area nord-ovest dell'Italia». Ma - ha rilevato la società delle Camere di Commercio - i problemi sono anche altri: «un esempio per tutti: il valico del Monginevro ed il Moncenisio, utilizzati da sempre per itinerari cicloturistici, sono ora anche passaggio obbligato per i mezzi pesanti con ripercussioni a livello di impatto ambientale e di sicurezza stradale. Nei giorni scorsi, gli autotrasportatori hanno riscoperto il servizio di
ferroutage, cioè il trasporto dei semirimorchi per via ferroviaria, attivo da diverso tempo tra Torino ed Albertville; Trenitalia sta pensando di ampliare il servizio e di prolungare il percorso fino a Novara o Piacenza e fino a Lione. Si è anche tornati a parlare insistentemente dello sviluppo delle autostrade del mare come valida alternativa al trasporto su strada».
«Gestire l'emergenza - ha concluso Uniontrasporti - è importante, ma pensare ad un assetto del sistema dei valichi meno precario e meno basato sulla gomma lo è altrettanto. In alternativa, una volta riaperto il Frejus si tornerà ad una "normalità" di oltre 8.000 Tir che, quotidianamente, attraversano questo settore del sistema alpino».