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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XX - Numero 1-2/2002 - GENNAIO-FEBBRAIO 2002 |
Industria
Grave crisi per l'industria di costruzione di contenitori
Può anche darsi che i produttori di containers abbiano
sperimentato la propria annata maggiormente produttiva - a livelli
da record - nel corso del 2000, ma poi nel 2001 hanno dovuto subire
un calo di eguali dimensioni. I livelli produttivi complessivi
attesi dovrebbero essere inferiori di almeno un terzo rispetto
a quelli del 2000, piombando al loro punto più basso da
molti anni a questa parte. L'utilizzazione su scala mondiale della
capacità in infrastrutture impiantate per la costruzione
dei contenitori è stata eccezionalmente scarsa per il 2001,
con quasi la metà di tutte le potenziali infrastrutture
o ferme o attive in relazione ad altri tipologie produttive non
correlate.
La produzione annuale di box è balzata in alto del 25%
circa nel 2000, sino ad un record di 1,93 milioni di TEU. Oltre
1,72 milioni di TEU riguardavano tipi per carichi secchi marittimi.
Si stima per il 2001 un quantitativo definitivo massimo di consegne
di circa 1,25 milioni di TEU, di cui 1,05 milioni di TEU inerenti
ad unità marittime per carichi secchi. Tutto ciò
è stato costruito presso fabbriche che dichiarano una capacità
costruttiva aggregata attuale di oltre 2,5 milioni di TEU all'anno,
compresi 2,16 milioni di TEU di unità per carichi secchi.
E' improbabile che i risultati del 2001 raggiungano quelli realizzati
nel 1996, allorquando la capacità su base annua era ovviamente
molto minore.
Il settore marittimo per carichi secchi ha fatto registrare il
calo maggiore, dal momento che la produzione prevista è
risultata in calo del 40%. I risultati a livello mondiale dei
box reefer integrali raffreddati sono calati del 5% appena, mentre
anche la produzione recente degli swapbodies e dei contenitori
pallet-wide europei ha tenuto duro in maniera ragionevole. La
maggiore domanda di attrezzature reefer riflette la condizione
più stabile dei traffici refrigerati globali, rispetto
al più debole settore dei carichi secchi, e la richiesta
di swapbodies della "nuova generazione" resta forte
in Europa. Tuttavia, la produzione di containers cisterna ISO
e di contenitori interni nord-americani è diminuita negli
ultimi anni.
E' stata la prospettiva di una prossima crescita zero nel commercio
mondiale a spingere verso il basso più in generale la produzione
di contenitori nel corso dello scorso anno. Ciò contrasta
con l'incremento prossimo al 10% nei volumi di traffico containerizzato
fatto registrare nel 2000 ed evidenzia con chiarezza il ritorno
di una fluttuazione più ciclica nella domanda di box. Non
si tratta senza dubbio di un fenomeno nuovo, dal momento che lo
sviluppo del container ha un gran parte seguito un modello ciclico
in passato. Tuttavia, ciò è stato riscontrato molto
meno negli anni più recenti.
In effetti, negli anni immediatamente precedenti il 2000, può
darsi che i costruttori di containers si siano cullati nella convinzione
che il precedente modello di produzione "ferma e vai"
fosse una cosa del passato. Sebbene la produzione si sia incrementata
del 15% nel 1997, facendo seguito al precedente calo ciclico del
1996, in seguito è cresciuta annualmente appena del 2-3%
nel corso dei due anni successivi. Tuttavia, alla fine del 1999,
la domanda containerizzata era di nuovo in aumento ed ha condotto
al boom produttivo dell'anno successivo. Ciò, tuttavia,
si è rivelato insostenibile e ha comportato un calo di
crescente gravità dalla fine del 2000 in poi.
Naturalmente, la situazione si è fatta più critica
a causa degli eventi del 2001, specialmente in relazione ai recenti
attacchi terroristi agli USA. Ciononostante, i dolori che hanno
afflitto recentemente i produttori di containers sono stati in
gran parte dovuti ad una cattiva lettura del mercato nel 2000.
Alla metà del 2001 - secondo la CCIA (Associazione Industria
Contenitori Cinese), l'organismo che rappresenta i costruttori
cinesi - oltre 450.000 TEU di nuovi contenitori erano ancora in
attesa di raccolta presso le fabbriche cinesi. Sebbene il totale
sia da allora calato, vi è ancora qualche sovrappiù
di produzione dall'inizio del 2001 (o persino dal 2000).
Il fatto che queste scorte si trovino quasi totalmente in Cina
rappresenta una funzione della sua dominante posizione di mercato.
Le imprese di laggiù forniscono l'85% circa dei TEU complessivi
e hanno il controllo di quasi l'80% di tutte le infrastrutture
di costruzione di box. Esse forniscono la ancora maggiore percentuale
del 90% dei TEU marittimi per carichi secchi, così come
il 75% dei reefer. Gran parte della rimanente produzione mondiale,
che è più specialistica, è concentrata in
Asia sud-orientale od in Europa.
Il recente surplus di produzione containerizzata è stato
altresì alimentato dalle acquisizioni in aumento di portacontainers
extra da parte dei vettori dal 1999 in poi, che ha comportato
un incremento del 10% del conto mondiale di spazi-containers a
bordo per il 2000 ed una ulteriore crescita attesa dal 6 al 7
per cento nel corso del 2001. Sebbene le addizioni del 2000 siano
in gran parte andate di pari passo con la domanda, è certo
che l'espansione della flotta nel 2001 sia ben al di sopra del
tasso minimo di crescita attualmente previsto per i traffici containerizzati.
La produzione containerizzata, malgrado il notevole incremento,
peraltro è stata in linea di massima dappertutto in equilibrio
con la domanda per quasi tutto il 2000. Oltre 1,25 milioni di
TEU di box marittimi sono andati ad aggiungersi alla flotta marittima,
spingendola sino a circa 14 milioni di TEU alla fine del 2000.
Ciò equivale al medesimo tasso di crescita del 10% fatto
registrare dai traffici containerizzati generalmente parlando
nonché dalla flotta complessiva di spazi-containers su
nave. Il bilancio produttivo nel 2000 è andata a coprire
le sostituzioni (550.000 TEU) ovvero a servire le esigenze degli
operatori non marittimi a lungo raggio, tra cui le imprese attive
nel settore containerizzato intermodale, ferroviario o cabotiero
(più di 100.000 TEU).
Nel corso del 2001 si prevedeva che la domanda di produzione
destinata alle sostituzioni aumentasse sino a 600.000 TEU, mentre
vi è stata qualche altra crescita nei settori delle unità
destinate ai traffici interni o di cabotaggio. Tuttavia, si riconosce
ancora che oltre 550.000 TEU sono andati ad aggiungersi alla
attuale flotta di contenitori di origine marittima, facendola
aumentare di quasi un altro 4% sino ad oltre 14,5 milioni di TEU
alla fine del 2001. Così come avviene per le flotte di
spazi-containers sulle navi, questa addizione di attrezzature
containerizzate è superiore alle esigenze reali.
Di qui, il surplus di attrezzature che ancora persiste presso
le fabbriche di box. Inoltre, è improbabile che la situazione
muti nel corso del 2002. Sebbene si sia verificata di recente
qualche "scivolata" nelle consegne di portacontainers,
quasi 1,5 milioni di TEU di spazi-containers non ancora confermati
sono ancora sotto ordinazione. E' perciò improbabile che
la flotta globale di spazi-containers su nave cresca ulteriormente
nel corso del prossimo anno, quali che siano le prospettive per
i traffici globali. Ciò potrebbe comportare il persistere
della sovrapproduzione di containers, dal momento che alcuni vettori
mirano all'equipaggiamento ed all'impiego di tonnellaggio extra
a spese dei rivali, ovvero al fine di guadagnarsi altre quote
di mercato.
Una delle inevitabili linee di tendenza dell'anno trascorso è
stato il rinnovarsi del movimento verso il basso dei prezzi dei
containers. I prezzi dei box nuovi sono tornati indietro di almeno
il 15% nei 12 mesi che precedono il quattro trimestre del 2001,
momento in cui essi erano quasi tornati al loro punto più
basso del 1999. Recenti relazioni da Shanghai, dove possono trovarsi
alcuni dei maggiori surplus di capacità produttiva di box,
suggerivano che il prezzo indicativo degli standard da 20 piedi
era calato al di sotto dei 1.300 dollari USA.
Il livello quotato "ufficiale" dalla maggior parte
delle zone della Cina è di 1.350 dollari USA per uno standard
per carichi secchi da 20 piedi, mentre anche il prezzo di un reefer
integrale high cube da 40 piedi è diminuito in modo significativo
sino a 17.500 dollari USA (macchinari compresi). Questi prezzi
avevano raggiunto rispettivamente i 1.550 ed i 19.500 dollari
USA nel loro ultimo momento di punta, alla fine del 2000. I produttori
avevano ammesso di avere realizzato qualche risparmio nel 2001,
a causa della riduzione del costo di molte materie prime (tra
cui l'acciaio, il legno compensato e le vernici), ma questo non
era bastato a compensare l'intera erosione dei prezzi.
Come poteva prevedersi, la prospettiva di prezzi più bassi
ha incoraggiato alcuni acquirenti (segnatamente i vettori marittimi)
a rimanere attivi per tutto il 2001. Tuttavia, il sempre più
disperato settore del noleggio di containers non si è fatto
ingannare da tutto ciò, dato che le ditte di noleggio si
sono limitate ai loro investimenti più bassi da quasi un
decennio a questa parte. La produzione del 2001 per la flotta
operativa dei noleggiatori è stata di circa 450.000 TEU,
vale a dire quasi il 50% in meno rispetto al record degli 850.000
TEU consegnati nel corso del 2000. Inoltre, praticamente nessun
container di alcun tipo è stato acquistato dalle società
di noleggio nella seconda metà del 2001.
I vettori marittimi a lungo raggio (unitamente a tutti gli altri
operatori di trasporto) hanno ricevuto in consegna il resto dei
circa 800.000 TEU prodotti nel 2001 e hanno perciò continuato
a sopravanzare di molto quanto ad acquisizioni il settore del
noleggio. Questi proprietari inoltre hanno rilevato la maggior
parte della produzione relativa al 2000, allorquando hanno acquisito
o finanziato quasi 1,1 milioni di TEU. Dal momento che hanno ricevuto
la maggior parte della produzione sia nel 2000 che nel 2001, i
vettori e gli altri operatori hanno notevolmente incrementato
le dimensioni generali della loro flotta di proprietà a
danno dei noleggiatori, nonché aumentato la loro già
considerevole superiorità numerica.
Tuttavia, così com'è accaduto per il settore del
noleggio, gran parte dei vettori hanno tagliato il proprio approvvigionamento
di box nel corso degli ultimi mesi del 2001. Importanti nomi quali
Maersk Sealand, P&O Nedlloyd e Hapag Lloyd hanno comprato
grossi quantitativi nella prima metà dell'anno, ma in seguito
hanno tagliato gli investimenti. Molti produttori di containers,
al contrario, hanno ridotto i quantitativi dal terzo trimestre
in poi. Si ritiene che numerose fabbriche abbiano chiuso i battenti
tutte insieme dalla fine del terzo trimestre 2001, e si suggerisce
che molte di loro non riapriranno fino alla fine nel nuovo anno
cinese, cioè febbraio 2002.
Sia come sia, un calo del 40% nella produzione di unità
per carichi secchi implica chiaramente che i principali produttori
di box hanno lavorato nel corso del 2001 per periodi notevolmente
più brevi rispetto a quelli dell'anno precedente. Se si
parte dal presupposto che nel 2000 tutte le infrastrutture operavano
in prossimità della loro capacità teorica e che
il lavoro presso le linee produttive è rimasto praticamente
immutato nel corso del biennio 2000-2001, appare chiaro, allora,
che l'industria mondiale costruttrice di containers ha mantenuto
attiva la produzione per soli sette mesi sui teorici dodici del
2001.
In realtà, nel corso del 2000 gli impianti hanno lavorato
quasi all'80% della propria capacità installata, che è
prossima a quella massima possibile, mentre la maggior parte delle
infrastrutture ha altresì continuato a lavorare per tutto
il 2001 su una linea produttiva standard "a doppio turno"
(anche quando gli ordini erano più sporadici). Allo stesso
tempo, molti impianti hanno confermato che non avrebbero cominciato
una produzione vera e propria nel 2001 fino allo scadere del Nuovo
Anno cinese, il che in effetti ha limitato la produzione per il
primo trimestre ad un unico mese (marzo). Dal momento che è
assodata la virtuale assenza di qualsiasi produzione nel corso
del quarto trimestre, ne consegue che gran parte delle fabbriche
ha limitato la propria produzione ai più attivi secondo
e terzo trimestre, nonché ad una parte del quarto trimestre,
il che in effetti spalma l'attività su circa sette mesi
in tutto.
Tra i primi ad adottare questa strategia sono stati i maggiori
gruppi manifatturieri, che nel corso del 2001 hanno impiegato
buona parte del proprio tempo nell'espletamento di lavori di manutenzione
e miglioramento. Ciò accade sin dal 2000, allorquando la
manutenzione era stata la priorità principale. La loro
decisione si riflette chiaramente nei dati produttivi forniti
da un certo numero di grossi fornitori, segnatamente la CIMC Group
e la Singamas Container Holdings.
La prima società da tempo si è affermata come il
maggior produttore mondiale di containers ed attualmente gestisce
complessivamente otto impianti per la produzione di unità
per carichi secchi (e due per unità reefer) in tutta la
Cina. Essa al momento fa fronte ad almeno il 40% della domanda
mondiale di attrezzature containerizzate per carichi secchi e
reefer. La CIMC ha costruito quasi 700.000 TEU di contenitori
per carichi secchi e carichi refrigerati nel corso del 2000. La
produzione relativa al 2001 ammontava a circa 270.000 TEU (di
tutti i tipi) nella prima metà dell'anno, mentre le proiezioni
inerenti all'intera annata erano attestate su almeno 450.000 TEU.
La Singamas ha ottenuto quasi 150.000 TEU nel 2000 dalla propria
rete di quattro impianti per carichi secchi (e dall'unico impianto
per reefer). Essa ha acquisito una quinta fabbrica per box standard
all'inizio del 2001 e ha ivi incrementato la propria produzione
sino ad oltre 110.000 TEU nel corso dei primi sei mesi. La produzione
complessiva per l'annata in questione era prevista in prossimità
dei 200.000 TEU. Tuttavia, anche se la Singamas si aspetta di
far segnare un incremento complessivo della produzione nel corso
del 2001, il risultato collettivo delle sue cinque fabbriche dovrebbe
essere inferiore alle cifre del 2000.
Allo stesso modo, altri importanti costruttori hanno previsto
cali produttivi per il 2001. La sud-coreana Jindo, che continua
a gestire (in joint-venture) tre impianti per unità per
carichi secchi in Cina, ha previsto un risultato di appena 90.000
TEU per il 2001, rispetto ai quasi 140.000 TEU costruiti nel corso
dello scorso anno. Cifre alquanto simili sono indicate per la
tradizionale rivale coreana della Jindo, la Hyundai Mobis, anch'essa
operante su due fabbriche principali in Cina, nonché per
la Tectrans Group, che gestisce i suoi due siti nella Cina settentrionale
e dispone di un accordo di marketing con un terzo a Shanghai.
Nessuno dei soggetti sopra citati è ottimista circa le
prospettive per il 2002, sebbene nel loro insieme stiano assai
meglio dei loro rivali minori. Con la notevole eccezione della
rete della Jindo (di cui si dice ancora in giro che sia in vendita),
tutti i principali gruppi sono piazzati in buona posizione ai
fini della sopravvivenza all'ultima recessione rispetto alle varie
altre società ancora in produzione che dispongono di un
singolo impianto. Una decina di loro (su 35 impianti) sono ancora
operative in Cina, e si pensa che molte di loro siano sempre più
vulnerabili. Alcune delle fabbriche più piccole hanno chiuso
lo scorso anno, e potrebbero essere presto in condizione di uscire
insieme dall'attività o di essere assorbite da uno dei
gruppi maggiori.
(da: Containerisation International, gennaio 2002)
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