L'industria del trasporto marittimo ha bisogno di una «moratoria sui nuovi ordini per navi che non hanno una finalità economica». Lo ha sottolineato il presidente dell'International Chamber of Shipping (ICS), Spyros Polemis, intervenendo ieri ad Atene al World Shipping Congress organizzato dal “Financial Times”.-
- «Dobbiamo anche essere realisti», ha detto Polemis. «In larga misura - ha spiegato - molti armatori sono stati protetti dal pieno impatto dell'attuale crisi economica dalla crescita apparentemente senza sosta della Cina, con la sua domanda di materie prime in apparenza insaziabile e con l'inarrestabile espansione della sua capacità produttiva. Ma - ha sottolineato - anche questo faro di speranza non può essere garantito».
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- «Se, come sembra probabile, la zona dell'euro sta entrando in piena recessione o, peggio ancora, sta implodendo - ha rilevato il presidente dell'ICS - le implicazioni quasi certamente saranno globali e ciò potrebbe ridurre la domanda di servizi di trasporto marittimo dalla Cina e anche dalle altre nazioni del BRIC. Lasciando da parte le conseguenze di ciò che potrebbe o non potrebbe accadere in Europa, la prosecuzione della politica cinese di massiccia espansione delle infrastrutture non può essere data per scontata qualora la nazione decida di porre maggiore enfasi al soddisfacimento della domanda da parte della sua popolazione per un maggiore consumo interno».
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- Inoltre - secondo Polemis - è necessario «anche riconoscere che molti degli attuali problemi a cui deve far fronte lo shipping sono stati indubbiamente aggravati da armatori che hanno emesso ordini per troppe navi a fronte di troppo poche quantità di carichi da trasportare». Per il presidente dell'ICS è quindi necessaria una moratoria dei nuovi ordini di navi, in quanto «gli attuali mercati sembrerebbero dimostrare quanto seriamente l'eccesso di offerta di navi ha un impatto negativo sui ricavi degli armatori, molti dei quali - ha evidenziato - ora stanno lottando per coprire i costi operativi. In un clima di grande incertezza, i noli non sono mai stati così volatili. I noli per tutte le bulk carriers, ad esempio, sono una frazione di ciò che erano qualche mese fa».
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- Polemis ha tuttavia precisato che, piuttosto che «l'appetito insaziabile di singoli armatori, il più grande pericolo è forse l'eccesso di capacità presente nei cantieri navali, con un impegno quasi ossessivo nei confronti della quota di mercato - ha osservato - manifestato dalle tre principali nazioni della cantieristica navale: Cina, Corea e Giappone, dove è costruito il 90% del tonnellaggio mondiale. Anche se alcuni cantieri dovessero fallire - ha spiegato Polemis - è quasi certo che i loro governi interverranno per sostenerli in modo che possano continuare a produrre navi che poche persone vogliono (cosa diversa da quegli speculatori che potrebbero essere tentati da prezzi in caduta libera), con la Cina che ha l'evidente obiettivo di voler trasportare una percentuale molto maggiore delle sue merci - forse il 50% - a bordo delle proprie navi».
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- Polemis ha rilevato che, «anche se ciò è di poco conforto immediato per le singole compagnie che stanno lottando per sopravvivere, una consolazione, se non altro per il momento, è che i governi, almeno sinora, sembrano aver compiuto uno sforzo determinato per evitare l'uso eccessivo di misure protezionistiche. Inoltre - ha aggiunto - anche se il sistema finanziario globale è stato gravemente minacciato dalla crisi, con il sostegno governativo gli si è finora consentito di sopravvivere ed è ancora intatto. Questo non è, sotto ogni profilo, un risultato insignificante e non va dimenticato quanto l'economia mondiale si sia avvicinata al precipizio».
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- Tuttavia - ha sottolineato Polemis - non ci si è allontanati molto dal baratro: «la crisi bancaria - ha spiegato - si è ora trasformata in una crisi del debito sovrano e la nuova religione di austerità può ancora essere la rovina per tutti noi. Quando i governi hanno pompato enormi quantità di denaro per salvare le banche e hanno sostenuto le loro tesorerie con interventi di alleggerimento quantitativo - ha affermato - essi avrebbero dovuto anche fare molto di più affinché ciò fosse subordinato al mantenimento del prestito. Fortunatamente - ha precisato - anche se le banche non sono affatto società nel loro complesso irreprensibili, sembra che sia nell'interesse delle stesse banche sostenere molte di quelle compagnie armatrici che possono aver avuto recenti difficoltà, anche se non è affatto chiaro quanto a lungo questa situazione possa continuare e se perfino le banche dello shipping possano iniziare a perdere la loro pazienza nei confronti di qualunque compagnia che non rispetti i propri impegni finanziari».
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- «La crisi del debito - ha concluso - significa che le banche limiteranno i prestiti al settore dello shipping in quanto sono tenute a migliorare i loro bilanci e a ridurre il loro rapporto fra debito netto e capitale. La maggior parte delle banche dello shipping sono ancora europee e sono già state colpite dalla crisi dell'area euro».

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