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Rispetto alle consuete disponibilità la legge Finanziaria prevederà 2200 miliardi di lire in più per l'economia del mare
Nel '99 la nautica italiana ha registrato una crescita del 17% delle esportazioni e del 16,5% della produzione
14 ottobre 2000
L'economia del mare è stata oggi al centro della manifestazione di inaugurazione del quarantesimo Salone Nautico, che si svolgerà fino al prossimo 22 ottobre alla Fiera Internazionale di Genova. Il ministro dei Trasporti e della Navigazione, Pierluigi Bersani, ha ricordato che le attività economiche legate al mare costituiscono il 5% del prodotto interno lordo italiano e rappresentano una grande carta da giocare per lo sviluppo dell'intera economia nazionale, supportandola ad inserirsi nel processo di globalizzazione dei mercati. «Nel mondo - ha sottolineato - i porti stanno assumendo il ruolo di grandi piattaforme logistiche con una rapidità che è sconosciuta ad altri soggetti dell'economia, e in tutto questo processo il Mediterraneo ha un ruolo importantissimo». Ruolo che vede protagonista l'Italia, con i suoi porti, che potranno contare a breve sul regolamento d'attuazione della nuova normativa sul lavoro portuale «che è in via di approntamento» ha assicurato Bersani, e con la sua economia marittima, che non sarà messa in pericolo da recenti normative ambientali che secondo il ministro «hanno creato eccessivo allarmismo rispetto a quanto realmente prevedono» (inforMARE dell'11 e 13 ottobre).
Sottolineando l'impegno del governo per le attività legate al mare, Bersani ha detto che nella legge Finanziaria in fase di predisposizione molto è destinato a questo comparto: rispetto alle consuete disponibilità «ci sono 2.200 miliardi di lire in più per l'economia del mare».
Economia che è sorretta anche dal settore nautico e da quello della portualità turistica, «con 30 progetti che hanno già terminato l'iter procedurale e altri 50 che sono in fase istruttoria».
«Il rischio di ricondurre il tema dei trasporti a quello delle infrastrutture - ha però ammonito il ministro - è forte. Si tratta infatti di gestire più che di costruire».
Invece, secondo il presidente dell'Ucina Paolo Vitelli, «l'amministrazione dello Stato ha solo iniziato ad adottare un atteggiamento meno persecutorio nei riguardi dell'utente della nautica, forse percependo il grande potenziale di ricaduta economica che può derivare dal turismo nautico. Lo dimostrano i recenti provvedimenti varati a favore del settore, quali l'abolizione della tassa di stazionamento sui natanti e l'attesa notizia dell'applicazione di una più corretta aliquota Iva sui servizi finanziari connessi alle imbarcazioni. Questo atteggiamento giunge dopo anni, o dovrei dire decenni di immobilismo ed è percepito dal mondo della nautica come un segnale estremamente positivo». Restano però secondo Ucina questioni irrisolte: «l'industria nautica - ha aggiunto Vitelli - esporta l'80% di quello che produce ed il tasso di esportazione cresce più di quello della produzione. Questa non è una scelta strategica dei nostri industriali, ma una necessità imposta dal mercato interno che è ancora bloccato da tre annosi problemi: la fiscalità eccessiva, le normative inadeguate, la carenza di infrastrutture».
Per agevolare lo sviluppo del turismo e dell'industria della nautica da diporto italiana, che nel '99 ha registrato una crescita di circa il 17% delle esportazioni e del 16,5% della produzione, l'Ucina chiede in particolare che i 50 siti protetti lungo le coste italiane siano sì regolamentati come parchi marini, ma che non siano esclusi al turista nautico, che sia imposta alle imbarcazioni da diporto l'obbligo delle casse di raccolta delle acque nere controbilanciato però dall'abolizione della tassa di stazionamento, che sia sburocratizzata la normativa per l'immatricolazione delle navi da diporto e che sia finalmente realizzato un sistema portuale nel meridione.
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