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Fit-Cisl e Uiltrasporti accusano l'Autorità Portuale di Venezia
I sindacati ritengono che l'ente stia portando avanti «progetti faraonici futuribili» nonché «una politica di tassazione delle imprese portuali, onerosa ed assurda»
13 dicembre 2010
Dopo aver chiesto all'Autorità Portuale di Venezia di abrogare l'ordinanza 308/2009 e di ripristinare l'organizzazione del lavoro portuale antecedente tale provvedimento (inforMARE del 27 luglio 2009 e 2 dicembre 2010), Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno elencato una lista di altre criticità, pubblicata di seguito, che - secondo le due organizzazioni sindacali - rendono delicata la situazione dello scalo veneziano, porto che - accusano - «non gode della giusta attenzione da parte delle istituzioni, in primis la Regione Veneto, ma, cosa ancor più grave, anche da parte dell'Autorità Portuale».
In particolare i sindacati ritengono che l'ente portuale stia portando avanti «progetti faraonici futuribili», con riferimento al progetto per il nuovo terminal offshore ( inforMARE del 23 settembre 2010), nonché «una politica di tassazione delle imprese portuali, onerosa ed assurda perché a soli fini di pagamento delle proprie spese ordinarie di gestione, che rischia di portare all'allontanamento dei traffici, al fallimento delle imprese ed al licenziamento del personale».
FIT-CISL
UILTRASPORTI
Segreterie Regionali del Veneto
La delicata situazione dello scalo veneziano
Il porto di Venezia è oggi, con esclusione del traffico contenitori, lo scalo di riferimento del Triveneto e della Valle Padana; in particolare è la principale infrastruttura per il traffico dei prodotti e rinfuse siderurgiche e la siderurgia è la locomotiva dello sviluppo economico, nel Mediterraneo è il principale porto di general cargo, cioè l'attività manifatturiera rappresentata da impiantistica e commesse prodotte nel territorio nazionale, è anche il primo porto contenitori dell'Adriatico, purtroppo con volumi molto limitati rispetto ad un hinterland di competenza che vede transitare oltre tre milioni di teu, in sintesi il porto di Venezia riesce a gestire non più del 30% del traffico potenziale che gravita nel suo retroterra naturale.
Una infrastruttura così importante purtroppo non gode della giusta attenzione da parte delle istituzioni, in primis la Regione Veneto, ma, cosa ancor più grave, anche da parte dell'Autorità Portuale la quale, oltre a pensare a progetti faraonici futuribili, tutti da verificare e per i quali fra gli altri uno che se ne intende come l'armatore/imprenditore Giancarlo Zacchello, ha definito sbrigativamente "una fesseria… costa troppo costruirlo e gestirlo", sta portando avanti una politica di tassazione delle imprese portuali, onerosa ed assurda perché a soli fini di pagamento delle proprie spese ordinarie di gestione, che rischia di portare all'allontanamento dei traffici, al fallimento delle imprese ed al licenziamento del personale.
Per garantire lo sviluppo dei traffici portuali necessita ridurre significativamente i costi per le imprese portuali,o di supporto ai terminal permettendo a questi di essere competitivi attraverso produttività e costi certi.
L'Autorità Portuale non capisce che le imprese portuali hanno bisogno di avere oneri e costi certi e di mercato per sviluppare molto traffico ed avere margini di redditività tali da produrre profitto e poter fare quei continui investimenti a fini di efficienza e garantire quindi il futuro all'impresa ed al porto.
L'Autorità Portuale oltre quindi a pretendere oggi i canoni di concessione più alti d'Italia, con recente ordinanza n.341 del 6.12.2010 pretende di gravare ulteriormente ed in modo surrettizio gli oneri di concessione millantando un potenziamento della sicurezza con un atto amministrativo che si ritiene illegittimo nella forma e privo di qualsiasi analisi giustificativa circa i costi nella sostanza.
Gli esperti in materia portuale ritengono che il rilancio dei traffici e quindi dell'occupazione del porto di Venezia debba passare attraverso i seguenti interventi:
riduzione dal 1° gennaio 2011 del 30% degli oneri di concessione alle imprese legando peraltro tali sconti economici alla realizzazione di investimenti portuali di vario tipo;
abrogazione dell'ord. 308/2009, che tanti danni ha già prodotto e ripristino della situazione precedente che prevedeva il corretto appalto di servizio; tale ordinanza ha di fatto aumentato i costi del lavoro a scapito della sicurezza e della competitività del porto, con previsione di licenziamento di oltre cento lavoratori delle imprese non terminaliste previste per legge fin dal 1994;
abrogazione immediata dell'ord. 341/2010 in quanto illegittima ed ingiustificata;
accelerazione dell'adeguamento in corso a 36 piedi utili dei pescaggi portuali, tale pescaggio permette l'accesso a nave Panamax a pieno carico;
gli addetti ai lavori dicono che il progetto della conca di Malamocco è stato sbagliato (l'ing. Cuccioletta nega), se è così si deve correggere il progetto; non si impegnano un miliardo e mezzo circa di euro per un nuovo faraonico progetto, tutto da dimostrare e da verificare, proiettato nei prossimi dieci anni, rinunciando a soluzioni molto più immediate e meno fantasiose;
realizzare quindi la conca di Malamocco con dimensioni compatibili per le navi con pescaggi di 45 piedi utili ( quarantacinque), tenuto conto che il tratto di canale Malamocco/Marghera dagli Alberoni a San Leonardo si auto mantiene sui pescaggi indicati;
realizzare il punto di allibo a San Leonardo per navi contenitori, navi rinfusiere, ecc. , da collegare con la rete stradale e ferroviaria come previsto fin dal 1994 dai precedenti presidenti dell'Autorità Portuale; circa il traffico contenitori nella logica del NAPA (associazione dei porti del Nord Adriatico) basta programmare la sequenza delle navi con priorità dei porti con più pescaggio, quindi ad esempio prima Trieste, che dispone di pescaggi di 18 metri, per i flussi di merce destinati a NORD/EST e quindi a Venezia, che potrebbe disporre di pescaggi sui 15 metri, per i traffici destinati a NORD/OVEST ; in termini economici, invece di spendere circa un miliardo e mezzo per il porto offshore, sarebbe sufficiente adeguare la conca di Malamocco e creare una struttura portuale funzionale a San Leonardo, con una spesa di non più di trecento milioni di euro più altri cento per collegarlo direttamente con la viabilità stradale e ferroviaria nazionale, andando sul certo e risparmiando oltre un miliardo oltre a tutti i costi previsti per chiatte di collegamento e quant'altro;
perseguire la realizzazione e l'efficienza delle infrastrutture stradali, ferroviarie ed idrovia rie, senza le quali il porto non è competitivo per il prossimo futuro.
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