La Banca d'Italia ha pubblicato oggi l'ultima edizione relativa al 2022 della propria indagine sui trasporti internazionali di merci dell'Italia, che è basata su interviste condotte presso 216 operatori del trasporto internazionale di merci e presenta informazioni principalmente sui noli disaggregati per modalità di trasporto e di carico e sulle quote di mercato dei vettori, distinti per nazionalità. I risultati dell'indagine evidenziano un significativo incremento delle tariffe di trasporto concentrato nella prima parte dell'anno, che ha caratterizzato quasi tutti i comparti, riflettendo principalmente l'espansione degli scambi internazionali e il rincaro dei carburanti. L'analisi specifica che in alcuni settori si sono aggiunti fattori specifici, quali l'impatto delle tensioni geopolitiche sul trasporto di petrolio e derivati e le limitazioni dal lato dell'offerta nel trasporto marittimo di container, queste ultime venute meno nei mesi più recenti. Inoltre il rapporto spiega che in presenza di quote di mercato dei vettori italiani in lieve calo, il disavanzo nella bilancia dei trasporti mercantili dell'Italia è ulteriormente cresciuto nel 2022, raggiungendo un nuovo massimo. Secondo l'indagine, nel 2022 l'incidenza dei costi di trasporto sul valore delle merci esportate e importate dall'Italia è salita per il terzo anno consecutivo, rispettivamente al 3,5 e 5,0 per cento (da 3,4 e 4,8 nel 2021). Relativamente al trasporto marittimo di container, l'indagine evidenzia che i noli rilevati, al netto dei servizi ausiliari, hanno avuto nel 2022 aumenti di entità contenuta in termini nominali rispetto all'anno precedente, caratterizzato invece da rialzi eccezionali. Il dato medio - precisa il documento - nasconde tuttavia un andamento assai differenziato nell'arco dell'anno, con i fattori che ne avevano provocato il rialzo nel 2021 che hanno registrato un'inversione di tendenza nel corso del 2022: innanzitutto si sono osservate significative riduzioni del grado di concentrazione tra armatori, rileva il documento della Banca d'Italia facendo riferimento, in particolare, all'annuncio di MSC e Maersk di non rinnovare la loro alleanza 2M che terminerà a fine 2024 ( del 25 gennaio 2023), dando per assodato (oppure avendo constatato?) che la comunicazione abbia già prodotto un'attenuazione dello stato di concentrazione del mercato dello shipping containerizzato. A segnare un'inversione di tendenza - puntualizza il rapporto - sono state anche le limitazioni dal lato dell'offerta, tra cui la difficoltà nel reperimento dei container e la congestione nei porti, nonché un rallentamento della domanda di carico e una sua più equilibrata ripartizione geografica. La disamina della Banca d'Italia prosegue specificando che “la dinamica dei noli è risultata assai eterogenea in termini geografici, risentendo di fattori specifici e dei precedenti andamenti, con i flussi più importanti (esportazioni verso il Nord America e importazioni da Cina e altri paesi asiatici) a guidare le tendenze medie. L'andamento degli altri fattori di costo (servizi ausiliari) e l'aumento dei carichi medi per container (in un'ottica di contenimento dei costi) - si legge ancora - hanno indotto una dinamica dei noli complessivi in euro per tonnellata assai contenuta, spingendone i costi in termini reali su livelli al di sotto dei massimi registrati nel 2021, ma comunque elevati rispetto agli anni precedenti”. Quanto al trasporto marittimo di merci convenzionali e rotabili, l'indagine constata che “nel 2022 i costi medi per tonnellata, comprensivi dei servizi ausiliari, per la categoria più rilevante del general cargo (trasporto di “impianti, macchinari e mezzi di trasporto”) sono aumentati in termini nominali. In termini reali sono lievemente scesi all'esportazione e cresciuti all'importazione, in entrambi i casi collocandosi su livelli superiori alla media dell'ultimo decennio. Nelle restanti tipologie (“tubi e materiali metallici” e “prodotti chimici, materiali da costruzione, prodotti forestali”) i noli hanno registrato tassi di crescita nominali elevati, tra il 30 e il 40 per cento in entrambe le direzioni dei flussi, risentendo maggiormente di un'insufficiente capacità di stiva rispetto a una domanda di trasporto che, almeno per la prima parte dell'anno, è stata sostenuta. Nel comparto ro-ro - ossia il trasporto navale di veicoli stradali con o senza autista al seguito, un segmento di nicchia che riguarda l'area mediterranea e con tariffe denominate in euro - i costi medi sono scesi nel 2022, ma con andamenti fortemente differenziati tra le aree geografiche interessate. A fronte di aumenti nelle tratte da e per la Francia, la Grecia e la Turchia, si sono infatti registrati cali nelle rotte da e per la Spagna, il Nord Africa e i restanti paesi balcanici”. Il documento prende poi in esame il trasporto marittimo di rinfuse liquide e solide osservando che “per le quotazioni del trasporto dei bulk solidi è proseguita nella media del 2022 la tendenza al rialzo, sia per le granaglie sia per il comparto del carbone e dei minerali, in relazione all'andamento dell'economia mondiale e alla relativa richiesta di materie prime. La guerra in Ucraina - precisa il documento - ha provocato una maggiore instabilità dei flussi con conseguente riverbero sui costi, almeno fino all'accordo internazionale sulle esportazioni di cereali da tale paese. Analogamente al trasporto con nave container, a una prima parte dell'anno con noli in crescita è seguita una fase di calo. I costi medi per la movimentazione dei prodotti chimici (che includono il gas naturale liquefatto) hanno registrato un rialzo pressoché in linea con i carichi secchi (intorno al 30 per cento); quelli per il trasporto di petrolio e derivati hanno subito un rialzo costante e di entità complessivamente elevata nell'arco dell'anno, in relazione alle tensioni geopolitiche che hanno caratterizzato il settore oltre che alla forte crescita dei volumi importati. Anche in termini reali i costi medi navali bulk (inclusi i servizi ausiliari) all'importazione relativi ai carichi solidi risultano in crescita, pur rimanendo inferiori ai picchi registrati nel 2008; quelli relativi ai bulk liquidi hanno invece toccato il punto di massimo nel periodo considerato”. L'indagine, che è condotta dalla Banca d'Italia dal 1998, dal 2002 effettua anche una rilevazione campionaria finalizzata alla stima della ripartizione del trasporto marittimo di merci da e per l'Italia tra vettori italiani ed esteri, analisi - puntualizza l'istituto bancario - che “costituisce una fonte informativa non facilmente disponibile in ambito internazionale; infatti, le statistiche disponibili fanno spesso riferimento al soggetto proprietario del mezzo (ship owner) e non all'effettivo operatore e fornitore del servizio (ship operator), sulla base del quale va invece determinata la residenza ai fini della compilazione della bilancia dei pagamenti e a cui è quindi rivolta l'indagine campionaria”. L'ultima indagine spiega che “nel 2022 le quote di mercato per nazionalità dei vettori navali hanno mostrato, almeno per le principali posizioni, variazioni poco significative rispetto all'anno precedente. L'incidenza più elevata nel trasporto container rimane appannaggio delle società armatoriali a capitale di controllo svizzero, mentre nei trasporti bulk e in quelli general cargo continuano a prevalere rispettivamente gli armatori greci e turchi. Nel settore ro-ro la quota più elevata, prossima al 50 per cento, spetta agli italiani, il cui peso è piuttosto limitato nelle altre componenti o addirittura marginale come nel caso dei bulk solidi. La quota di mercato media complessiva dei vettori italiani, calcolata ponderando per i costi del trasporto - specifica ancora il documento - è lievemente scesa rispetto all'anno precedente (14,3 per cento, da 14,6). Nel settore marittimo è rimasta quasi inalterata, confermandosi su un minimo storico (7,1 per cento); la ripresa delle quote nel ro-ro e nel container è stata controbilanciata dai cali nei restanti comparti navali. In un contesto di crescita, dopo un quadriennio di riduzioni, della flotta controllata e dei volumi trasportati dagli armatori residenti, anche l'attività di movimentazione “estero su estero” è aumentata in termini quantitativi ritornando ai livelli del 2020, con conseguente significativo incremento del relativo fatturato”. Relativamente al trasporto stradale, il documento rileva che “nel 2022 si è registrato un incremento di quasi il 20 per cento dei costi medi stradali per tonnellata, che ha interessato i carichi completi e, in misura maggiore, quelli parziali. Oltre al significativo aumento dei volumi movimentati, il rialzo è dovuto ai più elevati prezzi dei carburanti, pur contenuti dagli interventi governativi, al rincaro dei costi di manutenzione e, indirettamente, all'entrata in vigore del Mobility Package per le maggiori restrizioni applicate. Quasi tutte le aree geografiche sono state interessate dall'aumento, con i noli da e verso il Regno Unito che hanno risentito ancora dei maggiori costi doganali e amministrativi a seguito della Brexit. Anche in termini reali - ossia valutati in rapporto agli indici dei prezzi alla produzione dei manufatti venduti sui mercati esteri o di quelli importati, rispettivamente saliti dell'11,9 e dell'11,2 per cento rispetto al 2021 - i costi medi stradali sono cresciuti, segnando il valore massimo dal 2005 per quelli all'importazione”. Quanto al trasporto ferroviario, si osserva che “nel 2022 i costi medi a tonnellata del trasporto ferroviario sono aumentati in termini nominali nel settore container, mentre in quello bulk sono rimasti stabili. Tra le aree geografiche, i rincari hanno riguardato soprattutto l'Europa centrale e la penisola iberica; la dinamica dei noli da e per l'Europa orientale e i Balcani è risultata assai meno intensa per effetto di alcuni fattori compensativi, come la realizzazione di treni più lunghi e l'adozione di incentivi allo shift modale. Anche nella ferrovia l'incremento dei prezzi energetici ha avuto delle ripercussioni, talvolta tramite applicazione di energy surcharges da parte degli operatori, ma ciò non ha arrestato la tendenza alla flessione dei costi medi ferroviari in termini reali, che sono ritornati sui livelli minimi del 2012”. Infine per il trasporto aereo, si spiega che “lo scorso anno i costi medi del trasporto aereo hanno avuto un moderato aumento, concentrato nella prima parte dell'anno. La dinamica è stata molto eterogenea geograficamente: gli incrementi sono stati assai sostenuti per i noli da e verso i paesi asiatici (soltanto all'esportazione per la Cina), a fronte di riduzioni per le tariffe da e per l'Europa e il Nord America. In termini reali i costi medi sono scesi ma rimangono su livelli elevati, dopo gli eccezionali rincari del 2020 a seguito della forte restrizione dell'offerta di stiva legata alla pandemia”.
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