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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XVIII - Numero 1/2000 - GENNAIO 2000 |
Conferenze e convegni
I caricatori europei puntano sull'intermodale
Il problema inerente al trasporto ferroviario nell'ambito dell'Unione
Europea è che - come i carichi che esso trasporta - nulla
viene movimentato con rapidità. L'argomento in questione
è stato senz'altro discusso sino alla noia negli ultimi
cinque anni, ma i miglioramenti sono stati accuratamente lenti,
a causa di un certo numero di ragioni politiche e tecniche. Pertanto,
che cosa ci riserva il futuro, dal momento che qualcosa chiaramente
dev'essere fatto?
Questo è stato il tema principale della conferenza 1999
dell'ESC (Consiglio dei Caricatori Europei), tenutasi a Marsiglia
il 20 e 21 ottobre scorso. L'argomento non è nuovo, ma
il punto di vista sulla situazione dalla parte della domanda ha
costituito una novità accolta con favore. La ripresa del
dibattito è stata anche tempestiva, dati i progressi politici
effettuati in ordine al trasporto ferroviario transfrontaliero
in occasione dell'ultimo incontro dei ministri dei trasporti dell'Unione
Europea ad ottobre.
In breve, l'ESC afferma di supportare l'opinione secondo cui
tutte le modalità trasportistiche dovrebbero essere completamente
liberalizzate, siano esse la ferrovia, la strada, il mare o l'aria.
Questo parere è condiviso dalla Commissione Trasporti dell'Unione
Europea a Bruxelles (DGVII), ma non ancora da tutti gli stati
membri, di modo che sinora ci si è occupati solamente di
cabotaggio e di trasporto stradale ed aereo.
Com'è stato sottolineato dal direttore per i trasporti
terrestri della Commissione Trasporti, Gunther Hanreich, "dovunque
siano stati introdotti nell'Unione Europea mercati completamente
liberi, l'incremento dell'innovazione ha comportato una migliore
qualità dei servizi e prezzi inferiori". Continua
Hanreich: "Sfortunatamente, il settore non è stato
ancora in grado di convincere tutti i governi circa la necessità
di garantire il libero accesso su medesime basi al sistema ferroviario
della comunità".
Hanreich ciononostante ritiene che la soluzione di compromesso
di ispirazione francese concordata ad ottobre dal Consiglio dei
Ministri dei Trasporti rappresenti un significativo passo avanti.
Il risultato finale nell'Europa continentale potrebbe anche essere
un sistema migliore; esso, peraltro, sarebbe pur sempre dominato
dalle società ferroviarie nazionali. "Al fine di apportare
mutamenti a questo sistema" afferma "il settore dovrà
essere in futuro molto più forte".
Ed Smulders, direttore della Railion, la nuova associazione commerciale
tra la tedesca DB cargo e la olandese NS Cargo, tuttavia, si affretta
a far notare come le ferrovie abbiano già fatto molti progressi:
"Si possono fare tutte le critiche che si vogliono alle società
ferroviarie nazionali, ma noi (la NS Cargo) abbiamo dimostrato
che in un mercato in declino è possibile, per organizzazioni
come la nostra, trasportare più carichi servendosi di meno
personale ed equipaggiamenti. Il consolidamento in corso nel settore
farà sì che si continui su questa strada".
Egli si aspetta che per il 2008 resteranno solo tre-cinque fornitori
ferroviari pan-europei. Paradossalmente, Smulders continua ad
essere un oppositore dichiarato di tutte le sovvenzioni statali
per la ferrovia. Dice infatti: "Eliminate queste sovvenzioni,
e le ferrovie diverranno liberalizzate".
Il governo francese è stato l'organismo statale più
esplicito avverso la completa liberalizzazione del sistema ferroviario
europeo. Parlando per conto del proprio ministro dei trasporti,
il direttore Hubert du Mesnil ha chiarito che egli non pensa che
il trasporto ferroviario transfrontaliero possa sopravvivere da
solo. Ha infatti dichiarato: "Voi sapete, ad esempio, che
il trasporto intermodale è già liberalizzato, ma
che non accade praticamente nulla, poiché gli ostacoli
alla libera circolazione dei treni sono ancora rappresentati dal
fatto che certi gruppi praticano prezzi scoraggianti, anche se
proprio il settore retrogrado dispone del maggior potenziale di
sviluppo".
Scarsa menzione, tuttavia, è stata fatta delle difficoltà
ferroviarie interne del paese, in cui il trasporto merci ferroviario
oltretutto non può vantare risultati memorabili. Alla richiesta
di commentare la possibilità che gli elevati sovrapprezzi
per gli accessi ferroviari costituiscano un fattore che contribuisca
alla situazione sopra accennata, du Mesnil ha ribattuto che le
cose potrebbero anche non stare così, poiché alla
SNCF non vengono applicati sovrapprezzi per qualsiasi cosa. D'altro
canto, sono stati fatti frequenti riferimenti agli elevati costi
sociali francesi, dei quali peraltro si è detto che sono
in corso di completa revisione.
Come in altri paesi dell'Unione Europea, la questione della correttezza
dei pedaggi relativi agli accessi stradali è stata affrontata
in Francia allo scopo di livellare il campo di gioco allo stesso
modo per la strada e la rotaia, ma du Mesnil ha sottolineato che,
dal momento che il trasporto stradale è stato completamente
liberalizzato, esiste un limite a che cosa il paese possa ottenere
in più rispetto a quello che ha. Detto questo, egli ha
dichiarato di non ritenere che il trasporto intermodale possa
essere incrementato senza assistenza e si è rammaricato
del fatto che i progressi in ordine a tale questione richiedano
così tanto tempo.
Mentre i governi stanno facendo mente locale a che cosa dovranno
fare in futuro, Hanreich afferma che la DGVII continuerà
a premere per ulteriori riforme e per un approccio comunitario
o di sistema ai problemi trasportistici complessivi europei. Ha
infatti dichiarato: "E' importante che venga istituita una
concorrenza leale tra tutte le modalità di trasporto, compresa
la considerazione dei costi sociali".
Continua ancora: "Dovrebbero essere ulteriormente ed adeguatamente
ricompensati i miglioramenti. Ad esempio, nei casi in cui ciò
ancora non avviene, le tasse secche sulla strada dovrebbero essere
sostituite da pedaggi correlati alle prestazioni". La mobilità
sostenibile senza dubbio si avvia a svolgere un continuo ruolo
centrale della Commissione Trasporti dell'Unione Europea.
L'esigenza di un sistema di trasporto sostenibile a più
lungo termine in Europa viene supportata dal presidente della
Volvo Transport, Gunnar Bjerde, che ha dichiarato: "La globalizzazione
dei prodotti può comportare delle opportunità, ma
ingenera altresì seri costi e pressioni tariffarie sui
produttori locali. Le imprese nordamericane, ad esempio, dispongono
di un grosso mercato interno e (rispetto a noi) del vantaggio
di un basso costo dell'energia. L'Europa Orientale ed alcune zone
dell'Asia hanno un costo del lavoro inferiore".
Bjerde ha inoltre sottolineato come la tendenza verso sistemi
"trainanti" che conducono la catena dell'offerta in
Europa non faccia che aumentare ulteriormente l'esigenza di un
sistema trasportistico maggiormente efficiente e caratterizzato
da minori tempi morti. Ragiona Bjerde: "Sempre più
imprese comprendono che la produzione dovrebbe essere basata su
ciò che è già stato venduto, piuttosto che
su speculazioni o previsioni ((vale a dire, il sistema a spinta)".
Al fine di detenere un minore quantitativo di scorte, si richiede
un servizio di consegna più affidabile e veloce.
Allo scopo di dimostrare questa teoria, Bjerde ha spiegato che
le cabine dei camion della Volvo vengono ora prodotte nella parte
settentrionale della Svezia secondo la medesima sequenza con cui
sono assemblate a Gand, in Belgio, circa 2.400 km. distante. In
altre parole, un ritardo minore nei trasporti su strada - che
in passato poteva anche essere poco rilevante - adesso è
molto più decisivo in ordine alla produzione dei veicoli
finiti.
Al fine di quantificare le necessità di un sistema di
trasporto maggiormente efficiente nell'ambito dell'Unione Europea,
Karel Vanroye, amministratore responsabile della logistica relativa
alla catena delle forniture nel contesto della Direzione Trasporti,
ha sottolineato che la spesa dell'Unione Europea in logistica
ammonta all'11,8% del PIL, rispetto al solo 10,5% degli Stati
Uniti. Fa poi notare: "Con la sola riduzione di questo divario,
la Comunità potrebbe risparmiare 1 miliardo di Euro (0,94
miliardi di dollari)".
Sfortunatamente (o fortunatamente, a seconda di come si guardino
le cose), il trasporto intermodale deve ancora fare molta strada
per recuperare il terreno perduto. Secondo Vanroye, mentre nel
complesso tutte le modalità trasportistiche dell'Unione
Europea hanno fatto registrare un incremento medio del 9% (in
tonnellate/km) dal 1990 al 1996, per ferrovia sono state trasportate
200.000 TEU/anno in meno nel biennio 1997-98. Il trasporto intermodale
attualmente rappresenta solamente l'8% circa del mercato.
Vanroye osserva, tuttavia, che la scarsa qualità del servizio
non costituisce l'unico fattore che contribuisce a tale situazione.
Anche le forze di mercato svolgono un ruolo in tal senso. Ad esempio,
il trasporto intermodale è di solito più efficace
in ordine a distanze superiori ai 500 km, ma gran parte della
domanda in Europa negli ultimi anni è stata relativa a
viaggi molto più brevi, proprio laddove si è verificata
una crescita molto più alta.
Il trasporto intermodale è anche più adatto alla
movimentazione lenta delle derrate di basso valore, ma, mentre
questo settore di mercato ha fatto registrare una stagnazione,
la movimentazione delle merci di alto valore - che predilige il
trasporto più rapido - ha ricevuto grande impulso.
Un altro problema per il trasporto intermodale è stato
sollevato da Anders Clason, dell'impresa finlandese Stora Enso.
Egli ha fatto notare come le dimensioni dei contenitori standard
e le limitazioni sui pesi abbiano reso i containers meno adatti
ai prodotti forestali della sua società rispetto al trasporto
ferroviario tradizionale. Ad esempio, i semirimorchi piggyback
potrebbero caricare solamente 0,9 t/m, i containers da 40 piedi
potrebbero caricare 1,3 t/m, mentre i normali carri ferroviari
a quattro assi potrebbero caricare 2,2 t/m. D'altro canto, il
SECU (pacchetto di carico della Stora Enso), che è configurato
per il solo trasporto ferroviario, potrebbe caricare qualcosa
come 4,5 t/m. I camion giganti, inoltre, sono in grado di caricare
un volume più che doppio di carichi voluminosi rispetto
ai containers.
Messa in un altro modo, se i governi dell'Unione Europea davvero
volessero incoraggiare ulteriormente il trasporto intermodale,
si dovrebbe impiegare più tempo sulla livellazione del
campo di gioco in termini di limitazioni di pesi stradali nazionali,
ecc.
Quando si parla dell'esigenza di trasporto intermodale al fine
di alleviare l'intasamento del traffico, migliorare la sicurezza
e ripulire l'ambiente, l'autotrasporto invariabilmente fa la figura
del "cattivo".
Ma, com'è stato evidenziato dal capo-delegazione dell'IRU
(Unione Trasporto Stradale Internazionale) presso l'Unione Europea,
Maarten Labberton, non si dovrebbe dimenticare che nessun'altra
modalità trasportistica è ancora in grado di contrastare
la versatilità dell'autotrasporto, oppure il modo in cui
esso ha saputo far fronte alle esigenze del mercato. Afferma infatti:
"Quale che sia il potenziale offerto dal trasferimento del
traffico stradale alle altre modalità, l'autotrasporto
continuerà a crescere sulle brevi distanze. E sulle distanze
medio-lunghe, i camion hanno il vantaggio aggiuntivo di poter
essere caricati a bordo di treni o navi". Ha poi osservato
che oltre l'85% del trasporto stradale è attualmente trasportato
su distanze inferiori a 150 km.
Secondo le ultime statistiche disponibili, la quota di mercato
del trasporto stradale è aumentata dal 49% al 74% nel periodo
1970-1996, mentre il trasporto ferroviario è diminuito
dal 32% al 14%. Tale è la gravità dei problemi del
trasporto ferroviario. E - come aggiunge Labberton - non conviene
assolutamente costringere il trasporto stradale a fissare tariffe
fuori mercato al solo scopo di porre riparo a tale problema, poiché
ciò non farebbe altro che rendere maggiormente concorrenziali
le merci d'oltremare.
Labberton, tuttavia, ha chiarito che i caricatori ed i dirigenti
della logistica hanno ancora molta strada da fare al fine di sviluppare
criteri trasportistici più efficaci, quali la riduzione
del numero dei viaggi a vuoto ed il miglioramento dell'utilizzazione
dei veicoli.
Nel corso della sua relazione conclusiva alla fine delle discussioni
sul trasporto intermodale, Vanroye ha concluso che sarebbe stato
opportuno un dialogo migliore tra i partners trasportistici e
la Direzione Trasporti. A questo fine, ci si era dunque accordati
nel senso che lo ESC avrebbe organizzato tale tavolo di discussioni,
con data provvisoria per il primo incontro da tenersi a Bruxelles
prima della fine dello scorso novembre.
Il trasporto intermodale, sembrerebbe, sta riportandosi sul binario
giusto, ma vi sono ancora grosse difficoltà - delle quali
non è certo l'ultima quella relativa al reperimento di
una "interoperabilità" tecnico/imprenditoriale
comune tra i diversi sistemi ferroviari degli stati membri. Non
si dovrebbe dimenticare che, mentre un autista di camion tedesco
ora è in grado di guidare il proprio mezzo dovunque voglia
in Europa, non è ancora così per i macchinisti di
treno.
In primo luogo, devono ancora essere concordate condizioni comuni
di guida e di sicurezza. In secondo luogo, non tutte le reti ferroviarie
hanno le stesse specifiche tecniche, tra cui la fornitura di energia
elettrica.
Il recente disastro ferroviario nel Regno Unito dovrebbe servire
quale monito della necessità di adeguare questi aspetti
prima che le esigenze commerciali abbiano il sopravvento.
(da: Containerisation International, dicembre 1999)
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