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A rischio a Taranto, oltre al traffico dei container, c'è l'iter di approvazione del Piano Regolatore Portuale
In città ci si interroga sul futuro del porto con o senza terminal container e si teme un annullamento della procedura di adozione del PRP
6 novembre 2014
Sono tempi difficili, questi, per il porto di Taranto, che la scorsa settimana è stato oggetto di un vertice a Roma conclusosi con l'assicurazione da parte del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, che sono stati ormai superati tutti gli ostacoli amministrativi e burocratici che ritardavano l'avvio delle opere di infrastrutturazione necessarie per il rilancio dell'attività portuale ( del 31 ottobre 2014). Protrarsi dei ritardi che hanno notevolmente accentuato la possibilità che il gruppo armatoriale taiwanese abbandoni definitivamente il porto jonico, dove gestisce il terminal per contenitori attraverso la società Terminal Container Taranto (TCT).
Negli ultimi anni il traffico containerizzato movimentato dal porto, come evidenziato dal grafico a fianco, ha registrato una notevole contrazione. L'eventualità che allo scalo venga a mancare un approdo per le portacontainer è stata presa in esame martedì dal The Propeller International Club Port of Taras, l'associazione culturale costituita da locali operatori del trasporto, nel corso dell'incontro intitolato “Il porto di Taranto con o senza terminal container” che è stato organizzato per discutere del futuro dello scalo. Di seguito pubblichiamo la relazione del presidente del Propeller Club di Taranto, Michele Conte, in cui prende in esame l'importanza per qualsiasi porto e per i territori di influenza di avere o non avere un terminal contenitori.
Se appare scontata la necessità di disporre di un container terminal per un porto che ha l'ambizione di intercettare traffici internazionali, altrettanto ovvia è la necessità che un porto pianifichi il proprio futuro anche attraverso la progettazione delle opere definita in un piano regolatore portuale. A Taranto è a rischio anche questo strumento di programmazione. Lo hanno denunciato lo stesso Michele Conte e Valentino Gennarini, titolare dell'agenzia marittima Gennarini di Taranto, che hanno ricordato che «il piano regolatore del Porto di Taranto, partito per la sua redazione nel 2001, ha ottenuto nel 2007 l'intesa tra Comune e Autorità Portuale e immediatamente dopo l'adozione del Comitato Portuale» e che «ha potuto così iniziare il lungo e faticoso cammino per i successivi pareri del Consiglio Superiore dei Lavori pubblici, della valutazione ambientale, della valutazione strategica, della valutazione di rischio e, all'interno di queste, i pareri di altre innumerevoli amministrazioni pubbliche». «Proprio quando, giunta al termine la pletorica e faticosa istruttoria, dopo gli ultimi ritardatissimi adempimenti formali del Comune, avrebbe potuto ottenere finalmente l'approvazione finale della Regione, come previsto dal comma 4 della legge 84/94 - hanno spiegato Conte e Gennarini - ecco invece che arriva la modifica richiesta dal Consiglio comunale di annullamento del prolungamento del pontile petroli, si dice... per evitare l'installazione, all'esterno del porto, dei due serbatoi “Tempa Rossa”». Tempa Rossa è un giacimento petrolifero in Basilicata il cui sfruttamento è progettato dai gruppi petroliferi Total, Mitsui e Shell. È previsto che il progetto svilupperà nel porto di Taranto un traffico marittimo per la movimentazione di greggio proveniente dalla Raffineria di Taranto di circa 90 navi all'anno. «Bene, se le leggi hanno ancora valenza - hanno rilevato Conte e Gennarini - riteniamo che tutto l'iter istruttorio per l'approvazione del Piano Regolatore Portuale verrà meno. Infatti la redazione e l'iter istruttorio nasce prima che a Taranto si parli di Tempa Rossa e quindi il nuovo piano regolatore del porto contempla, tra gli altri, questo impianto, e tutti i documenti gli studi e le valutazioni tengono conto del prolungamento, eliminarlo significa rifare e riapprovare quegli studi e le valutazioni. Quindi tutto ricomincia. Il rischio è che insieme all'acqua sporca (ma i serbatoi di Tempa Rossa non lo sono) si butti anche il bambino appena nato! La costruzione di Tempa Rossa sarebbe utile ai traffici portuali. Non vogliamo entrare nelle dispute ambientali, forse non ne avremmo la competenza scientifica e nemmeno politica, ma comunque non ha alcuna incidenza ai fini dell'approvazione del piano regolatore. L'annullamento dell'iter istruttorio del PRP - hanno concluso Conte e Gennarini - ha invece pesanti conseguenze per il porto per rimanere competitivo ( per il suo adeguamento infrastrutturale e per i fondali ) e per la città anche in previsione della restituzione delle aree della darsena del San Cataldo alla città vecchia e per contribuire alla sua rinascita».
IL PORTO di TARANTO “Con o senza Terminal contenitori”.
Riteniamo che non sia opportuno entrare nel merito delle responsabilità della difficilissima congiuntura che sta attraversando il Porto di Taranto in particolare per le vicende che stanno caratterizzando il Terminal contenitori con le negative ricadute sia per l' occupazione, che per le opportunità di sviluppo delle attività di logistica intermodale dell'intero porto ed in particolare per le stesse strutture della Piastra Logistica in corso di realizzazione, ideata e progettata in funzione della manipolazione dei contenitori. La piastra logistica insieme al Distripark (comprensivo di Agromed), ai collegamenti ferroviari con la rete nazionale e all'aeroporto cargo di Grottaglie-Taranto, erano stati ideati come tessere di un mosaico che in uno con il terminal contenitori potessero dare opportunità per contribuire, unitamente ad altre occasioni da costruire, uno sviluppo di Taranto e del suo territorio non più dipendenti univocamente dalle industrie di base.
Vogliamo per ciò, occuparci, in funzione di Taranto, dell'importanza per qualsiasi porto e per i territori di influenza di avere o non avere un terminal contenitori oltre ed insieme ad altre specificità di trasporto (merci varie, rinfuse solide e liquide, componenti di grandi impianti off-shore, grandi strutture metalmeccaniche, ro-ro, ro-pax, traghetti o navi di crociera ecc.).
La delicatezza delle trattative in corso con due primarie società straniere di vettoriamento (Evergreen) e di pura gestione terminalistica (Hutchinson), impone che, indipendentemente dagli errori e dagli interessi, si debba ricercare e prospettare una soluzione che non veda compromessi i diritti dei lavoratori e le opportunità di sviluppo del porto e del territorio, tenendo evidentemente però conto delle convenienze degli investitori quando in particolare si tratta di privati e per giunta stranieri.
Per queste ragioni e in questo momento particolare per Taranto, abbiamo chiesto che a parlarcene siano tre imprenditori meridionali di successo che nelle diverse branche delle attività marittime ci possano aiutare a comprendere quali strade intraprendere in tempi di congiuntura mondiale e italiana dell'economia e dell'economia marittima in particolare. E questo per evitare rappresentazioni banali e prive di qualsivoglia rapporto con la realtà.
Un porto che via via nel tempo ha visto grandi successi operativi con riflessi nel mondo:
ha avuto ed ha ancora il più avanzato sistema integrato di logistica industriale, quello del sistema siderurgico: l'approvvigionamento delle materie prime (diverse decine di milioni di tonnellate all'anno), la distribuzione in giro per l'Italia e per il mondo dei prodotti finiti ( oltre 8 milioni di tonnellate);
la grande componentistica di metalmeccanica di cui il fiore all'occhiello fu la Belleli off-shore, realizzatrice delle più grandi e complesse piattaforme petrolifere al mondo, perduta perché quando sull'orlo del fallimento, pur in presenza di un portafoglio ordini superiore alle esposizioni, l'industriale italo-argentino Rocca titolare della Techint, stava per rilevare l'azienda con un limitatissimo sacrificio occupazionale di qualche decina di dipendenti, la trattativa fallì al grido: o tutti o nessuno, il risultato fu che oltre 1200 dipendenti andarono in cassa integrazione e ancora oggi ci sono lavoratori accompagnati al pensionamento;
il sistema logistico petrolifero con approvvigionamento di petrolio greggio e ridistribuzione di prodotti raffinati per quasi 8 milioni di tonnellate;
il sistema di logistico cementiero che contribuiva ad incrementare ulteriormente il fatturato portuale;
le merci varie che comunque hanno sempre trovato banchine disponibili al carico e scarico, mai ad alcun vettore è stato rifiutata a Taranto la sua operatività portuale;
anche le navi passeggeri pur con vettori non grandi e non di crociera standard hanno trovato, quando l'hanno richiesto, l'ormeggio e i servizi, almeno quelli essenziali;
alla fine degli anni '90, dopo l'istituzione dell'Autorità Portuale, con adeguata azione promozionale e trovandone le condizioni di mercato, si aggiunse un terminal contenitori al servizio di uno dei più importanti vettori al mondo.
Oggi la siderurgia è in grande crisi in tutta l'Italia: Taranto, Piombino, Torino e Terni, Novi Ligure e così via; le Cementerie subiscono, per effetto anche della stasi del settore dell'edilizia, grave recessione; la raffinazione petrolifera è in crisi; la grande componentistica metalmeccanica è ormai ricordo del passato; si pensava che il settore commerciale con l'avvento del terminal contenitori potesse alimentare le attività portuali e di logistica con attività di manipolazione e verticalizzazione dei prodotti che viaggiano in container sia per il transhipment, ma soprattutto con l'introduzione sul territorio italiano con logistica intermodale, ed ecco che per effetto di pesanti ritardi nell'adeguamento infrastrutturale dei fondali del terminal contenitori anche il vettore Evergreen lascia (provvisoriamente?) Taranto e si sposta a Pireo dove opera nel terminal Cosco con la quale opera anche in campo trasportistico nelle “Alleanze” che si stanno costituendo ed affermando in Oriente come in Occidente.
Tenuto conto dei continui progressi dei porti del Nord Africa, dell'Egitto, di Pireo ecc., attesa la collaborazione di Evergreen con Cosco, il collegamento da Pireo con Trieste, si può ipotizzare il ritorno dei traffici Evergreen a Taranto? È pensabile che qualche altro grande o medio vettore possa decidere di portare i suoi traffici a Taranto? Sul terminal gestito da Hutchinson, che decide di rilevare il pacchetto azionario di evergreen per gestire da sola il terminal? O sul terminal non più in concessione a TCT?
È ipotizzabile che il porto di Taranto, lontano da tutte le attuali rotte crocieristiche, per la sua collocazione nel golfo omonimo possa aspirare a ricevere navi passeggere di media e/o grande portata, e in caso positivo, possono queste garantire quello sviluppo occupazionale ed economico che un terminal contenitori con l'indotto della manipolazione e trasformazione dei prodotti trasportati può garantire ad un territorio? In Puglia già Bari e Brindisi, in filiera con le rotte adriatiche, si occupano delle crociere.
Queste sono le domande che intendiamo rivolgere agli illustri relatori che hanno accettato il nostro invito.
Di recente i porti del Nord Europa, Belgi, Tedeschi e Olandesi, tutti insieme, hanno chiesto formalmente all'Europa di non finanziare più i porti del Mediterraneo. Il presidente dell'Autorità Portuale di Genova da presidente di Assoporti ha chiesto, più volte, ancora prima, di non finanziare i porti del Sud concentrando le risorse sui porti del Nord Tirreno e Nord Adriatico.
Per quanto alla realizzazione di infrastrutture portuali è il caso di ricordare che in Olanda, a Rotterdam si ideano, si progettano e si realizzano e si mettono in esercizio, in poco più di due anni, opere portuali per oltre due miliardi di euro. In Italia il tempo medio che intercorre dall'ideazione dell'opera alla sua costruzione è di non meno di sette anni al Nord e di ben oltre 12 al Sud. A questo proposito è appena il caso di citare che il pubblico ministero di Roma Alberto Galanti, il 29 ottobre ha fatto notificare un avviso di conclusione delle indagini a 26 persone, per lo più dirigenti ministeriali, indagati a vario titolo con l'accusa di associazione per delinquere, falso, truffa ai danni dello Stato, tentata corruzione, concussione e abuso d'ufficio. Che c'entra Taranto&... con l'indagine di Roma? Chiede il giornalista. Lo spiega il pm nelle cento pagine di avviso. “Che i poteri-doveri del Ministero e delle strutture commissariali - scrive - siano tutte legate a filo doppio al potentissimo direttore Mascazzini (ndr Gianfranco ex direttore generale del Ministero dell'Ambiente) fossero artatamente rivolti non già a conseguire rapidamente ed efficacemente gli obiettivi di bonifica, ma piuttosto a drenare risorse ... lo dimostra icasticamente un'ordinanza del Tar di Lecce...
“Dall'esame degli atti - dicevano i giudici amministrativi salentini - gli interventi sino a ora concepiti dall'amministrazione titolare del procedimento, e cioè il Ministero dell'Ambiente, sembrano soltanto apparentemente essere posti a tutela della salute e dell'ambiente, mentre in concreto gli stessi - attraverso continui e repentini mutamenti di metodologie di parametri di riferimento - contribuiscono unicamente a rallentare se non a disattendere il raggiungimento degli obiettivi di bonifica di un sito
....
Pensate che l'area che il Dr. Mascazzini sosteneva che si dovesse caratterizzare, mettere in sicurezza e bonificare, prima di effettuare qualsivoglia dragaggio è estesa ben 51 chilometri quadrati, e naturalmente per fare tutto ciò bisognava avvalersi delle società in-house del ministero. Questo fa parte della vicenda che poi mi portò agli arresti domiciliari e ad un giudizio penale, finito in prescrizione, nel quale è stata depositata più volte l'ordinanza del Tar Lecce, mai presa in considerazione. Meno male che c'è sempre un giudice a Berlino.
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