- Mentre Putin sembra avere l'obiettivo di denazificare nazisticamente sia l'Ucraina che i suoi nazionalsocialisti (ma forse anche altri) e mentre i governi orientali si disinteressano della cosa e quelli occidentali studiano il modo più indolore per causare poco dolore, più che al presidente russo e ai suoi accoliti, a loro stessi, il mondo dell'economia e del lavoro, ad oriente come a occidente, sembra non avere incertezze: la guerra in Ucraina? Invasa dai russi, dite? Ma state scherzando?
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- Questa pare la reazione di alcuni datori di lavoro e di alcuni sindacati che, al di là di genericissime dichiarazioni di principio, da una parte temono le conseguenze sulle loro attività economiche e dall'altra, pronti a schierarsi quando è loro chiaro chi è Hitler, sembrano incerti su chi abbia detto o fatto cosa. Se sul fronte del lavoro risulta veramente imbarazzante la condotta dei sindacati internazionali International Labour Organization (ILO) e, per il settore dei trasporti, International Transport Workers' Federation (ITF), per i quali sembra che il conflitto non esista, su quello imprenditoriale il refrain è: evitare come la peste misure che ci causino ulteriori problemi.
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- Se il silenzio tombale dell'ILO e dell'ITF è, per dirla tutta, vergognoso, suona falso e ipocrita l'appello, per restare nel mondo dei trasporti, dell'associazione armatoriale internazionale International Chamber of Shipping (ICS) che tira in ballo la sicurezza dei marittimi: «la sicurezza dei marittimi - ha tuonato il segretario generale Guy Platten - è la nostra assoluta priorità. Chiediamo a tutte le parti - ha invitato il rappresentante dell'ICS - di assicurare che i marittimi non diventino il danno collaterale nell'ambito di qualsiasi azione che i governi o altri possano intraprendere».
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- Già, i governi. Ma - si potrebbe replicare a Platten - quali azioni potranno mai decidere se qualsiasi azione, dalla sanzione più blanda all'intervento militare più risoluto, è inevitabile che faccia male a qualcuno? «I marittimi - è il ritornello dell'ICS - sono stati in prima linea nel salvaguardare il fluire dei traffici commerciali durante la pandemia e speriamo che in questo momento tutte le parti continuino a facilitare il libero passaggio delle merci e di questi lavoratori essenziali». Tutte le merci? Pure quelle oggetto di sanzioni. Anche le armi? A proposito di queste ultime, se gli armatori, almeno alcuni di loro, non vanno troppo per il sottile quando si tratta di caricare queste merci sulle loro navi, i sindacati talvolta - ma, sembra, non adesso - sono più puntigliosi nel pretendere che le navi non trasportino strumenti di morte.
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- L'International Chamber of Shipping ha evidenziato che il 10,5% dei 1,89 milioni di marittimi che complessivamente lavorano sulle oltre 74mila navi della flotta mercantile mondiale, cioè 198.123, sono russi, di cui 71.652 ufficiali e 126.471 comuni, mentre il 4% del totale è costituito dai 76.442 marittimi ucraini, di cui 47.058 ufficiali e 29.383 comuni. Russi e ucraini rappresentano il 14,5% dei marittimi mondiali. Per l'ICS, questi e gli altri marittimi «devono poter sbarcare e imbarcarsi sulle navi, con il cambio dell'equipaggio, in tutto il mondo». Magari proprio in tutto il mondo no, verrebbe da osservare, dato che a quanto risulta attualmente nei porti ucraini non possono giungere navi se non quelle russe e le navi ucraine non hanno buona accoglienza nei porti russi (chissà, forse i marittimi ucraini sì).
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- Per l'ICS, i marittimi, o meglio le navi, devono continuare a navigare ovunque e comunque. Come durante la pandemia. Forse Platten e la sua associazione non si sono accorti che quella in atto da ieri non è una epidemia a veloce diffusione provocata da un incolpevole virus. Quella di cui stiamo parlando è una guerra. Almeno in questo caso non nascondiamoci dietro l'alibi del benessere dei marittimi.
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- B.B.
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