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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVII - Numero 7-8/99 - LUGLIO-AGOSTO 1999 |
Conferenze e convegni
L'uso della tecnologia nel trasporto marittimo di linea
Nel corso dell'ultimo decennio si è assistito ad un notevole
incremento della percentuale di unità post-Panamax nell'ambito
della flotta containerizzata di linea. Più recentemente,
i minori costi del carburante, unitamente alle richieste da parte
della clientela di servizi più rapidi, hanno condotto all'introduzione
di navi "a più alta velocità". Tali iniziative
stanno avendo un profondo effetto sui porti e sui terminals, che
si trovano a dover investire grosse somme nello sviluppo di infrastrutture
più grandi e di attrezzature per la movimentazione dei
carichi ad elevata produttività.
Queste argomentazioni hanno costituito il tema centrale della
sessione conclusiva della recente conferenza sul trasporto marittimo
di linea, organizzata da Containerisation International
e svoltasi a Londra alla fine dello scorso mese di marzo.
Ad aprire il dibattito è stato il dott. Hans Payer, consigliere
di amministrazione della società di classificazione tedesca
GL (Germanischer Lloyd). Una buona fetta dell'attività
della GL si svolge nel mercato delle portacontainers e la società
ha svolto consulenze e - in collaborazione con vari cantieri navali
ed armatori - ha elaborato progetti in relazione a massicce navi
post-Panamax da 8.000, 10.000 e persino 12.000 TEU.
Payer ritiene che le navi adibite al trasporto di linea diverranno
sempre più grandi. "La parte del leone in ordine a
tale positivo sviluppo è da attribuirsi alla liberalizzazione
dell'economia a livello mondiale" ha dichiarato. "Malgrado
la crisi asiatica, le previsioni a lungo termine rimangono generalmente
favorevoli ed è difficile che qualsiasi altri tipo di nave
sia così direttamente connesso con l'economia mondiale
ed i traffici globali quanto lo è la portacontainers".
Egli ha sostenuto, inoltre, che la necessità di conseguire
economie di scala anche maggiori sta comportando l'aumento della
domanda di navi più grandi. "Riguardo alle navi da
4.500 TEU ed oltre" ha detto Payer "due sono le tendenze
che vengono seguite: le Panamax più grandi e le post-Panamax""
Payer sostiene che il tonnellaggio Panamax di capacità
pari a 5.000 TEU, con stivaggio sottocoperta di 12 containers
affiancati, presenta interessanti opportunità a causa della
"mancanza di difficoltà progettuali". Attualmente,
la GL sta effettuando indagini in merito ad un certo numero di
opzioni.
Sul fronte delle post-Panamax, Payer pensa che la progettazione
e la capacità di carico saranno "sempre in prossimità
dei limiti tecnologici". Ma quali sono questi limiti per
la progettazione di una mega-portacontenitori? Payer ritiene che
siano tre: le infrastrutture per la movimentazione dei carichi
e le esigenze di logistica nei porti e nei terminals; la profondità
delle acque nei canali di accesso; la progettazione dei motori.
Rispetto a quest'ultima questione, Payer ha sottolineato come
le navi che caricano più di 8.000 TEU, richiedendo una
velocità di servizio di 25 nodi, abbiano bisogno di essere
spinte da due motori; ciò, però, comporta un aumento
delle spese di capitale e dei costi di manutenzione ed assistenza.
Egli ravvisa che le velocità possano aumentare ulteriormente,
anche se ammette che ciò alla fine potrebbe essere deciso
in tal senso o meno a seconda dei prezzi del bunkeraggio.
"Il consumo di carburante" sottolinea Payer "aumenta
esponenzialmente con l'aumento della velocità. Un incremento
del 10% in velocità comporta un aumento del 30% circa nel
consumo di carburante". Aggiunge poi: "E' questione
di vedere se il mercato è pronto a pagare un prezzo sufficientemente
alto per giustificare spedizioni transoceaniche più veloci
nonché i correlati maggiori costi del carburante".
Rune Svensson, consulente del Gruppo Volvo e presidente del Forum
Marittimo, pensa che i caricatori potrebbero pagare di più
se i vettori escogitassero soluzioni logistiche di trasporto connaturate
da una vera e propria integrazione intermodale. "C'è
bisogno di una migliore affidabilità (e cioè, consegne
in tempi garantiti), di maggiori frequenze (magari giornaliere)
e di tempi morti più brevi" sostiene. "Il settore
marittimo ha l'esigenza di adottare più rigorosamente tali
filosofie che rappresentano obiettivi tipici dei settori stradale
e ferroviario".
Svensson mette in discussione il principio dell'impiego di navi
sempre più grandi, in special modo per i caricatori che
desiderano un servizio da porta a porta. "I calcoli fondati
sui capitali connessi ai ritardi sui tempi dimostrano come i vantaggi
delle tariffe basse vengano erosi dagli altri costi nelle fasi
terrestri e portuali" ha dichiarato. "Può darsi
che navi più piccole e veloci siano in grado di contrastare
l'attuale sistema basato sulle grosse navi, evitando così
la congestione".
L'esperto di logistica suggerisce l'esigenza di un nuovo tipo
di approccio nei sistemi di movimentazione e nelle operazioni
terminalistiche. "Siamo stati abituati ad assistere a movimentazioni
di containers sulle navi ad opera di grandi gru, ma un'operazione
di questo tipo è caratterizzata da limitazioni" spiega
Svensson. "I containers che vengono movimentati tra navi,
carri ferroviari ed autocarri devono essere trattati in modo più
delicato di quanto non accada oggi".
Egli pensa che ciò possa costituire un'importante fase
per una integrazione più stretta tra le varie modalità;
un processo - quest'ultimo - che la containerizzazione ha reso
possibile ma che non è stato portato completamente a termine.
"Nel corso degli ultimi 20-30 anni ci siamo concentrati
sulle singole modalità di trasporto ed abbiamo cercato
di ottimizzarle al massimo" ha detto Svensson. "E' arrivato
il momento di combinare le diverse connessioni della catena trasportistica
per trasformarle in migliori combinazioni ed in sistemi integrati
più intelligenti".
Il dirigente ha esposto il lavoro della Volvo con la FastShip,
la società che sta pianificando un servizio transatlantico
ad alta velocità. Con le sue piccole (sino a 1.400 TEU)
navi che viaggiano a 38 nodi e fanno scalo in un unico porto del
Nord Europa e della costa orientale statunitense, la società
è in grado di offrire una traversata oceanica in quattro
giorni assai concorrenziale. Inoltre, l'uso di un unico cassone
per il carico e lo scarico di contenitori in porto riduce i tempi
morti di stivaggio.
"Abbiamo sperimentato la FastShip facendo consegnare vetture
dalla Svezia ai consumatori statunitensi in 14 giorni" ha
dichiarato Svensson.
John Vickerman, principale della società statunitense
di consulenza TranSystem, ha concluso la sessione fornendo una
sinossi generale sulle tendenze del mercato e sulle questioni
tecnologiche nell'ambito del trasporto containerizzato.
"Il tipo dimensionale della super-portacontainer è
destinato ad affermarsi" ha detto Vickerman, il quale sostiene
che entro il 2010 un terzo di tutte le portacontainers che faranno
scalo presso i porti statunitensi avranno capacità superiori
ai 4.000 TEU.
Continua Vickerman: "Le mega-portacontainers hanno bisogno
di mega-gru con braccio di portata posteriore più lungo,
con maggiore portata esterna e con velocità operative più
rapide. Ciò vorrà dire una portata esterna di 170
piedi, un'altezza sotto lo spreader di 120 piedi ed una spesa
di almeno 8 milioni di dollari".
Ha poi aggiunto: "I terminals dovranno altresì poter
disporre di maggiori capacità al fine di movimentare servizi
ferroviari intermodali e di raccordo, allargando il territorio
occorrente fino ad almeno 300 acri".
Al pari di Svensson, Vickerman ritiene che vi sia spazio per
le "navi veloci", che a suo parere restringeranno concretamente
la differenza di prezzo tra le navi standard ed i servizi aerei
di qualità. Tuttavia, questa concezione richiede una struttura
terminalistica assai diversa, tra cui una banchina lunga e stretta
di almeno 8.000 piedi di lunghezza. "I sistemi di carico
e scarico" ha dichiarato Vickerman "devono lavorare
a velocità doppia rispetto a quella delle gru a cavalletto
convenzionali bordo-costa".
In termini di costo del capitale per il porto, peraltro, la concezione
della nave veloce è molto più economica in ragione
della minore superficie richiesta per le operazioni di movimentazione
dei carichi. "Sulla base di 1 milione di dollari per acro,
di 2.500/3.000 TEU per acro e 10 tonnellate/container, il costo/tonnellata
capitale di produttività per un tipico terminal contenitori
è di 35 dollari rispetto ai 14 dollari di un'infrastruttura
dedicata alle navi veloci".
Tuttavia, il consulente sostiene che c'è un'operazione
portuale interna in cui "potrebbe essere aggiunto un vero
valore". "Se un operatore terminalistico può
ridurre i tempi morti della metà, allora le prestazioni
dell'infrastruttura raddoppiano immediatamente" ha spiegato
"e questo senza gli elevati costi correlati con l'aggiunta
di territorio e/o la costruzione di altre infrastrutture".
Conclude Vickerman: "I porti di successo nel prossimo decennio
effettueranno investimenti in tecnologia al fine di migliorare
la produttività terminalistica, nonché l'efficienza
e l'affidabilità di tutte le modalità di trasporto".
(da: Containerisation International, giugno 1999)
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