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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXVI - Numero 5/2008 - MAGGIO 2008
Studi e ricerche
L'aumento delle dimensioni delle navi implica problemi per le
banchine portuali
Il settore portuale è sulla soglia dell'era delle navi
portacontenitori megadimensionate; questo non comporterà
solamente un'enorme nuova domanda sui porti hub, ma produrrà
cambiamenti anche tra i porti regionali e di raccordo, dal momento
che essi dovranno far fronte ad un processo a cascata che delineerà
i prossimi anni del trasporto marittimo di container.
Kim Gadegaard, vice presidente della zona cinese della APM
Terminals, ha dichiarato ai partecipanti alla Terminal Operations
Conference, svoltasi a Shanghai il mese scorso: "Alla fine,
entro il 2011 saranno consegnate alle linee di navigazione 155 navi
di dimensioni superiori ai 10.000 TEU.
La buona notizia consiste nel fatto che, considerando i costi
di costruzione inerenti all'installazione di due motori, nonché
le caratteristiche fisiche della maggior parte dei porti hub, è
improbabile che le dimensioni navali possano andare oltre i 14.500
TEU".
Tuttavia, questo in realtà significa che per i vettori
marittimi operanti al di fuori dei principali traffici
intercontinentali - specialmente la rotta Asia-Europa sulla quale
attualmente viaggiano le poche navi megadimensionate consegnate fino
adesso - c'è ora la concreta opportunità di trarre
vantaggio dei minori costi degli spazi-contenitori per mezzo
dell'impiego delle navi di raccordo e regionali che vengono dismesse
dai traffici principali.
Ooi Boon Hoe, direttore delle operazioni per l'operatore
terminalistico nonché fornitore di servizi alle gru Portek
International, con sede a Singapore, descrive la situazione:
"L'attuale flotta mondiale ha una capacità di 11,8
milioni di TEU, il che significa che le dimensioni medie delle navi
sono adesso di circa 3.000 TEU.
Noi crediamo che questo significhi che possa ben esserci
un'attività di fusioni ed acquisizioni nei traffici regionali
e feeder, e che sia probabile che si verifichi una condivisione
degli slot in questi traffici di pari passo con l'arrivo delle navi
più grandi e la dismissione di quelle piccole.
Siamo sempre più convinti che i porti regionali dovranno
cambiare, nel senso che invece di movimentare navi da 2.000 TEU
dovranno passare a quelle da 5.000 TEU.
Questi terminal avranno bisogno di impiegare da tre a quattro
gru su una nave e movimentare 3.000 TEU al giorno".
Queste problematiche si rispecchiano in quelle relative ai
principali porti hub, come spiega Gadegaard: "Un porto ha
bisogno di avere un canale di accesso di 17 metri per una nave da
150.000 t.s.l. e le gru del terminal hanno bisogno di un'altezza di
sollevamento di 40 metri, con uno sbraccio di 65 metri.
In Cina, i soli porti che saranno in grado di movimentare
queste navi sono Dalian, Tianjin, Qingdao, Yangshan, Ningbo, Xiamen,
Yantian e Hong Kong.
E fuori dalla Cina la situazione è ancora peggiore.
Ognuna di queste navi avrà bisogno di un minimo di sette
gru che la lavoreranno con operazioni 24 ore su 24 e che a loro
volta avranno bisogno di operazioni di impilaggio ad alta densità
nel piazzale.
Le linee di navigazione fanno pressioni affinché vengano
assicurate 500 movimentazioni all'ora sulle navi".
Stando così le cose, al momento sembra probabile che il
sistema di trasbordo del tipo hub and spoke che è andato
evolvendosi nell'ultimo decennio non possa che essere ulteriormente
rafforzato.
"In verità, noi non crediamo che l'attuale modello
hub and spoke cambierà" aggiunge Gadegaard, "ma
anche che l'attuale produttività delle gru a cavaliere non
basti: abbiamo bisogno che ci sia una maggiore produttività
nei terminal e questa è la grande sfida che il settore
portuale si trova a dover affrontare".
"Tuttavia, molti ritengono che diventerà più
difficile per un piazzale terminalistico essere in grado di
movimentare i volumi provenienti da una nave.
John Elliot, c.e.o. dell'Asia Container Terminal di Hong Kong,
gestito dalla DP World, ha dichiarato: "Parlando delle gru,
esse hanno sempre avuto la capacità di fare 40 movimentazioni
all'ora ed anzi a Charleston qualche anno fa eravamo in grado di
farne 50, all'ora.
Il problema, però, poi diventa la congestione sulle
banchine".
Ciò sta inducendo gli operatori sia di porti hub che di
infrastrutture locali ad introdurre modalità ancor più
sofisticate di trasporto dei box tra la banchina ed il piazzale.
Molti adesso puntano ad introdurre un ciclo lavorativo duplice,
in cui una gru carica un box su una nave dopo averne scaricato un
altro.
Howard Wren, direttore associato della società di
consulenza Maunsell con sede in Australia, afferma: "Adesso
siamo in un momento in cui la riduzione di appena un secondo dei
tempi di movimentazione produce un impatto reale sulla produttività.
La riduzione di dieci secondi del ciclo delle gru fa un'enorme
differenza rispetto ai risultati di lavorazione/nave".
Secondo Hoe, per i porti regionali e di raccordo, sta emergendo
un nuovo problema che ha afflitto gli scali porta d'accesso negli
ultimi anni: l'equilibrio dei traffici.
"Nelle nostre operazioni in Algeria, abbiamo 10
contenitori che entrano pieni e 9 che se vanno via vuoti.
Dobbiamo convincere i caricatori a far sì che i carichi
in uscita lo facciano attraverso il nostro terminal".
Sembra sempre più probabile che i porti minori debbano
seguire i propri compatrioti maggiori nell'esercizio di uno sforzo
più concertato allo scopo di attirare nuove e diversificate
tipologie di traffico nelle proprie infrastrutture.
Lo stesso problema, naturalmente, dovranno affrontarlo i
vettori regionali e di raccordo che effettuano operazioni con navi
sempre più grandi. (da: Cargo Systems, aprile 2008,
pag. 5)
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