
Per varare una riforma delle norme sui porti è necessario
un confronto con gli operatori del settore. Lo sostiene
Federlogistica auspicando, a quanto pare, che il governo, e in
particolare il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
attenda pareri e opinioni di chi nei e con i porti lavora prima di
promulgare nuove norme. Una speranza che, quanto a tempistica,
potrebbe essere fondata dato che il vice ministro alle
Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi, aveva prospettato il
varo di nuovi provvedimenti in materia entro fine 2024 per poi di
volta in volta procrastinarlo. In questi giorni se ne parla come se
fosse la volta buona. Ma chissà che veramente non ci sia il
tempo per accogliere la richiesta di Federlogistica. Una fase di
confronto con gli operatori a cui, peraltro, il dicastero guidato da
Matteo Salvini non sembra aver affatto intenzione di sottoporsi
anche perché, con tutta evidenza, altrimenti lo avrebbe già
fatto.
Ma la speranza è l'ultima a morire, almeno quella in cui
confida Federlogistica. «In queste settimane - ha rilevato il
presidente della federazione delle imprese di logistica, Davide
Falteri - si discute molto della riforma Porti d'Italia, ma non
essendo ancora disponibile un testo ufficiale, ogni valutazione
rischia di essere prematura e basata su ipotesi o indiscrezioni. È
quindi opportuno - prima di entrare nel merito - fare chiarezza sul
metodo e sul percorso che si intende seguire. Riformare il sistema
portuale italiano - ha affermato Falteri - è obiettivo
condiviso da tutti. Tuttavia, se si vuole davvero rafforzare la
competitività del Paese e sfruttare la potenzialità
dei porti di essere motori di sviluppo, occorre partire da un
principio di realtà: nessuna riforma può funzionare se
non nasce da un confronto vero, strutturato e continuativo con chi i
porti li vive e li fa funzionare ogni giorno. Le associazioni di
rappresentanza, gli operatori della logistica, le imprese e le
Autorità di Sistema Portuale non possono essere semplici
destinatari di scelte calate dall'alto, ma devono essere parte
attiva del processo di costruzione delle politiche pubbliche».
«I porti - ha proseguito Falteri - non sono solo
infrastrutture fisiche: sono ecosistemi complessi, dove si
incontrano lavoro, impresa, innovazione e visione strategica. Ogni
cambiamento nella governance o nella distribuzione delle competenze
deve essere valutato con estrema attenzione, perché può
incidere direttamente sulla competitività delle filiere
produttive, sui flussi commerciali e sull'attrattività
dell'intero sistema logistico, ma anche economico e produttivo,
nazionale. Federlogistica non intende commentare bozze o
indiscrezioni, ma chiede che prima di fare approdare una eventuale
riforma in Consiglio dei ministri, venga aperto un tavolo di
confronto ufficiale con il Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti e con tutte le rappresentanze del settore. Solo un dialogo
trasparente, tecnico e partecipato potrà garantire che la
riforma, qualunque essa sia, nasca con l'obiettivo condiviso di
rendere i porti italiani più forti, efficienti e centrali nel
Mediterraneo e in Europa».
Chissà se la coppia Salvini-Rixi accoglierà la
richiesta di Federlogistica. Può essere che lo faccia:
riformare il sistema portuale nazionale - come sostiene Falteri -
sarà pure un obiettivo condiviso da tutti. Tuttavia questi
“tutti” non sembra che sinora abbiano fatto granché
per sollecitare un'accelerazione della riforma. E il confronto vero,
strutturato e continuativo sollecitato da Federlogistica, ormai, non
potrà che dilazionarne ulteriormente il varo, inteso questa
volta come inizio e non come ultimazione di un percorso.