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ANCIP, Filt, Fit e Uilt denunciano il tentativo di stravolgere le norme su autoproduzione e concessioni portuali
Possibili - ha annunciato l'associazione delle compagnie portuali - tutte le azioni per bloccare questo scempio, incluso il blocco dei porti di italiani
26 aprile 2021
L'Associazione Nazionale Compagnie Imprese Portuali (ANCIP) e i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti denunciano che l'attuale bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza include misure che minacciano direttamente il lavoro portuale e l'assetto del mercato portuale, con una norma relativa al cumulo delle concessioni.
«L'uso del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per modificare alcune importanti norme approvate dal Parlamento, tra cui quella riguardante il tema della regolazione dell'autoproduzione nei porti - ha spiegato l'associazione delle compagnie portuali italiane - rappresenta un fatto gravissimo. Una offesa all'autonomia e al potere legislativo del Parlamento. Un colpo vergognoso ai lavoratori dei porti, alle imprese portuali sia articoli 16, imprese di sbarco e imbarco, agli articoli 18, imprese terminalistiche, agli articoli 17 imprese fornitrici di lavoro temporaneo nei porti».
«C'è la volontà - ha evidenziato ancora l'ANCIP - di far saltare un principio e creare una distorsione mortale nel mercato delle imprese e del lavoro, mettendo in discussione una norma che regola il lavoro a bordo e il lavoro nei porti. I portuali facciano i portuali, i marittimi facciano i marittimi. Tutti i lavoratori dei porti italiani fanno appello al ministro del Lavoro, Orlando, e al ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Giovannini, affinché tale norma venga cancella dal documento del PNRR. Sale in noi la curiosità nel sapere quale “manina”, e per quali interessi di parte, abbia agito per inserire tale indicazione. Su questo punto andremo fino in fondo».
«La sostenibilità tanto evocata - ha concluso l'ANCIP - deve necessariamente transitare dalla tutela del lavoro e dei lavoratori, cercare di contrapporre portuali e marittimi è un fatto gravissimo, al quale si risponderà con durezza. In conclusione, come ANCIP, dichiariamo a gran voce che siamo pronti ad affiancare e sostenere le organizzazioni sindacali in tutte le azioni che si riterranno più idonee per bloccare questo scempio, anche ad arrivare all'ipotesi di blocco dei porti di italiani».
I segretari generali di Filt Cgil, Stefano Malorgio, Fit Cisl, Salvatore Pellecchia e Uiltrasporti Claudio Tarlazzi, hanno sottolineato che «con un solo colpo si inseriscono due norme che stravolgono il mercato regolato dei porti, cancellando decenni di regole e sana occupazione, favorendo perdita di posti di lavoro, precarietà e peggioramento degli standard della sicurezza sul lavoro. Se fossero confermati i testi del PNRR che stanno circolando - hanno precisato - ci troveremmo di fronte ad un'invasione di campo sui temi dei trasporti e dei porti, in particolare che dà il segno di come qualcuno confonda ancora una volta le riforme del Paese con la riduzione dei diritti del lavoro, facendo arretrare le lavoratrici e i lavoratori italiani rispetto a colleghi dei principali paese europei».
«Infatti - hanno specificato Malorgio, Pellecchia e Tarlazzi - mentre si afferma che l'Italia è proiettata sempre più nel modello europeo si cancellano le recenti norme che hanno rafforzato le regole sull'autoproduzione. Un'offesa alle migliaia di lavoratori che hanno lottato per avere regole certe ed incontrovertibili sul ruolo e le mansioni che i lavoratori dei porti e del trasporto marittimo sono chiamati a rispettare. Una destrutturazione grave e pesante che colpisce ancora una volta il lavoro portuale ed i suoi addetti con pesanti ricadute sulla sicurezza, a vantaggio di alcuni grandi armatori, nonostante i vari benefici già riconosciutogli anche attraverso norme europee».
«Inoltre - hanno rilevato i tre dirigenti sindacali - l'azzeramento della norma di cui al comma 7 dell'articolo 18 della legge 84/94 porta al superamento del divieto di monopolio nei porti. Il cumulo delle concessioni non può essere un tema che si affronta tra pochi intimi senza alcun confronto preventivo con le parti sociali chiamate poi a dirimere le evidenti ricadute derivanti da questa ulteriore forzatura. Tutto questo non è competitività ma un danno ad una parte significativa dell'economia del Paese alla quale siamo pronti ad opporci immediatamente con tutti gli strumenti a nostra disposizione».
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