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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVII - Numero 6/99 - GIUGNO 1999 |
Logistica
La logistica in Pakistan
Per chiunque desideri servire il mercato pachistano, la scelta
della porta d'accesso potrebbe sembrare una questione semplice.
Vi sono solo due porti di un qualche rilievo a circa 35 km di
distanza l'uno dall'altro, Karachi e Port Qasim, che tra tutti
e due hanno movimentato complessivamente 660.000 TEU nel 1998.
Per dirla in breve, tutti i carichi diretti nel Paese devono essere
incanalati attraverso questi porti perché il Pakistan,
in effetti, è stretto ad est dal suo grande rivale politico,
l'India, ad ovest dall'Afghanistan tormentato dalla guerra e dall'Iran,
ed a nord dalle montagne dell'Himalaya.
E questo in generale; ma qui la logica della logistica in Pakistan
finisce e prevalgono l'emotività locale, data la estrema
rivalità esistente tra i due porti. Cercare di distinguere
i fatti dalla finzione rispetto a quale dei due porti offra il
servizio migliore, non è un affare agevole per la clientela.
Come sostiene Tony Maynard, dirigente capo del QICT (Qasim International
Container Terminal), "una cosa che salta all'occhio è
che alcuni soggetti locali sono particolarmente bravi a diffondere
disinformazione o mezze verità sull'argomento. Ad esempio,
dire che il porto di Karachi è più vicino ai clienti
della periferia di Karachi non è proprio vero. Noi in molti
casi siamo più che vicini, o ancora qualcosa di più
in termini di tempi di consegna".
Di modo che, quali sono i vantaggi e gli svantaggi di ciascun
porto per gli armatori ed i caricatori? Prima di cercare di rispondere
a tale domanda, può essere di aiuto rammentare che il QICT
(Port Qasim International Container Terminal) è stato inaugurato
solamente alla fine del 1997. Fino a quel momento, semplicemente
non vi era nessuna scelta da poter fare, dal momento che i clienti
dovevano servirsi del porto di Karachi, nel bene e nel male (di
solito, quest'ultimo).
Di conseguenza, è cresciuta a Karachi una vasta comunità
marittima, tra cui possono annoverarsi commercianti, agenti marittimi
e stivatori di ogni risma, spedizionieri, autotrasportatori, operatori
di magazzini ecc. Tutti quanti devono fare i conti con una situazione
impossibile, poiché la città stessa, che ha 12 milioni
di abitanti, è ora intasata senza speranza. Essa soffoca
il porto in ogni direzione di modo che niente può essere
movimentato facilmente in entrata od in uscita giorno per giorno.
Non vi sono autostrade o tangenziali e non è previsto
alcuno sviluppo urbano logico. Quanto al porto, gran parte dei
carichi - tra cui le merci containerizzate - sono ancora movimentati
presso i vecchi moli convenzionali, laddove non vi è spazio
disponibile per mettere tanta roba sulle banchine. I carichi,
perciò, devono essere immediatamente spostati altrove presso
i capannoni od i depositi contenitori vicini. Anche il terminal
ferroviario non è localizzato in modo adeguato e comunque
- peraltro - il solo 10% circa dei carichi containerizzati viene
attualmente movimentato per ferrovia, di modo che forse questo
non costituisce un grosso problema.
Nulla può essere fatto velocemente, poiché oltre
ai problemi di natura logistica sopra menzionati, la maggior parte
dei containers viene ancora movimentata fantasiosamente per mezzo
di gru mobili, in particolar modo nei depositi esterni. I caricatori
all'avanguardia non sono ancora disponibili e talvolta si fa a
meno anche degli spreaders. Pochi autocarri locali sono dotati
di congegni di fissaggio adeguati e quello che passa per un pianale
da 20 piedi spesso può essere di alcuni piedi più
corto della lunghezza richiesta.
Questa, quindi, è Karachi, rispetto alla quale si potrebbe
pensare che la localizzazione del QICT (Qasim International Container
Terminal) possa sembrare la realizzazione dei sogni di tutti.
Come spiega affabilmente il capitano Muzaffar Ali, dirigente marketing,
"quando siamo arrivati, qui non c'era niente, era una landa
desolata. Tutto quanto ha dovuto essere costruito da zero".
Di conseguenza, la P&O Ports, che gestisce il porto, è
stata messa in condizione di progettare un terminal container
moderno ad hoc e dotato di tutte le attrezzature necessarie, e
non vi sono dubbi circa il fatto che esso ora lavori bene.
Peraltro, a dispetto di tutto ciò, pur essendo stato inaugurato
ormai più di 20 mesi fa, esso controlla ancora il solo
25% circa del mercato, avendo movimentato qualcosa come 161.000
TEU nel 1998.
Ci sono diverse ragioni per cui ciò accade, tra cui un
brutto inizio proprio quando c'era bisogno di fare una prima buona
impressione. La ragione principale, tuttavia, è che - di
riffa o di raffa - vi è stata una grande riluttanza da
parte dell'affermata comunità marittima di Karachi a "lasciare
andar via" parte della propria attività. Come già
detto, ora esiste una vasta comunità marittima che si è
abituata a movimentare tutto quanto (operazioni doganali, traffici,
deposito, magazzinaggio, autotrasporto) in relazione ad ogni carico
e che ancora controlla o influenza l'instradamento di gran parte
dei carichi del Paese.
Muzaffar Ali dice le stesse cose in modo più diretto:
"A Karachi, vi sono un mucchio di interessi acquisiti. Alcuni
agenti marittimi hanno persino compagnie di stivaggio o depositi
propri, di modo che essi cercheranno sempre di trovare i motivi
per non suggerire dei cambiamenti ai propri committenti. Anche
le case di spedizione non vogliono che l'attività dei propri
clienti si trasferisca in un altro porto in cui non sono direttamente
impegnati".
Sohail Shams, dirigente capo della UMA (United Marine Agencies),
che rappresenta la spettabile AWSL (Andrew Weir Shipping Line),
la mette su un altro piano: "Un notevole quantitativo di
traffico che entra in Pakistan è costituito da carichi
granulari o "di scarto", come il PVC o rottami metallici,
ed i piazzali di deposito per queste derrate sono tutti situati
a Karachi. E' necessario uno speciale equipaggiamento per la movimentazione
nei silos, oltre a equipaggiamento specializzato per la distribuzione
successiva, che non sempre è disponibile a Qasim".
Continua Shams: "Inoltre, a Port Qasim non vi sono infrastrutture
adatte alle operazioni LCL, di modo che questi carichi di solito
finiscono a Karachi". La UMA lo sa bene, poiché il
servizio AWSL ora fa scalo a Port Qasim, nell'ambito dell'EPIC
(Consorzio Europa Pakistan India), laddove invece nell'ambito
della propria organizzazione-madre GAC (Gulf Agency Company),
la Evergreen e la Hyundai sono ancora rappresentate a Karachi.
Maynard ribatte che una moderna infrastruttura LCL è attualmente
in costruzione appena al di fuori del QICT e dovrebbe essere pronta
alla fine dell'anno; nel terminal sarà così possibile
assicurare un sistema di movimentazione dei carichi consistenti
in rottami.
Continua Muzaffar: "La maggior parte delle case di spedizione,
delle case commerciali e degli autotrasportatori hanno uffici
solo a Karachi, di modo che naturalmente preferiscono che i loro
carichi vengano movimentati localmente. Port Qasim ricade sotto
una diversa autorità doganale regionale che, allorquando
venne inaugurato il terminal, aveva emanato procedure doganali
maggiormente complicate e diverse modalità di recupero
delle imposte. Tutto ciò da allora è in gran parte
cambiato, ma ad alcune imprese con sede a Karachi conviene pensare
che il problema sia ancora di attualità".
Maynard del QICT argomenta ulteriormente: "Si dovrebbe riconoscere
che qualcosa come il 70% di tutti i carichi che passano attraverso
Karachi vanno al o provengono dal nord del Paese, in relazione
al quale siamo localizzati meglio per le movimentazioni. Abbiamo
meno intasamenti, di modo che i camion possono entrare od uscire
direttamente, mentre a Karachi devono programmare consegne notturne
oppure rassegnarsi - sempre che sia possibile - ad aspettare per
ore nell'impossibile traffico diurno".
Il QICT, inoltre, ha un terminal ferroviario situato in modo
conveniente nel mezzo del terminal, che - a detta di Maynard -
movimenta il 15% circa del suo traffico complessivo. I centri
industriali del Paese, come Faisalabad, Lahore e Sialkot, sono
tutti situati a più di 1.200 km, di modo che le distanze
qui non sono certo una questione di poca importanza.
E' interessante notare come il centro dell'importante industria
cotoniera del Pakistan sia situato leggermente più vicino,
dalle parti di Multan, nel mezzo del Paese e, sebbene il QICT
possa sembrare in migliore posizione per servirlo, gran parte
del traffico di esportazione dell'ultima stagione, stimato in
circa 5.600 TEU, apparentemente è transitato da Karachi.
Murtaza Siddiqui, capo dirigente della Global Agencies, la più
importante impresa attiva nel commercio del cotone, spiega: "In
primo luogo, presso le macchine sgranatrici non vi sono attrezzature
per la movimentazione di contenitori, di modo che si preferiscono
i camion convenzionali. In secondo luogo, tutti i principali magazzini
del cotone in cui avviene la selezione e la classificazione sono
situati a Karachi e non a Port Qasim".
Tutti i clienti intervistati nel nord del Paese a Lahore ed a
Sialkot, tra cui la Saga Sport, la Asif Associates, la Leatherfield
Ltd, la GAC Forwarding e la Dry Ports, non hanno espresso una
decisa preferenza per Port Qasim o per Karachi, sebbene frequentemente
essi abbiano uffici di rappresentanza nella sola Karachi.
Quanto precede riguarda il parere dei caricatori e degli esportatori
in ordine ai due porti; peraltro, come hanno risposto alla scelta
i vettori marittimi, e perché?
La Maersk e la Sea-Land sono stati i primi a spostarsi al QICT,
quasi subito dopo la sua apertura nel 1997. Quest'anno il terminal
si aspetta di movimentare circa 90.000 TEU per i due clienti citati.
Ad essi ha fatto seguito quasi subito il consorzio EPIC, costituito
da AWSL, CMA, Contship, P&ONL e SCL (Safmarine Container Lines),
per il quale il terminal si aspetta di movimentare quest'anno
circa 85.000 TEU. E la conversione più recente è
avvenuta a dicembre dello scorso anno, allorquando la UASC ha
concordato di trasferirvi i propri volumi annui pari a circa 24.000
TEU.
Non tutte queste linee di navigazione peraltro si servono esclusivamente
del QICT. La P&ONL, ad esempio, il cui traffico totale alla
volta del Pakistan è stimato essere dell'ordine 32.000
TEU circa, si serve ancora di Karachi per il proprio servizio
GKX da e per l'Asia, così come per il traffico feeder dal
Golfo del Medio-Oriente.
Altre linee, tra cui la APL, la Evergreen, la Hyundai, la MSC,
la Cosco e varie compagnie di navigazione di raccordo che provengono
da Colombo o da Dubai, continuano ad utilizzare esclusivamente
Karachi.
Gli armatori debbono senza dubbio tener conto dei vantaggi di
ciascun porto ed ignorare le differenze operative a loro rischio;
anche queste ultime, peraltro, debbono essere valutate, anche
se possono cambiare tutti i momenti.
Nel caso del consorzio EPIC, Port Qasim è stato prescelto
perché presenta lo stesso profilo di tutti gli altri porti
presenti nei programmi di viaggio delle linee di navigazione,
tra cui Dubai e Jawaharlal Nehru, nei pressi di Mumbai. Al momento
della decisione, Port Qasim era l'unico terminal dedicato del
Pakistan che potesse offrire al consorzio un servizio rapido ed
affidabile, con ormeggio garantito all'arrivo capace di accettare
navi di dimensioni sino a 2.800 TEU (vale a dire, con una lunghezza
massima di 275 metri) e con un pescaggio massimo di 11 metri.
Il pescaggio massimo di Karachi era (ed ancora è) limitato
a soli 10,5 metri, e non vi erano infrastrutture terminalistiche
dedicate ai containers.
Anche se la Sea-Land, la Maersk, la UASC e le linee della EPIC
ora scalano il QICT, il terminal è operativo solamente
al 37% della capacità ed è in grado di garantire
ulteriore capacità di ormeggio a nuovi venuti da giovedì
a sabato.
Il terminal dispone di una banchina continua di 600 metri ed
è equipaggiato con due gru a cavalletto bordo-costa, nonché
2 grandi gru Gottwald, ognuna delle quali può garantire
almeno 15 movimentazioni all'ora, sebbene, nella prassi, in media
si ottengono 18 movimentazioni all'ora. Esso è aperto 24
ore al giorno, sette giorni alla settimana, a differenza degli
ormeggi convenzionali di Karachi che chiudono alle ore 17.
Le principali critiche che vengono rivolte all'operatività
del QICT riguardano il fatto che esso è situato a 2,5 ore
di navigazione fluviale dalla costa, mentre tale difficoltà
non esiste a Karachi.
Non vi è dubbio che il QICT, da quando è stato
inaugurato, ha avuto la conseguenza di spingere il porto di Karachi
ad assicurare un servizio migliore, di modo che si potrebbe sostenere
che l'arrivo della concorrenza è stato vantaggioso per
tutti.
A novembre dello scorso anno è stato finalmente inaugurato
dalla APL e dalla filippina ICTSI (International Container Terminal
Services Inc) il KICT (Karachi International Container Terminal),
da lungo tempo atteso. Situato tra gli ormeggi 22 e 24 A del molo
occidentale, si tratta di un terminal del tutto autosufficiente,
equipaggiato con tre moderne gru a cavalletto bordo-costa, ciascuna
delle quali è in grado di effettuare 25 movimentazioni
all'ora, anche se per il momento se ne riescono ad ottenere di
meno. Esso dispone altresì di sei nuove gru a cavalletto
gommate.
Il KICT è un terminal che impressiona sotto ogni aspetto
e quest'anno si aspetta già di riuscire a movimentare quasi
gli stessi contenitori del QICT con soli due clienti, la APL e
la Cosco (200.000 TEU). Quest'ultima, peraltro, lavora ancora
a titolo sperimentale e non su base contrattuale. Il vantaggio
del KICT rispetto ai moli convenzionali del KPT (Karachi Port
Trust), sito sul lato orientale del porto, oltre ai ritmi di movimentazione
più rapidi, alla minore frequenza dei danni ai contenitori
ecc., è che i tempi di fermo dei camion solitamente si
aggirano attorno a soli 30 minuti circa rispetto a quasi quattro
ore, mentre le ispezioni doganali possono essere effettuate sul
posto dove la sicurezza è migliore (fino all'80% di tutti
i carichi in importazione vengono sistematicamente controllati
dai doganieri). Il terminal inoltre è aperto 24 ore al
giorno per sette giorni alla settimana, mentre si dice che i prezzi
di attracco per i clienti siano più facili da stabilire
e più trasparenti.
Nel terminal non esiste, tuttavia, alcuna connessione ferroviaria,
e non vi sono neanche infrastrutture LCL. Il KICT, poi, presenta
altre due debolezze fondamentali. La prima è rappresentata
dal fatto che si dice che esso sia più caro del 15% circa
rispetto al QICT; la seconda consiste invece nel pescaggio massimo
che è pari solamente a 9,75 metri, sebbene ci si aspetti
che esso entro la fine dell'anno venga portato sino a 10,5 metri
(vale a dire, lo stesso pescaggio del lato orientale del bacino).
Inoltre, come qualsiasi altra cosa a Karachi, esso è soffocato
durante il giorno dall'immane peso del traffico e dalla carenze
di infrastrutture in città.
Tuttavia Khurran Abbas, dirigente capo finanziario del KICT,
si è mostrato alquanto ottimista circa le difficoltà
del terminal: "Non siamo troppo preoccupati per il futuro
perché sappiamo che Karachi è un porto migliore
di Port Qasim e che è solo una questione di tempo prima
che altri proprietari di carichi comincino a chiedere che i propri
traffici vengano qui".
Il capitano Syed Rashid Jamil, dirigente del terminal, continua:
"Siamo di gran lunga contenti della nostra crescita e delle
nostre prestazioni, e non vogliamo accogliere più carichi
di quanti siamo in grado di movimentare in maniera soddisfacente".
In conclusione, rispetto a ciò che esisteva in precedenza,
sembra che gli armatori possano fare delle scelte per quanto riguarda
la capacità terminalistica per contenitori in Pakistan.
Sembra anche che adesso vi sia una nuova nozione di servizio alla
clientela. Maynard del QICT riassume bene questa situazione quando
dice: "Tutti sono miei clienti, qui, e noi stiamo pianificando
la loro soddisfazione". Il terminal si è appena accordato
nel senso di spendere ulteriori 30 milioni di dollari in acquisizioni
di nuovo equipaggiamento ed in ristrutturazioni di quello esistente,
di modo che sembra che egli intenda veramente fare ciò
che dice.
Quanto poi ai possessori dei carichi, l'aumento della concorrenza
tra i porti può solo andare a loro vantaggio. E questo
anche se tale processo non è stato ancora ultimato. Secondo
il capitano Irfan Haq, direttore generale del KPT, il primo ministro
del Pakistan si è recentemente dichiarato d'accordo su
una bretella tangenziale settentrionale attorno alla città
di Karachi ed il KPT attualmente sta conducendo trattative con
l'Autorità Nazionale Autostrade in ordine alla sua costruzione.
Il problema che connota tali programmi di sviluppo urbanistico
in Pakistan è che non sempre è facile distinguere
i fatti dalle fantasie, ma Irfan Haq è stato perentorio
al riguardo: "L'intasamento del traffico cittadino ha raggiunto
livelli tali che quella autostrada deve essere costruita, e perciò
lo sarà per davvero".
Resta da vedere sino a che punto l'incremento della concorrenza
comporterà effetti sulle tariffe dei contenitori. Sia il
QICT che il KICT debbono essere preoccupati del fatto che così
tante linee di navigazione stiano ancora operando presso i vecchi
moli convenzionali del KPT, di modo che entrambi i terminals hanno
alti costi fissi e perciò hanno bisogno di volumi di traffico.
Syed Qamar Hassan, direttore generale della GAC Shipping, agenzia
della Uniglory/Evergreen che recentemente ha deciso di restare
sul molo orientale, ha riassunto come segue la posizione della
compagnia di navigazione in questione: "Quando abbiamo esaminato
i vantaggi e gli svantaggi dell'attracco al KICT, abbiamo scoperto
che esso è troppo caro". Lo scorso anno l'agenzia
ha movimentato più di 30.000 TEU per la Uniglory/Evergreen.
Haroon Musa, dirigente capo della Interocean Cargo Services,
una delle maggiori imprese di stivaggio di Karachi, concorda con
questa opinione dal momento che afferma: "Anche tenendo conto
di tutti i servizi ausiliari, la movimentazione contenitori convenzionale
a Karachi è ancora notevolmente più economica rispetto
a quella presso il KICT".
Un'altra cosa che dovrebbe infastidire sia il QICT che il KICT
è il fatto che più carichi essi riescono a sottrarre
ai moli convenzionali del KPT, meno congestionati e perciò
più desiderabili questi ultimi diventano per coloro che
decidono di restarvi.
Come sembrano essere ben avviati gli sviluppi terminalistici
in Pakistan, lo stesso si prospetta per il trasporto intermodale.
Il governo è pervenuto alla decisione di ripartire la compagnia
ferroviaria nazionale in diversi centri di profitto più
facilmente gestibili: una società si occuperà dei
binari, un'altra della trazione ed infine vi sarà un'unità
distinta per il trasporto merci. Detto ciò, vi è
molta strada da fare ancora, e ci sono pochi soldi da spendere
in ammodernamenti, ma almeno c'è il riconoscimento che
esiste l'esigenza di un servizio migliore. All'inizio di quest'anno,
alle compagnie private è stato chiesto di esprimere "dichiarazioni
di interesse" a gestire servizi navetta containerizzati in
proprio, di modo che sembra di intravedere una luce alla fine
del tunnel.
L'autotrasporto privato è molto più facile. Cinque
anni fa, tutti i containers dovevano essere trasportati dalla
NLC (National Logistics Cell), gestita dall'esercito, ma ora molte
imprese private, come la United Marine Agencies, dispongono di
proprie autorizzazioni al trasporto.
Il tempo dirà se tutti questi miglioramenti potranno alla
fine tradursi in servizi intermodali da porta a porta maggiormente
affidabili.
(da: Containerisation International, maggio 1999)
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