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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS | ANNO XXII - Numero 5/2004 - MAGGIO 2004 |
Studi e ricerche
Il fattore Cina nelle attività containerizzate
In ogni settore dell'industria dei contenitori, si parla del "fattore Cina". Le navi portacontainers che percorrono in direzione ovest la rotta Cina-Europa, ovvero le tratte transpacifiche in direzione est, operano regolarmente con fattori di carico prossimi al 100%. Al fine di alimentare il vorace settore cinese delle esportazioni, le rinfusiere cariche di carbone e minerale grezzo inondano i terminal rinfuse del paese. In effetti, la domanda di materie prime è talmente grande che le tariffe di giornaliere di noleggio per le rinfusiere di tutte le dimensioni sono triplicate in appena un anno. Nel contempo, a gennaio, le tariffe di noleggio per le navi Suezmax hanno raggiunto il loro livello più alto degli ultimi 30 anni.
E' comprensibile che così tante società straniere - dalle multinazionali produttrici di beni di consumo ai fornitori di logistica agli operatori portuali - siano così interessati ad istituire una presenza nel paese. I volumi containerizzati sono cresciuti del 25-30% anno dopo anno nel corso dell'ultimo decennio, e gli analisti affermano che questo tasso non mostra alcun segnale di rallentamento. John Fossey della Drewry Shipping Consultants afferma: "Si guarda ancora ad una crescita annuale del PIL del 7-9%. Normalmente, ne consegue che la crescita dei containers sia da due a tre volte superiore alla suddetta, ed in realtà, nell'ambito dell'intera industria marittima internazionale, non vi è alcun settore che in qualche modo non subisca le conseguenze di ciò che sta accadendo in Cina".
Ma quale impatto ciò comporterà sull'industria portuale globale, è ancora incerto, e molto dipenderà alla fine dalle decisioni effettive del governo cinese in relazione alla riforma di tale settore. Attualmente, sembra che le infrastrutture destinate alle rinfuse quali i terminals del carbone a Tinjan, Guangzhou e Shanghai siano senza esitazioni fuori dall'ordine del giorno, dal momento che il governo le considera quali punti strategici vitali, il che sorprende ben poco, dato l'apparentemente insaziabile appetito di energia della Cina. Tuttavia, nuove opportunità di investimento in infrastrutture containerizzate per gli operatori stranieri sembrano fiorire quasi quotidianamente e vi sono pochi dubbi che, con gli attuali tassi di crescita, vi sia una precisa necessità sia di capitali stranieri che di capacità terminalistica.
"La singola sfida maggiore che la Cina si trova a dover affrontare è quella inerente alla sua capacità di tenere il passo con il suo potenziale di crescita" afferma Fossey, il quale aggiunge: "Anche se certamente le sue infrastrutture portuali internazionali si stanno attrezzando per cominciare a far fronte agli standard internazionali in termini di efficienza di movimentazione, c'è ancora una enorme pressione sui sistemi di trasporto dell'hinterland, e persiste sempre il problema della carenza di capacità che incombe su tutto il paese. E' abbastanza probabile che quest'anno i risultati containerizzati complessivi della Cina consistano in 40 milioni di TEU, e movimentarli è un problema di prim'ordine".
Come sempre nel settore dei trasporti, la catena delle forniture è forte nella misura in cui lo è il suo anello più debole, ed i recenti sviluppi hanno mostrato quanto le principali linee di navigazione si preoccupino di assicurarsi a breve ed a lungo termine capacità di banchine e di piazzali. Attualmente, nessun vettore è in possesso di concessioni relative a terminal contenitori tanto da poterli utilizzare come infrastruttura dedicata. La normativa cinese sancisce che si debba trattare di terminal ad utenza comune, ma Fossey crede che ciò possa cambiare non appena il nuovo massiccio sviluppo portuale di Yangshan a Shanghai si troverà in prossimità dell'inizio delle operazioni a regime.
"Sinora, nessun vettore avrebbe potuto effettuare operazioni in un terminal proprio, ma a partire dallo Yangshan i criteri potrebbero cambiare, poiché si tratta di un'infrastruttura talmente grossa che l'autorità portuale potrebbe decidere di recuperare immediatamente alcuni dei propri investimenti dividendola tra i vettori. Di sicuro, tutti i vettori hanno espresso pubblicamente il proprio interesse ad effettuare operazioni in terminal propri in quel luogo" afferma.
Infatti, nello scorso mese di ottobre l'amministratore delegato del gruppo HPH (Hutchison Ports Holdings), John Meredith, aveva dichiarato di credere che le linee di navigazione sarebbero state invitate ad assumere concessioni al riguardo e che, di conseguenza, la HPH non avrebbe partecipato a gare di appalto per alcuna concessione inerente alle utenze comuni. Ci si aspetta che le offerte relative alla seconda fase del progetto - la prima fase attinente a cinque ormeggi appartiene unicamente al gruppo Shanghai International Port, cioè la ex Autorità Portuale di Shanghai, ed è stata finanziata mediante risorse nazionali - possano essere ricevute a metà di quest'anno. Se agli investitori stranieri sarà consentito di detenere i diritti operativi o gestionali, resta una domanda oscuramente senza risposta, sebbene molti ritengano che, dato l'impegno della Cina nella W.T.O., non sarebbe avventato presumere che in effetti il controllo potrebbe essere ceduto agli operatori stranieri.
Anche alla luce dell'attuale incertezza, una schiera di operatori terminalistici e di linee di navigazione internazionali hanno finora mostrato interesse a questo progetto, tra cui la Cosco e la APMT (AP Moller Terminals), oltre alla PSA Corp di Singapore ed alla britannica P&O Ports. Tuttavia, se nel contesto delle riforme cinesi c'è una "cosa sicura", è che la MTL (Modern Terminals Ltd) con sede a Hong Kong vi effettuerà operazioni in qualche infrastruttura. La MTL non solo ha siglato un accordo con il vettore cinese CSC (China Shipping Group), ma, ai termini del CEPA (accordo di più stretta collaborazione economica) siglato tra il governo di Pechino e l'esecutivo di Hong Kong lo scorso anno, alle ditte di Hong Kong sarà consentito di operare stabilmente in Cina un anno prima rispetto ad altre ditte straniere. La MTL, quindi, dispone senza dubbio di una posizione privilegiata di partenza e, dato il ribadito entusiasmo dell'amministratore delegato Eric Bogh Christensen per Yangshan, se a qualche operatore straniero fosse consentito di partecipare, la MTL sarebbe in prima posizione.
Shanghai, peraltro, non rappresenta l'unica realtà del settore portuale cinese. Infatti, mentre in altre regioni del mondo si sta assistendo ad un consolidamento degli scali portuali da parte delle linee di navigazione, in Cina in vettori stanno di gran lunga ampliando la propria copertura con scali diretti in un numero sempre maggiore di porti diversi. "In parte, ciò ha a che fare con il sistema tariffario a controllo statale, il quale fa sì che le tariffe di movimentazione dei box presso i porti cinesi siano molto basse, ma c'entra anche il fatto che vi sono così tanti carichi che fuoriescono da zone diverse della Cina, da rendere spesso sensata l'istituzione di uno scalo diretto, e questa è la linea di tendenza relativa a tutti i servizi di linea primaria" dichiara Fossey.
Una recente prova di questo è costituita dal modo in cui i porti di Bo Hai - Tianjin, Dalian e Qingdao - ed altri porti minori più a sud quali Xiamen e Ningbo sono stati trasformati negli ultimi due anni da piccole infrastrutture per la movimentazione delle attività di cabotaggio cinesi e per un'infarinatura di traffici interasiatici a quella che adesso costituisce parte integrante di rotte principali Asia/Europa od Asia/Nordamerica di molti vettori.
Peraltro, anche se il settore marittimo usufruisce delle munificenze attuali indotte dai traffici cinesi, i leaders del paese stanno lanciando occhiate nervose alle proprie province occidentali. Una delle questioni maggiormente delicate nella politica cinese è rappresentata dal crescente divario economico tra le sue emergenti zone costiere ed il proprio occidente colpito dalla povertà, e Pechino è particolarmente sensibile all'accusa di non star facendo niente per incoraggiare la crescita ad ovest.
Di qui, la politica del "vai ad ovest", che secondo alcuni aprirà l'hinterland cinese agli operatori terminalistici, così come agli spedizionieri ed agli operatori di trasporto intermodale. Al momento, l'arteria dell'hinterland che sta usufruendo del successo maggiore è senza dubbio il corridoio dello Yangtze, ed una partecipazione straniera, almeno ad un livello modesto, è già presente a Nanjing - che ha movimentato 470.000 TEU nel 2001 e che si prevede movimenterà circa 2 milioni di TEU entro la fine del decennio - ed a Chongqing. E non solo: molti vettori, adesso, dispongono sul fiume di propri servizi di chiatte quasi completamente dedicati, sebbene i regolamenti attualmente proibiscano loro di impiegarvi tonnellaggio proprio. "Si darà spesso il caso che la Maersk Sealand, la APL e la OOCL andranno da un operatore fluviale locale e si prenderanno tutto il suo spazio disponibile, espletando così in effetti il servizio in modo da collegarlo con i servizi marittimi a lungo raggio del vettore. La conseguenza, è il controllo esclusivo di alcune chiatte".
Una fonte della OOCL conferma che lo Yangtze resta la propria principale rotta intermodale, ed anche se egli aggiunge che la rete ferroviaria dispone di un potenziale, esso dipende da un notevole investimento in infrastrutture, materiale rotabile e sistemi informatici. "Attualmente, la domanda eccede l'offerta di trasporto ferroviario. L'incremento della fornitura di capacità ferroviaria potrà solo ridurre il divario tra offerta e domanda. Solamente il 5% circa delle nostre merci viaggiano via rotaia. Non si dovrebbe dimenticare l'altra grande rete generatrice di carichi e che la concorrenza con le ferrovie su molti fronti avviene tramite le idrovie interne" afferma.
Non bisogna fare un eccessivo sforzo di immaginazione per prevedere una qualche specie di futuro coinvolgimento dei vettori nelle operazioni dei terminals sul fiume Yangtze, a meno che, naturalmente, gli operatori terminalistici non riescano ad arrivarvi per primi.
Ciononostante, nel decimo piano quinquennale del governo (2002-2007), un ammontare enorme di finanziamenti è stato riservato allo sviluppo delle infrastrutture ad ovest al fine di migliorare i suoi collegamenti con il mondo esterno. Ma alcuni operatori trasportistici si domandano quanto presto i vantaggi che ne derivano cominceranno a diventare evidenti. "I dirigenti delle aziende sembrano riluttanti a localizzare una piena capacità produttiva ad ovest, malgrado le iniziative del governo, vale a dire gli incentivi fiscali ed i meno cari sviluppi del territorio, perché, quando si tiene conto di tutto quanto, i costi di produzione e distribuzione eccedono quelli della fascia costiera" afferma Brian Lutt, presidente della APL per la Cina.
Anche se le esportazioni dalle zone costiere sono aumentate del 40% rispetto agli ultimi anni, le esportazioni dalle zone interne dell'ovest sono state solamente la metà delle prime, ed una recente ricerca della Drewry ha rivelato come la maggior parte del traffico containerizzato della Cina abbia origine da, ovvero destinazione verso, un raggio di sole 150 miglia dalla costa. Come accade per tutto quanto in Cina adesso, anche quello sta cambiando, e la recente installazione da parte della Ford di una nuova infrastruttura a Chongqing rappresenta un esempio del quantitativo in costante crescita degli investimenti diretti stranieri nell'hinterland cinese.
Pur se questi progetti alla fin fine riusciranno a conseguire qualche successo significativo, nessuno si fa illusioni sul fatto che la catena della fornitura non abbia bisogno di noetvoli rinforzi. Per il traffico containerizzato, ciò attiene in modo particolare alla creazione di una rete di depositi merci interni ed alcuni operatori ritengono che questa esigenza rappresenti una enorme opportunità per le ditte straniere. "Non vi è alcuna ragione perché un operatore internazionale non debba istituire una specie simile di rete interna, così come vediamo fare a soggetti come la P&O Ports o la ECT in Europa" dichiara un dirigente del porto di Hong Kong. "Infatti, la necessità di questo genere di cose in Cina è più pressante di qualsiasi altra cui io possa pensare".
Come si è già visto in Europa, potrebbe anche ben succedere che gli operatori terminalistici comincino a dimostrare grande interesse all'effettuazione dei servizi intermodali stessi. Di sicuro la HPH ha recentemente dato il via a questo processo con il lancio dei suoi nuovi servizi multimodali sulla SPR (Ferrovia Shenzhen Pingyan), nella quale la HPH detiene una quota del 65%, mentre il residuo 35% appartiene alla società portuale Shenzhen Yantian. Il servizio collega lo YICT (Yantian International Container Terminal), gestito dalla HPH, con l'hinterland cinese settentrionale oltre Guangdong - una delle zone promosse nell'ambito del programma "vai ad ovest" - ed è pronto a trarre vantaggio dalla crescita economica locale.
Con un investimento complessivo di circa 42 milioni di dollari, il servizio impiega cinque locomotori diesel lungo i 24 km dedicati delle sue tre ferrovie, al terminale delle quali esso si collega alle principali arterie ferroviarie che portano a Guangdong. La SPR dispone altresì di un'infrastruttura per containers da 50.000 metri quadrati servita da 18 elevatori a forca, 4 impilatrici ed una RTG. "Con il vantaggio conferito dallo stato dello YICT quale porto ad acque profonde nella Cina meridionale, la Ferrovia di Pingyan è in grado di offrire eccellenti servizi di trasporto multimodali tra cui partenze, arrivi e trasbordi di treni dedicati, containers ferroviari, carri ferroviari internazionali e refrigerati. Nei servizi della Ferrovia di Pingyan sono previsti anche il trasbordo di carichi alla rinfusa su camion ed altre attività correlate" afferma un portavoce della HPH, sebbene egli rifiuti di rivelare i suoi attuali volumi.
La strategia consistente nella fornitura di servizi a valore aggiunto e di connessioni intermodali potrebbe essere pronta a diventare una delle armi più importanti nell'arsenale degli operatori terminalistici. Tuttavia, avverte Fossey, ci vorrà del tempo, dal momento che i livelli di penetrazione del container in gran parte dell'interno restano nella fascia percentuale del 40-60% e che notevoli quantitativi di carichi generali vengono ancora movimentati alla rinfusa. "La principale ragione di ciò è rappresentata dai costi, dal momento che molti caricatori dell'interno sono estremamente sensibili ai costi e che le tariffe relative alle rinfuse sono generalmente inferiori a quelle dei contenitori" afferma. "Ciò tuttavia deriva anche dal fatto che molti non sono consapevoli del costo reale e dei vantaggi al servizio comportati dal container".
Ciononostante, tutti nel settore concordano sul fatto che i livelli di penetrazione dei contenitori saliranno sicuramente. Le opportunità che ciò presenterà ai vettori ed agli operatori sono enormi. La vera sfida è quella di identificare correttamente le migliori localizzazioni per i terminals, nonché - e ciò è vero per qualsiasi impresa straniera che investe in Cina - quella di scegliere buoni soci locali.
(da: PortStrategy, marzo 2004)
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