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CENTRO ITALIANO STUDI CONTAINERS | ANNO XX - Numero 12/2002 - DICEMBRE 2002 |
Trasporto marittimo
L'indovinello del cabotaggio cileno
Il Cile è un candidato naturale per lo sviluppo dei traffici
di cabotaggio, data la sua linea costiera estesa per 4.300 km
e con una larghezza media del territorio pari a soli 180 km. Cosa
insolita per il Sudamerica, questo paese dispone ancora di due
vettori marittimi internazionali, la CSAV (Compañia Sud
Americana de Vapores), al 30° posto della classifica mondiale
stilata da Containerisation International, e la CCNI (Compañia
Chilena de Navigacion Interoceanica), al 38° posto.
Jan Hoffmann, economista della ECLAC (Commissione Economica delle
Nazioni Unite per l'America Latina ed i Caraibi), ha dichiarato
a Containerisation International: "Il Cile è
stato tra i primi paesi dell'America Latina ad abolire il regime
di riserva dei carichi generali per il proprio commercio estero.
A causa di ciò, i suoi vettori hanno dovuto diventare più
competitivi più presto delle compagnie di navigazione dei
vicini Argentina e Peru, ad esempio, che hanno liberalizzato i
propri traffici più tardi ed ora si ritrovano vettori nazionali
molto più deboli".
Per ironia della sorte, tuttavia, potrebbe essere nell'interesse
di questi vettori nazionali l'impedire che il cabotaggio raggiunga
il suo pieno potenziale. Il Cile ancora conserva rigorose regole
restrittive in ordine ai carichi inerenti ai servizi di cabotaggio
e di raccordo tra i propri porti nazionali. L'unica eccezione
è Arica nell'estremo nord, a causa del suo ruolo tradizionale
di porto d'importazione ed esportazione per la Bolivia ed inoltre
allo scopo di incoraggiare l'industria della regione. Ai sensi
della normativa marittima cilena, tutti i carichi devono essere
movimentati o da navi battenti bandiera cilena gestite dalla CSAV
o dalla CCNI, o da operatori costieri cileni quali la NaviMag
o Transmares. Tuttavia, nessuna di queste linee ha capacità
o frequenze tali da poter far fronte all'aumento della domanda
di trasporti di origine marittima di cui discernono alcuni economisti
marittimi.
I caricatori nella remota Punta Arenas, la principale città
del Cile meridionale, vengono frequentemente frustrati dal fatto
di assistere al passaggio delle navi a lungo raggio al di là
dello stretto di Magellano. I loro box restano fermi sui moli
per settimane in attesa che ad una delle poche portacontainers
battenti bandiera cilena sia consentito di trasportare i propri
carichi nei mercati della regione di Santiago ed oltre.
Servizi quali il Servizio Contenitori Sud Americano della Maruba
ed i Servizi Magellano e Mercosur che la CSAV e la Companhia Libra
de Navegação (partecipata al 70% dalla CSAV) effettuano
in associazione (il Magellano comprende anche la Hamburg Sud,
mentre il Conosur comprende la Aliança), di norma scalano
prima a San Vicente od a San Antonio. Ciò rende ideale
per loro il collegamento di questa regione remota (nonché
ultimo porto di scalo prima dell'Antartide) con la maggior parte
della popolazione cilena, concentrata attorno a Santiago e Valparaiso.
I caricatori nel nord del paese subiscono conseguenze anche peggiori,
dato che le linee di navigazione salpano con centinaia di spazi-containers
vuoti, mentre loro devono aspettare i servizi settimanali nonché
costosi della Transmares e della CSAV. Incredibilmente, ai caricatori
costa in media qualcosa come 715 dollari USA movimentare una unità
da 20 piedi da San Antonio, principale porto containerizzato cileno,
a Callao in Peru, distante 1.334 miglia nautiche. Ancora, costa
l'astronomica cifra di 1.025 dollari USA movimentare lo stesso
box per 806 miglia nautiche da San Antonio a Iquique nel Cile
del nord, che è sulla medesima rotta ma un giorno prima.
La Transmares e la CSAV non ne ricavano eccessivi profitti: i
costi extra sono dovuti all'inefficienza del sistema.
Il lucroso settore delle esportazioni cilene, che comprendono
il rame, il pesce, la farina di pesce, la frutta ed il legname,
hanno reso il paese una destinazione di traffico sempre più
in vista, ed i vettori globali vi si stanno affollando. I mercati
secondari, quale è il Sudamerica, consentono loro altresì
di impiegare le navi di dimensioni medie (da circa 2.200 TEU a
3.800 TEU), sostituite in altri traffici con navi più nuove
e più grandi.
Secondo Hoffman, vi sono adesso qualcosa come 32 servizi regolari
che fanno scalo in Cile e sulla Costa Occidentale del Sudamerica.
Tra gli operatori affermati nei traffici alla volta del Cile,
vi sono la Hamburg Sud, la CP Ships (tramite la TMM e la Lykes
Lines), la Maersk Sealand, la CMA CGM, la MOL, la K Linee la NYK
Line. La Kien Hung ha fatto il proprio ingresso nei traffici cileni
più o meno tre anni fa, con un servizio alla volta dell'Asia,
mentre la MSC e la Evergreen hanno dato il via a servizi regolari
che collegano la loro rete mondiale al Cile solamente nel corso
del 2002. La MSC ha inaugurato un servizio feeder da Manzanillo,
in Messico, mentre il gigante taiwanese ora effettua un feeder
da Panama.
Iniziative sorte nei circoli politici cileni, finalizzate all'apertura
del cabotaggio ai vettori internazionali, hanno destato grande
interesse presso le compagnie di navigazione a lungo raggio, per
lungo tempo frustrate dalle limitazioni sui traffici di raccordo.
Queste ultime sono particolarmente seccanti, dal momento che la
maggior parte dei traffici di cabotaggio fluisce dal centro del
Cile (Santiago ed i suoi dintorni) alle estremità settentrionale
e meridionale, il che potrebbe incrementare l'utilizzazione del
naviglio in direzione nord. Essa attualmente in direzione nord
si attesta tra il 65% ed il 75%, rispetto al 100% in direzione
sud per alcuni vettori.
Tim Stout, direttore regionale per la Costa Occidentale del Sudamerica
della Hamburg Sud, membro dell'influente consorzio AMPAC, ha dichiarato
a Containerisation International: "Se venisse aperto
a tutti, ci consentirebbe una maggiore flessibilità, specialmente
per quel che riguarda i nostri carichi di relazione".
Tuttavia, malgrado l'apparente necessità di servizi di
raccordo e cabotaggio, il cabotaggio cileno rappresenta solo una
piccola frazione delle movimentazioni di carichi nazionali complessivi.
Come nella maggior parte dell'America Latina, l'autotrasporto
domina, dato che il 95% di tutte le movimentazioni di merci generali
e containerizzate su distanze superiori ai 500 km avvengono via
strada, secondo le statistiche dell'Università di Santiago.
Inoltre, la situazione al momento sta peggiorando. Gordon Wilmsmeier,
ricercatore dell'Università di Dresda, afferma: "Le
movimentazioni di cabotaggio in Cile in effetti hanno subito un
calo, dai 18,8 milioni di tonnellate nel 1999 ai 12,85 milioni
di tonnellate nel 2000, di modo che il governo dovrebbe tentare
di aiutare il settore".
Insieme a Hoffmann e ad Alfred Baird, economista marittimo della
Napier University in Scozia, Wilmsmeier ha elaborato uno studio,
"L'autostrada del mare cilena", che nello scorso mese
di novembre è stato premiato in occasione della conferenza
IAME svoltasi a Panama. Lo studio esamina al microscopio il cabotaggio
cileno e conclude che questa potrebbe essere una regione ideale
in cui istituire un servizio ro-ro efficiente e regolare (con
frequenza possibilmente giornaliera ed utilizzando traghetti veloci)
sulla rotta da San Antonio a Puerto Montt in direzione sud, nonché
da San Antonio ad Antofagasta in direzione nord. Entrambe le rotte
sono lunghe approssimativamente 1.100 km, e gli attuali servizi
ro-ro della NaviMag (con vecchie navi operative tra 8 e 15 nodi)
sarebbero troppo lenti per incrementare la frequenza del servizio
regolare. Il modus operandi richiesto consiste in una velocità
di almeno 24 nodi con una moderna ro-ro, ovvero di 40 nodi con
un traghetto veloce.
Nel rapporto si sostiene: "I primi risultati indicano che
la attuabilità commerciale potenziale ed i vantaggi ambientali
di tali servizi costieri ro-ro in Cile sono sicuramente degni
di ulteriore considerazione".
Tuttavia, Baird ha dichiarato a Containerisation International
che sarebbe stato necessario un supporto governativo, dal momento
che ci sarebbero voluti tre anni per coprire le spese e che inoltre
sarebbero state necessari investimenti in nuove navi.
Lo studio è altresì arrivato alla conclusione che
un'altra possibile risposta all'indovinello del cabotaggio cileno
consisterebbe nella liberazione di spazi sulle direttrici marittime
a lungo raggio, possibilmente in collaborazione con servizi ro-ro
migliorati. Eric Petri, economista della divisione società
portuali del dipartimento sviluppo imprenditoriale del governo
cileno, supporta tale opinione. Egli ha lavorato in stretta collaborazione
con le Nazioni Unite e varie agenzie marittime al fine di produrre
una bozza di documento per un accordo multilaterale per il trasporto
marittimo tra tutti e 10 i paesi sudamericani. In termini di vettori
globali, e ciò in concreto sta a significare giusto le
due linee cilene (CCNI e CSAV), oltre all'argentina Maruba ed
alla brasiliana Aliança. Egli ritiene che ciò possa
diventare legge del Cile, con conseguente accettazione da parte
degli altri paesi, entro il luglio del 2003.
Spiega Petri: "Dobbiamo avere più trasporto marittimo
lungo la nostra lunga linea costiera al fine di incrementare la
collegabilità del paese. Questo accordo reciproco aumenterà
altresì gli scambi economici sudamericani".
Lo studio sulla "autostrada del mare cilena" conclude
nel senso che un accordo regionale che consentisse alle navi registrate
negli altri due paesi di partecipare al cabotaggio avrebbe diversi
effetti positivi:
- le maggiori possibilità di scelta per il caricatore
incoraggerebbe il dirottamento modale dall'autotrasporto al trasporto
marittimo;
- un uso maggiormente efficiente della capacità ridurrebbe
i costi complessivi del trasporto, migliorando la competitività
internazionale di tutti e tre i paesi;
- un relativo vantaggio dei servizi marittimi regionali (inter-sudamericani)
sulle linee intercontinentali alimenterebbe l'integrazione regionale;
- le dimensioni del mercato protetto aumenterebbero, consentendo
economie di scala che renderebbero più competitivi i vettori
dei tre paesi rispetto ai vettori internazionali, dal momento
che solo i vettori argentini, cileni e brasiliani sarebbero in
grado di combinare servizi di raccordo, cabotaggio ed internazionali
sulle stesse navi. Se il traffico stradale venisse ridotto, l'unico
"perdente" sarebbe il settore dell'autotrasporto.
Dichiara Hoffman: "Il risultato sarebbe una situazione assolutamente
favorevole, da cui trarrebbero vantaggio gli utenti, l'ambiente,
l'integrazione regionale ed i fornitori di trasporto marittimo".
Peraltro, malgrado i pronostici degli economisti, molti nel settore
marittimo cileno non ritengono necessario l'intervento governativo
finalizzato all'apertura del mercato agli esterni. Molti di loro
citano ragioni patriottiche e di sicurezza nazionale a sostegno
delle limitazioni. Arturo Sierra Merino, direttore generale dell'ANA
(Associazione Nazionale Cilena Armatori), sostiene: "In termini
di sicurezza nazionale, abbiamo bisogno di poter disporre di un
po' di capacità per qualsiasi emergenza possa verificarsi".
Egli dichiara che la fornitura di navi e servizi, in particolar
modo per il sud del Cile, è "grosso modo giusta per
il quantitativo ed il tipo di carichi coinvolti" e ha detto
a Containerisation International: "Il cabotaggio è
un settore chiuso nella maggior parte dei paesi del mondo, negli
Stati Uniti, in Europa e nell'America Latina. Perciò, perché
noi dovremmo aprire il nostro? Le navi della NaviMag sono in grado
di viaggiare a circa 14 nodi e si tratta della velocità
giusta per il loro mercato. Portarvi dentro navi più veloci,
potrebbe essere troppo costoso".
Continua Sierra Merino: "Il problema è che non possiamo
competere con le operazioni di autotrasporto, perché queste
ultime sono più economiche, e ciò in parte avviene
perché esse sono indirettamente finanziate dal governo".
Egli cita la manutenzione delle strade, la mancanza di pedaggi
autostradali ed il finanziamento del gasolio: tutto ciò
contribuisce a sostenere le finanze delle imprese di autotrasporto,
mentre le linee di navigazione cilene devono pagarsi tutti i propri
costi. Sierra suggerisce che il governo dovrebbe abolire qualsiasi
forma di assistenza agli autotrasportatori.
Per dimostrare quanto asserisce, Sierra accenna alla normativa
del 1995 che consente speciali dispense dalla rigorosa normativa
sul cabotaggio per le merci containerizzate movimentate da e per
il porto settentrionale di Arica. Dalla metà degli anni
'90, ai vettori stranieri è stato permesso di movimentare
i contenitori dai porti cileni da e per Arica, ma, secondo Sierra,
"neanche un solo contenitore è stato movimentato"
perché le tariffe di nolo e gli oneri di movimentazione
sono troppo elevati ed i camion sono troppo a buon mercato.
Un operatore terminalistico di Valparaiso ha detto che la lavorazione
dei carichi di cabotaggio, per quanto si tratti di merci internazionali,
li ha resi poco allettanti per i caricatori, anche se ciò
"gradualmente si sta risolvendo favorevolmente". Altre
fonti ribattono che la mancanza di un servizio regolare per i
caricatori da Arica, nonché i documenti cartacei che devono
essere redatti per pochi contenitori qui e là, scoraggiavano
i caricatori. Tuttavia, se anche ai due porti vicini situati a
sud (Iquique e Antofagasta) fosse stata concessa la dispensa per
trasportare carichi di cabotaggio, allora "sarebbe stato
un altro paio di maniche".
Sembra probabile che l'indovinello del cabotaggio cileno debba
restare irrisolto ancora per un po'.
(da: Containerisation International, novembre 2002)
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