
Una ricerca dell'Environmental Change Institute (ECI) dell'Università di Oxford pubblicata giovedì scorso sulla rivista “Communications Earth and Environment” evidenzia che quasi nove su dieci primari porti mondiali sono esposti a danni determinati dai cambiamenti climatici, con conseguenti impatti sul commercio globale. In particolare, la ricerca ha analizzato 1.340 importanti scali portuali riscontrando che l'86% di questi è esposto a più di tre tipi di pericoli climatici e geofisici.
Per evidenziare quale potrebbe essere l'impatto di questi eventi sui porti e sull'economia, i ricercatori dell'ECI hanno ricordato che nel 2005 l'uragano Katrina aveva causato la chiusura di tre porti statunitensi attraverso cui passa quasi la metà delle esportazioni agricole nazionali, mentre nel 2011 il terremoto e maremoto del Tohoku, in Giappone, aveva danneggiato infrastrutture marittime provocando danni per un valore di 12 miliardi di dollari.
Nello studio i ricercatori dell'ECI offrono un quadro dettagliato dei rischi climatici che riguardano i porti analizzati. Riferendosi ai principali pericoli, il responsabile della ricerca, Jasper Verschuur, ha spiegato che «si prevede che condizioni marine estreme, come ad esempio le tempeste, causeranno interruzioni dell'operatività al 40% circa dei porti a livello globale. Inoltre i porti sono esposti ad altri pericoli, tra cui esondazioni fluviali e terremoti e, pertanto, i progettisti di porti e gli operatori devono prendere in considerazione molteplici pericoli, che non sempre corrispondono a ciò che accade oggi. Ad esempio, le fondazioni delle banchine richiedono una particolare attenzione nel caso siano esposte a terremoti e così l'orientamento e la progettazione delle dighe frangiflutti se esposte a forti onde e correnti, ed anche il sistema di drenaggio se sono esposte a inondazioni fluviali e pluviali. Se ciò non avviene, potremmo assistere a gravi interruzioni del commercio e delle supply chain mondiali».
Sottolineando che, al di là dei danni fisici, il fermo dei porti causato da eventi naturali mette a rischio scambi commerciali del valore di 67 miliardi di dollari all'anno, la ricerca rileva che se i maggiori rischi climatici sono affrontati dai grandi porti dell'Asia, del Golfo del Messico e dell'Europa occidentale, tuttavia, nonostante il rischio sia particolarmente elevato nei Paesi a reddito elevato, gli impatti potrebbero essere maggiori nei porti dei Paesi a medio reddito. Il documento rimarca quindi l'urgente necessità dei grandi porti di queste nazioni di effettuare investimenti considerevoli per far fronte a tali rischi alla luce dei rapidi cambiamenti climatici. «Fortunatamente - ha osservato Verschuur - in molti porti sono in corso iniziative per ammodernare infrastrutture portuali obsolete e inefficienti. Tuttavia questi sforzi non sono sufficienti date le sfide prospettate dal cambiamento climatico che i porti dovranno affrontare nei prossimi decenni. Il nostro documento - ha precisato - consente alle organizzazioni di dare priorità agli investimenti per adeguare i porti, oltre ad aiutare ad identificare gli interventi più adatti».