- L'associazione degli armatori europei ha reso noti oggi i risultati di una missione che una propria delegazione ha effettuato dal 25 al 27 febbraio scorsi ai cantieri di demolizione navale situati ad Alang, nello Stato indiano del Gujarat. Lo scopo è stato quello di valutare con cognizione di causa quali possono essere i rischi e le opportunità nell'utilizzo di questi stabilimenti per il riciclaggio delle navi nel contesto delle normative internazionali ed europee, ovvero alla luce della convenzione “Hong Kong International Convention for the Safe and Environmentally Sound Recycling of Ships” dell'International Maritime Organization (IMO) del 2009 e del Regolamento n. 1257 sul riciclaggio delle navi adottato dall'Unione Europea nel 2013 con l'intento di contribuire a facilitare la ratifica della Convenzione internazionale di Hong Kong.
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- Il Regolamento europeo include una lista di impianti autorizzati dall'UE ad effettuare attività riciclaggio delle navi e destinati ad essere obbligatoriamente utilizzati per le navi battenti bandiera degli Stati membri dell'UE, elenco che è stato aggiornato alla fine dello scorso anno ( del 17 dicembre 2018). L'European Community Shipowners' Associations (ECSA) ha ricordato che dal 2016 stabilimenti di demolizione navale, inclusi alcuni in India, hanno ottenuto attestati di conformità alla Convenzione di Hong Kong del 2009 e hanno chiesto, sinora senza esito positivo, di essere inclusi nella lista dei cantieri autorizzati dall'Unione Europea.
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- A tal proposito, e sulla scorta dei risultati della visita effettuata a febbraio dai propri delegati, l'associazione degli armatori europei ha sottolineato che le strutture indiane visitate dai rappresentanti dell'ECSA, guidate dalle disposizioni della Convenzione di Hong Kong e dalla prospettiva di essere ammesse nell'elenco dell'UE, hanno dimostrato di aver compiuto negli ultimi tre anni rilevanti progressi per migliorare gli standard delle attività di riciclaggio navale ed ha esortato l'UE ad agire come promotrice di ulteriori progressi offrendo a queste strutture sottoposte a verifica un'equa possibilità di entrare nell'elenco UE, anche perché - ha osservato l'ECSA - l'UE dovrebbe applicare i propri principi di sviluppo sostenibile anche nelle relazioni con i Paesi terzi.
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- Circa l'esito della visita ai cantieri indiani, l'associazione armatoriale europea ha specificato che il primo criterio che deve essere soddisfatto da queste strutture per essere ammesse all'elenco UE è ovviamente quello di essere conformi ai requisiti del Regolamento europeo 1257/2013 sul riciclaggio delle navi e, sulla base di quanto verificato nel corso della missione, l'ECSA ha spiegato di aver ricavato «una buona impressione circa la fattibilità dell'inclusione nell'elenco UE, a condizione che siano presenti la giusta mentalità, investimenti e corsi di formazione».
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- Per l'ECSA, il pericolo è che l'UE, non ammettendo alcun cantiere indiano nell'elenco degli impianti di riciclaggio navale autorizzati o non offrendo loro la giusta possibilità di esservi inclusi, contribuisca a fermare i progressi positivi compiuti dai cantieri indiani. Il rischio inoltre, secondo l'associazione armatoriale europea, è che i cantieri indiani voltino le spalle all'UE con la conseguente mancata ratifica della Convenzione di Hong Kong da parte dell'India e lasciando anche la flotta navale di bandiera UE a confrontarsi con un settore del riciclaggio delle navi che risulterebbe inadeguato rispetto alla domanda.
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- Il pericolo - ha evidenziato l'ECSA - è che anziché andare verso la cessazione delle attività di riciclaggio navale substandard, queste continuino ad essere svolte. Per l'associazione armatoriale, nel migliore dei casi i cantieri indiani associati alla Ship Recycling Industries Association (India) continueranno a puntare solo sulla certificazione di conformità alla Convenzione di Hong Kong e si verrà così a creare un doppio mercato, con le navi battenti bandiera dell'UE, che rappresentano circa il 22% della flotta mondiale, che non potranno essere riciclate in strutture certificate in base alla Convenzione di Hong Kong a meno che non siano anche incluse nell'elenco UE. «Le navi battenti bandiera dell'UE - ha sottolineato l'associazione - non avranno lo stesso accesso al mercato dei loro concorrenti battenti bandiera di un Paese terzo. A meno che non cambino bandiera dismettendo quella dell'UE - ha rilevato l'ECSA - subiranno gravi svantaggi di ordine finanziario rispetto ai loro concorrenti non appartenenti all'UE. L'UE non riuscirà a stabilire condizioni di parità a livello globale e non avrà conseguito l'obiettivo del proprio Regolamento per il riciclaggio delle navi dell'UE, che è quello di facilitare la ratifica dell'Hong Kong Convention all'interno dell'UE e nei Paesi terzi».
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- Secondo l'ECSA, «l'Unione Europea solo incoraggiando e premiando le strutture dell'Asia meridionale che soddisfano i requisiti del Regolamento europeo sul riciclaggio delle navi può riuscire a promuovere le ratifiche a livello mondiale della Hong Kong Convention e in tal modo lo sviluppo di pratiche di riciclaggio sostenibile delle navi in tutto il mondo». L'associazione ha rilevato inoltre che il Regolamento europeo deve essere allineato con la Convenzione di Hong Kong, così come stabilito dall'articolo 30 dello stesso Regolamento UE che prevede anche di prendere in considerazione l'inclusione nell'elenco europeo di impianti di riciclaggio delle navi autorizzati dalla Convenzione di Hong Kong al fine di evitare duplicazioni di lavoro e oneri amministrativi.
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