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La deregulation statunitense dello shipping accelera la disgregazione degli accordi armatoriali: APL lascia il TWRA
Alla riforma USA manca solo la firma del presidente Clinton, poi la legge entrerà in vigore il 1° maggio 1999
14 ottobre 1998
La crisi delle conferenze e degli accordi armatoriali, che non riescono a garantire mercati sicuri e adeguati margini di profitto alle compagnie che ne fanno parte, sta subendo una brusca accelerazione. Il termine anglosassone deregulation non è una novità per il settore marittimo, anzi è stato utilizzato frequentemente negli ultimi anni, visto che la deregolamentazione è stata considerata una parte integrante dei processi di liberalizzazione e di globalizzazione. Ma si tratta di un'evoluzione del mercato non sempre gradita ai grandi vettori dello shipping, impegnati allo stremo nel mantenere intatta la propria quota di traffici. I cartelli formati dalle compagnie di navigazione erano infatti intervenuti per frenare questo fenomeno e regolamentare la concorrenza internazionale sulle linee marittime. Un tentativo che ha funzionato in parte, ma non ha consentito ai vettori economie di scala adeguate a sopportare la corsa alla 'crescita al minor costo'. I sintomi di sofferenza si sono manifestati nei mesi scorsi con un grande rimpasto delle alleanze, che ne ha rivelato l'estrema fragilità, e con l'avvio di operazioni di fusione per la creazione di megavettori in grado di ridurre costi operativi e di mantenere la dimensione dell'impresa e la copertura internazionale dei servizi.
Un'ulteriore, forte spallata è venuta dalle leggi. Le lobby conferenziali hanno ricevuto il colpo più duro dall'Unione Europa, che ha multato con 314 milioni di dollari il Trans Atlantic Conference Agreement (TACA) per la politica tariffaria adottata e per abuso di posizione dominante (inforMARE del 16 settembre). L'approvazione nei giorni scorsi da parte del Senato statunitense dell'Ocean Shipping Reform Act sembra poi aver reso ancora più incerte le già agitate acque del mercato marittimo. Le regole imposte dalle leggi USA sullo shipping, tutte tese ad eliminare la libera contrattazione vincolando i vettori marittimi a comunicazioni sulla loro attività, stanno crollando sotto il peso della globalizzazione dei mercati e del grande potenziamento delle flotte estere, alle quali l'americana Federal Maritime Commission (FMC) non può più imporre le sue volontà. Ora si è concluso l'iter parlamentare per la riforma dello shipping; a cui non manca che la firma del presidente Clinton; poi la legge entrerà in vigore il 1° maggio 1999, ma già si avvertono segnali di cambiamento.
La nuova normativa permetterà ai caricatori e agli armatori di fissare confidenzialmente le condizioni dei loro contratti di servizio, che non dovranno più essere depositati alla Federal Maritime Commission, secondo una regola che ancora permette ai caricatori di conoscere clienti e tariffe dei concorrenti. Gli armatori potranno continuare a fissare i loro tassi di nolo nel quadro delle conferenze, indebolite però dal fatto che dovranno concedere ai loro membri la facoltà di svolgere trattative individuali con i caricatori. Cambia dunque il panorama degli obblighi che legavano i comportamenti sia dei caricatori che degli armatori, fino ad oggi inchiodati da regolamenti dettati dalla parte più forte.
L'approvazione della riforma ha scoperto le carte: i primi attori della scena marittima non sono più le alleanze, ma i singoli vettori. L'intenzione di muoversi autonomamente è forte, tanto che l'American President Line (APL) ha colto la palla al balzo e ha deciso di abbandonare il Trans-Pacific Westbound Rate Agreement (TWRA), con effetto dal 1° gennaio 1999, a un anno esatto dall'uscita della P&O Nedlloyd dalla conferenza per i traffici USA-Asia che raggruppa Maersk Line, Hapag-Lloyd, Kawasaki Kisen Kaisha, Mitsui OSK Lines, Nippon Yusen Kaisha, Orient Overseas Container Line e Sea-Land Service. Il motivo addotto dalla compagnia che fa capo alla Neptune Orient Line (NOL) di Singapore è proprio quello di mantenere la propria posizione di leader nel mercato del Pacifico in vista della deregulation della prossima primavera e di saggiare la propria capacità di reggere autonomamente i traffici verso oriente nei quattro mesi che precederanno l'entrata in vigore dell'Ocean Shipping Reform Act. "Crediamo - ha detto il vice presidente dei servizi transpacifici di APL, Solon D. Webb - che la nuova normativa abbia molto da offrire sia ai caricatori che ai vettori, e guardiamo ad un futuro di servizi personalizzati e negoziati". "APL - ha aggiunto Webb - è stata membro di TWRA a partire dalla formazione della conferenza nel 1985, e crediamo che il gruppo abbia contribuito positivamente alla stabilità dei traffici durante questo tempo. Tuttavia si è verificato che, con l'avvicinarsi della deregulation e con l'indebolimento della conferenza, TWRA non soddisfa più gli obiettivi a lungo termine di APL, che intende essere primo fornitore di servizi sul mercato". La decisione della compagnia, che ha affermato di non prevedere invece un'uscita dal Westbound Trans-Pacific Stabilization Agreement (WTSA), è comunque destinata a sconvolgere i delicati equilibri tra i principali vettori. Con l'ingresso in APL di un nuovo partner, la cui ricerca è stata annunciata da Neptune Orient Line nei giorni scorsi, potrebbero infine chiarirsi le nuove strategie del gruppo di Singapore per i traffici transpacifici.
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