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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS | ANNO XXIII - Numero 9/2005 - SETTEMBRE 2005 |
Safety & security
Sicurezza dei porti: reale od immaginaria?
I porti sono intrinsecamente vulnerabili nei confronti del terrorismo a causa delle loro dimensioni, della varietà delle operazioni, del numero di utenti e del quantitativo di navi e merci, in particolar modo i containers, che transitano quotidianamente presso le loro infrastrutture.
Vi sono circa 45.000-50.000 navi mercantili che viaggiano a livello internazionale fra circa 4.000 porti di tutto il mondo. Aggiungiamoci qualcosa come 90-100 milioni di contenitori che annualmente vengono movimentati lungo le rotte marittime a lungo e corto raggio, oltre a numerosi servizi di traghetto per l'attraversamento delle direttrici marittime, ed ecco che ci ritroviamo con qualcosa di cui doversi preoccupare.
I porti spendono un sacco di soldi in sicurezza - dal miglioramento delle recintazioni alle attrezzature CCTV, ai pattugliamenti marittimi ed ai ROVs sottomarini. Negli Stati Uniti, Baltimora, ad esempio, ha appena ricevuto 5,5 milioni di dollari USA dallo Stato per l'installazione di un sistema di sorveglianza televisiva. Li avrebbero ricevuti, qualche tempo fa?
La Guardia Costiera stima che vi sia ancora bisogno di 4,6 miliardi di dollari USA da spendere nei porti statunitensi nei prossimi 10 anni al fine di migliorare la sicurezza. Si tratta di un sacco di soldi. Potremmo leggervi tra le righe che i porti in realtà non sono così sicuri al momento malgrado le varie iniziative a livello mondiale quali l'ISPS, il C-TPAT, il CSI ed un'ampia varietà di altri programmi tutti dotati di acronimo? Anche l'Europa si sta svegliando a questo riguardo, così come l'Asia. Tutti quanti, che effettuino scambi commerciali con gli USA o meno, hanno bisogno di essere informati e di sviluppare misure di sicurezza migliori.
La meta finale della Dogana degli Stati Uniti e della Protezione dei Confini è quella di raggiungere a ritroso il capolinea della catena delle forniture della logistica. Ma si potrà davvero realizzare tale obiettivo, in una situazione per cui al C-TPAT aderisce meno del 50% degli importatori (e che cosa fanno questi ultimi al riguardo? Non molto)? Il nuovo strumento a lunga gittata è costituito dall'iniziativa "Merce Sicura" avviata nello scorso mese di luglio dal Segretario alla Sicurezza statunitense Chertoff. Fino adesso, tuttavia, essa esiste solo di nome, una pagina bianca da riempire; ma la domanda è: finirà per ingenerare ulteriori costi di documentazione e costi correlati per gli importatori? Naturalmente, sì.
Così com'è accaduto per le altre questioni inerenti alla sicurezza, i porti e le linee di navigazione trasferiranno tali costi ed i sovrapprezzi ai consumatori. La speranza è che in futuro tutti questi programmi vengano riuniti in un sistema logico e funzionale su cui si possa contare; allora, potremo dormire sonni tranquilli.
(da: PortStrategy, settembre 2005, pag. 9)
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