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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVI - Numero 5/98 - MAGGIO 1998 |
Legislazione
La sicurezza nel settore marittimo: l'opinione dell'IMO
Quest'anno l'IMO (Organizzazione marittima Internazionale) festeggia
il proprio 50° anniversario. Essa è cresciuta fino
a comprendere 155 Stati membri e 2 membri associati. A partire
dal 1° luglio di quest'anno, il Codice ISM (Gestione Sicurezza
Internazionale) diventerà obbligatorio. Il Codice ISM obbliga
gli armatori a fornire prove documentali, rilasciate dal Governo,
del fatto che essi - ai sensi del Codice - soddisfano i requisiti
standard dell'IMO sulla sicurezza.
La rivista ICHCA News & Cargo Today ha intervistato
William A. O'Neill, segretario generale dell'IMO dal 1990. In
precedenza O'Neill era stato presidente e dirigente esecutivo
in capo dell'Autorità dell'Idrovia di St. Lawrence, in
Canada, direttore della Canarctic Shipping Company, presidente
della Seaway International Bridge Corporation e commissario del
Dipartimento Federale dei Trasporti del Canada. Attualmente egli
è cancelliere dell'Università Marittima Mondiale,
presidente del consiglio di amministrazione dell'Istituto Internazionale
di Diritto Marittimo e membro del consiglio dell'International
Maritime Bureau.
D: Che cosa accadrà agli armatori che, a partire dal
prossimo mese di luglio, non avranno ottenuto la certificazione
ai sensi del Codice ISM?
"Dovranno spostare le proprie navi al di fuori delle zone
in cui vi è un controllo statale dei porti, laddove possano
non impegnarsi in movimentazioni internazionali di questo tipo,
che sono tutelate dalle clausole della convenzione SOLAS; altrimenti,
saranno loro negati i carichi. In alcuni casi essi dovranno scegliere
se vale la pena di fare qualcosa per rispettare il codice ovvero
tenere la nave fuori servizio.
So che alcuni armatori si stanno attrezzando per fare proprio
così. Ma la stragrande maggioranza delle navi che devono
adeguarsi entro luglio, lo faranno. Sono convinto che si tratti
di più dell'80%".
D: L'IMO divulgherà particolari in ordine alle compagnie
che non verranno accreditate?
"No, non lo faremo. Questo compete agli Stati cui appartiene
la bandiera. Se vorranno divulgare tali notizie, saranno fatti
loro. Ma ora noi possiamo contare sul P&I Clubs e sul settore
assicurativo che lo supporta che negano la copertura assicurativa
in assenza di un certificato ISM.
Paesi come gli Stati Uniti hanno dichiarato che, in mancanza di
certificazione ISM, potrebbe essere vietato l'ingresso al porto.
Altri hanno detto che faranno sì entrare le navi, ma non
le faranno più tornare. In tal modo, può dirsi che
circa questo argomento al di là delle parole sarà
la prassi a contare".
D: A proposito dei Paesi stessi, che cosa accadrà se
qualcuno dichiarerà a parole l'adesione al codice ma poi
non lo metterà in pratica?
"Prima di tutto, anche loro aderiscono alla convenzione SOLAS
e pertanto rientrano nel raggio d'azione della convenzione. Lo
Stato di bandiera è responsabile della sicurezza delle
navi che battono la sua bandiera. E questo è il motivo
per cui non coinvolgiamo direttamente gli armatori stessi; non
è compito nostro provvedere in merito.
Non sto dicendo che non sarebbe una buona idea, ma non è
ruolo che attualmente possiamo svolgere ai sensi della normativa
in materia".
D: Esiste un certo numero di codici relativi a carichi quali
rinfuse secche, legname, cereali e così via. Secondo lei
si avverte l'esigenza di ulteriori codici, ad esempio un codice
per il Ro-Ro?
"Questi codici sono sorti perché al riguardo è
insorto un problema, come ad esempio è accaduto con i cereali
per i quali sono stati sviluppati degli standard. Altri problemi
si sono verificati con i minerali grezzi, con i carichi di legname
eccetera. Non mi è mai capitato di sentir parlare della
necessità di un codice per il Ro-Ro, o almeno non è
mai stato portato alla mia attenzione. Ma questo non significa
che non possa esistere qualcuno che pensa che esso sia necessario".
D: Ma se venisse accertato che ci vuole un nuovo codice, l'IMO
lo prenderebbe in considerazione?
"Certamente. Se vi fosse bisogno di qualcos'altro, verrebbe
approntato un nuovo codice o comunque qualcosa al fine di provvedervi.
L'attività relativa ai contenitori ed i cambiamenti in
essere nel settore potrebbero richiedere l'istituzione di codici
che consentano di dire, poniamo, "questo è ciò
che faremo, e quest'altro è ciò che potete fare".
Sono cose che dipendono dalla domanda, a seconda delle caratteristiche
dell'attività coinvolta".
D: Solo il codice dei cereali può entrare direttamente
in vigore. Potrebbe essere lo stesso anche per gli altri codici?
"Il nostro ruolo, prima di tutto, è quello di determinare
se esiste un problema. Se ce n'è uno, allora dobbiamo accertare
come fare per porvi rimedio, domandandoci se siamo in grado di
sviluppare uno standard od almeno una guida.
Frequentemente approntiamo e divulghiamo un manuale che possa
servire da guida pratica in merito. Poi, dopo un po' di esperienza
con la guida, la gente richiede che essa sia maggiormente particolareggiata;
allora noi la formalizziamo ulteriormente, di modo che essa diventa
un codice. Successivamente, il codice può essere facoltativo
o diventare obbligatorio. Prendiamo ad esempio lo IMDG (Codice
Internazionale Marittimo sulle Merci Pericolose): non è
obbligatorio. E' questo il modo in cui il sistema evolve.
E, naturalmente, la domanda a questo punto è: una volta
divenuto obbligatorio il codice, come fare per farlo entrare concretamente
in vigore? Questo, di solito, sta all'equipaggio della nave ed
ai portuali dello Stato che l'ha adottato".
D: La Sottocommissione Interfaccia Nave-Porto è una
sua iniziativa personale. Quali prevede che saranno il suo futuro
ed i successivi sviluppi?
"Dobbiamo considerare perché abbiamo deciso di occuparci
di questo settore. Ci siamo concentrati per lungo tempo sulle
problematiche marittime del porto e non sugli accordi che regolano
l'interfaccia porto-nave. Oltretutto, in questo campo non eravamo
proprio i benvenuti. Ma in quel momento abbiamo capito che proprio
là c'erano problemi relativi alla sicurezza delle navi
in mare, derivanti da ciò che avveniva in porto. Cosicché,
abbiamo dovuto occuparci del funzionamento dei porti in maniera
molto più approfondita rispetto al passato. Sono state
trattate cose quali i piani di carico e scarico, la velocità
di carico ed i carichi alla rinfusa. Ho pensato fosse opportuno
istituire un gruppo di lavoro che si occupasse di queste cose.
Ero preoccupato riguardo ai vettori di rinfuse ed al fatto che
essi caricavano a ritmi convenienti per le autorità portuali
ma non necessariamente ottimali per la nave dal punto di vista
dei danni alle strutture, allo scopo di provvedere alle modifiche
necessarie ad assicurare che non si abusi della nave.
In questo momento, invece, ci occupiamo di questioni quali il
fissaggio dei contenitori a bordo. Vi sono problemi che stanno
insorgendo poiché da qualche parte vengono movimentati
due containers alla volta. L'intero sistema, in realtà,
si basa sullo spostamento di un contenitore alla volta. Ora invece
ci si avvia sempre di più alla movimentazione plurima.
Di modo che, in questo momento, particolare attenzione dev'essere
prestata al fissaggio di più contenitori insieme".
D: L'IMO ha in programma di approfondire ulteriormente il proprio
impegno in ordine alle attività a terra?
"Sì, penso che saremo costretti a farlo. Dobbiamo
distinguere tra chi ha la responsabilità nell'ambito dell'intero
settore. Stiamo cercando di far sì che l'intera operazione
venga condotta in sicurezza, anche se non vorremmo finire ad occuparci
della salute e della sicurezza degli stivatori sottobordo: quella
non è materia di nostra competenza. Ma non capisco come
possiamo occuparci del lato-nave senza andare più in là
di quanto non facciamo ora. Peraltro, allo stesso tempo non abbiamo
alcuna intenzione di intrometterci nell'intero processo di gestione
del porto. Al momento attuale, non è nostro compito".
D: Che cosa può fare l'IMO per far sì che le
merci pericolose vengano imballate in sicurezza?
"Da un po' di tempo possiamo disporre del nostro codice sulle
merci pericolose (lo IMDG). Siamo stati tra i primi ad accorgerci
che la movimentazione delle merci pericolose in contenitori ed
imballaggi diversi sulle navi non era la stessa in ogni luogo.
Di modo che abbiamo sviluppato un codice per uso marittimo che
ora è stato applicato anche all'autotrasporto e così
via.
Siamo ben consapevoli di come i porti immagazzinino le merci pericolose,
di come le movimentino e di come le mettano sulle navi. A quel
livello, vi è una connessione diretta tra ciò che
si richiede dal lato-nave e ciò che si richiede dal lato-banchina.
Il codice IMDG è quindi in pratica la Bibbia per la movimentazione
di questi prodotti.
Ma come educare la persona che imballa merci pericolose a farlo
in modo sicuro? Non c'è molta gente implicata nell'attività
di imballaggio delle merci pericolose che vanno per mare che non
sa dell'esistenza del codice IMDG. Quest'ultimo è stato
il nostro best-seller. Esso, inoltre, viene rivisto grosso modo
ogni anno sulla base delle novità in termini di prodotti,
esigenze eccetera".
D: A causa della pressione commerciale e delle innovazioni
tecniche, le navi vengono lavorate sempre più in fretta.
Si tratta di un problema per la sicurezza?
"Certamente, poiché le portacontenitori stanno diventando
sempre più grosse. Se si hanno 6.000 TEU su una nave e
questi devono essere movimentati esattamente nello stesso tempo
in cui lo venivano a bordo di una nave da 4.000 TEU, allora bisogna
fare qualcosa per adeguarsi. Ma bisogna farlo con la mente rivolta
alla sicurezza. Non è sensato cercare di ottenere un tempo
di lavorazione/nave più rapido se in tal modo si fanno
cadere i contenitori e si danneggia la nave.
Sono stato in porti che sono in fase di sviluppo e tra le cose
più importanti che hanno vi sono buoni programmi di addestramento.
In tal modo, gli operatori delle gru a cavalletto, quelli delle
gru a forca, insomma tutti quanti, sanno quello che stanno facendo.
D'altronde non si può prendere uno a caso, metterlo in
cabina e dirgli "oh beh, in qualche modo afferra quella cosa
e spostala là sopra". In primo luogo, il costo dell'equipaggiamento
è alto. Perciò, essi non lo mettono nelle mani di
gente inesperta ed i gruisti stessi, a loro volta, conoscono i
propri limiti e quello che possono o non possono fare.
Adesso loro parlano di pacchetti di carico contenitori (movimentazioni
multiple) invece di uno alla volta. Ciò è in parte
dovuto alla già accennata esigenza di venire incontro alla
domanda di movimentazioni accelerate. E, data l'informatizzazione
dell'intero sistema relativo alla distribuzione dei contenitori,
le operazioni avvengono con poca gente intorno. La messa a punto
del piano inerente a cosa si preparano a fare con tutti quei 6.000
contenitori può avvenire solo mediante sistemazioni computerizzate.
Ciò sta a significare che tutto quanto viene movimentato
più in fretta".
D: Data la pressione commerciale sugli armatori, quale ritiene
sia l'importanza delle questioni sicurezza ed ambiente?
"Il successo commerciale è importante, ma non si può
conseguirlo a spese della sicurezza. La sicurezza deve stare in
cima ai pensieri. Al momento, ciò non costituisce un vero
problema con le nuove navi, dal momento che la gente farà
nel modo giusto qualsiasi cosa sia richiesta su una nave nuova.
Il problema, per lo più, si pone con le navi già
esistenti, che qualcuno aveva costruito sulla base degli standard
di allora, aspettandosi che conservassero quella configurazione
per tutto il resto del loro periodo di utilizzazione. La difficoltà
sta nel fatto che oggi le navi rimangono in servizio più
a lungo di quanto non avvenisse un tempo.
Noi lavoriamo partendo dal presupposto che le cose proposte dall'IMO
debbano essere ragionevoli. C'è voluto qualche tempo, per
me, prima di riuscire ad ottenere la fiducia del settore marittimo.
Mi sono concentrato sul settore marittimo ed ho cercato di rassicurare
in primo luogo gli armatori circa il fatto che noi non siamo degli
irresponsabili. Quando decidiamo di occuparci di qualcosa che
è già passato attraverso un processo collettivo
di razionalizzazione, è chiaro che non ce ne saremmo occupati
se quella questione non avesse costituito un problema. E se non
ce ne occupiamo, significa che qualcun altro sta provvedendo al
riguardo. Quel qualcun altro, d'altronde, il più delle
volte è molto più rigido di quanto non siamo noi
dell'IMO".
D: Alla luce della recente inchiesta del Derbyshire, qual è
stata la posizione dell'IMO rispetto ai vettori di rinfuse?
"Abbiamo ricevuto la proposta di fare determinate cose da
parte della società di classificazione IACS (Associazione
Internazionale delle Società di Classificazione). In particolar
modo, provvedere al rinforzo della prua della nave, poiché
esiste la consapevolezza che uno dei problemi primari è
rappresentato dall'acqua che entra anteriormente, dalla paratia
che si rompe e dall'acqua che quindi riempie l'intera nave. E
questo è stato fatto: abbiamo modificato la convenzione
SOLAS (Convenzione Internazionale per la Sicurezza della Vita
in Mare) al fine di rendere obbligatori i nuovi requisiti".
D: Riesce ad immaginare il momento in cui non esisteranno più
cose come le navi sotto-standard?
"Veramente no, ma ci stiamo lavorando. Qualcuno paga ogni
volta che viene utilizzata una nave sotto-standard e questa comporta
dei problemi. Si tratta di un fatto comune nella vita commerciale.
Quello che stiamo cercando di fare nel caso delle portarinfuse
- mi aveva particolarmente colpito la perdita di alcuni marinai
- è stata una delle prime questioni che ho affrontato quando
sono arrivato.
Nel 1991 ho portato in assemblea una risoluzione al riguardo;
si trattava della prima volta che un segretario generale traduceva
un problema in risoluzione. Era piuttosto lunga ma identificava
tutti i settori che necessitavano di attenzioni. Ed è stata
approvata".
D: Lei ha parlato dello sviluppo di un archivio internazionale
dei dati relativi alle perdite di vite umane, gestito dall'IMO,
al fine di raccogliere informazioni che potrebbero essere utilizzate
per analizzare le cause degli incidenti. Come procede l'attuazione
di quell'idea?
"Il nostro problema è che non avevamo iniziato ad
occuparcene, ma in quel momento non disponevamo di fondi; è
davvero solo una questione di denaro. Vi è una gran massa
di informazioni che circolano attorno a questo argomento, ma si
tratta di informazioni disordinate. L'idea che avevamo era quella
di mettere insieme tutto ciò ed avere qualcuno in seno
all'IMO che provvedesse al riguardo. Noi potremmo selezionare
e gestire i dati e quindi distribuirli a chiunque li desideri.
Penso che il modo giusto di trattare la questione sia quello di
tentare di dimostrare i vantaggi derivanti dal poter disporre
di un punto centrale, dotato dell'autorità dell'IMO, che
non si dedicherebbe a quella attività per fini di lucro".
D: L'arte marinaresca è obsoleta?
"Noi pensiamo che l'addestramento dei naviganti sia estremamente
importante. Non condivido l'idea che essi siano solo dei lavoratori
sull'acqua. Essi, infatti, devono possedere in più le cognizioni
atte a metterli in grado di far navigare la nave correttamente,
ad assicurare una corretta gestione, a far sì che i motori
funzionino bene: tutto ciò richiede esperienza. Può
darsi che le cognizioni richieste adesso siano diverse da quelle
di qualche anno fa; in ogni caso, alcune di loro sono più
complesse di quelle precedentemente richieste".
D: Cosa può fare l'IMO per ottenere che gli equipaggi
siano correttamente addestrati?
"Abbiamo lo STCW (Convenzione Internazionale sugli Standard
di Addestramento Certificazione per i Naviganti) messo a punto
nel 1976 e migliorato un paio d'anni fa... Per la prima volta
abbiamo l'autorità di compiere indagini sulla competenza
degli enti che provvedono all'addestramento in tutti i Paesi.
In questo momento siamo in procinto di ricevere i particolari
relativi alla loro capacità di addestrare il personale
correttamente a livelli diversi. Essi dovrebbero sottoporceli
entro agosto di quest'anno. Successivamente, dovremo procedere
alle correzioni e decidere cosa va bene e cosa no. Nel caso i
loro programmi dovessero essere giudicati adeguati, allora i loro
certificati verrebbero accettati da tutti i Paesi del mondo.
Stiamo cercando in particolare di assistere alcuni Paesi in via
di sviluppo che stanno allestendo ex novo la propria struttura
marittima, di modo che possano avere sufficienti garanzie in ordine
alla effettiva realizzazione dei loro programmi".
D: Che ruolo svolgono nell'ambito dell'IMO gli NGO e l'ICHCA?
"Penso che gli NGO siano essenziali per le attività
dell'IMO. Però, potendo disporre solamente dell'autorità
e dell'influenza dei governi - dato che i governi tramite gli
Stati fanno parte dell'IMO - potremmo anche non riuscire a fare
le cose di cui si avverte la necessità. E' per questo che
è importante avere a disposizione le conoscenze di organizzazione
come l'ICHCA che giorno per giorno apportano all'IMO la propria
esperienza. Esse possono far sì che i vari puristi capiscano
esattamente in che cosa consistano le operazioni quotidiane e
che certe cose debbono funzionare in un certo modo piuttosto che
secondo le teorie o le soluzioni accademiche, le quali comportano
problemi che un navigante potrebbe non capire".
D: Che cosa la rende maggiormente orgoglioso dei suoi otto
anni come segretario generale?
"Ritengo che ci siamo messi nel posto in cui la gente vuole
che l'IMO sia. Un tempo voleva che l'IMO sparisse. E la gente
ora sembra aver accettato l'idea che il settore marittimo non
può basarsi sull'autoregolamentazione.
Pertanto, se il settore può contare su di noi sapendo chi
fa le cose e che le cose che diremo verranno applicate alla concorrenza,
ecco che avremo ottenuto proprio quello che il settore cercava.
Ritengo che l'IMO riscuota la fiducia del settore e che i governi
confidino che stiamo andando nella direzione giusta; faremo del
nostro meglio per far concordare tutto ciò.
Si tratta di un settore talmente frammentato che talvolta la gente
non riesce a considerarlo nel suo complesso. E ciò è
proprio quello che sto tentando di fare e ritengo, almeno in parte,
di esservi riuscito".
(da: ICHCA News and Cargo Today, aprile/maggio 1998)
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