Con la riforma sull'autonomia differenziata, approvata in via
definitiva a giugno dal Parlamento italiano, c'è il rischio
di uno scenario devastante per i porti e la logistica. Lo ha
denunciato il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, spiegando
che, «per quanto concerne la logistica, il problema principale
consiste nell'assenza di pianificazione; si trasformano quasi
ovunque aree industriali e agricole in poli logistici, senza
valutare alcune condizioni essenziali come i mercati di riferimento,
il livello di infrastrutture, soprattutto ferroviarie, le
valutazioni del mercato, le esigenze della portualità e
quelle dell'e-commerce».
«Sul versante portuale - ha osservato Merlo - mentre si
sottovalutano le opportunità derivanti anche dalla
candidatura di molti porti pugliesi, siciliani e calabresi a
diventare importanti hub logistici per gli impianti eolici, il
pericolo maggiore si cela nell'implementazione dell'autonomia
differenziata. Già il titolo V ha mostrato di essere un
pesante vincolo per lo sviluppo della portualità. A fronte di
un mercato globale che risente sempre più di fenomeni e
decisioni di rilevanza mondiale - ha sottolineato il presidente di
Federlogistica - abbiamo infatti crescente bisogno di una politica
portuale nazionale, non del ritorno ai localismi di vario genere».
Evidenziando come sia chiaro a tutti che i 13-14 miliardi di
euro che lo Stato incassa ogni anno da Iva e accise delle merci che
transitano nei porti rappresentano un bottino allettante per molte
Regioni, Merlo ha sottolineato che sarebbe piuttosto opportuno
ragionare su un riparto delle risorse evitando di destabilizzare il
sistema: «l'autonomia differenziata - ha rilevato - solleva
interrogativi senza risposte. Occorre domandarsi: come si concilia
l'autonomia con la più volte annunciata riforma della legge
portuale? Chi garantirà l'omogeneità tra porti,
situati in regioni diverse, a servizio dei medesimi mercati? Chi
saprà garantire coerenza tra i vari piani regolatori
portuali? Avremo presidenti di Autorità di Sistema Portuale
nominati dal governo e altri dalle Regioni? È forse il caso
di ricordare come l'esperienza dei porti regionali sia risultata
fallimentare rendendo obbligata la scelta di trasferire molti porti
regionali (ultimo in ordine di tempo quello di Siracusa) sotto la
giurisdizione delle Autorità di Sistema Portuale».
«I porti di oggi - ha concluso Merlo - non sono neppure
lontani parenti di quelli di vent'anni addietro: sono già, e
diventeranno sempre più, luoghi di conoscenza, tecnologia e
sicurezza, votati all'applicazione dell'intelligenza artificiale,
alla cybersicurezza, all'utilizzo dei droni subacquei a supporto
delle attività di monitoraggio anche nell'ottica delle sfide
imposte dal cambiamento climatico. Per questo occorrono una maggiore
attenzione del governo e la creazione di nuove strutture basate su
modelli di indirizzo e supporto multidisciplinari. Tutti temi non
decentrabili neanche a quegli “Assessorati del mare” che
le Regioni dovrebbero istituire e che rappresentano comunque uno
sviluppo positivo sulla strada di una maggiore consapevolezza
dell'importanza strategica di questo settore. Ma con l'autonomia
differenziata, potrebbe delinearsi uno scenario devastante
cronicizzando ed esasperando la già carente capacità
di intervento su queste tematiche quando invece sarebbe
indispensabile e urgente per il Paese poter contare su una riforma
che centralizzi la programmazione portuale».