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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXVI - Numero 15 GENNAIO 2018
STUDI E RICERCHE
NAVI MARITTIME AD EMISSIONI RIDOTTE: CHI DOVREBBE PAGARE LA
TRANSIZIONE ALLA MODALITÀ ECOLOGICA?
Esistono opzioni tecnologiche per convertire le navi
transoceaniche dall'olio combustibile pesante altamente inquinante
ai carburanti alternativi a basso inquinamento.
Ma la riqualificazione della flotta sarà molto costosa.
Chi dovrebbe sostenerne le spese?
Che il loro carico sia costituito da frumento, minerali ferrosi
o contenitori pieni di elettronica di consumo fabbricata in Cina, le
navi sono di gran lunga i mezzi più efficienti dal punto di
vista energetico per portare le merci dal punto A al punto B.
La movimentazione di una tonnellata di carico per 100 km
mediante un moderno treno merci richiede tre o quattro volte
l'energia richiesta per movimentarla su una nave portacontainer.
L'autotrasporto? Dieci volte tanto.
Il trasporto merci aereo? Cinquanta volte.
La movimentazione dei carichi su nave non è solo di gran
lunga quella con minore consumo energetico rispetto ad ogni altra
modalità di trasporto merci; è anche la più
conveniente.
Dal punto di vista ambientale ed economico, più carichi
vengono spostati sulle navi, meglio è: sebbene ovviamente le
navi possano muoversi solo fra i porti marittimi e non possano
viaggiare via terra, di modo che occorrono altre modalità di
trasporto come i treni elettrici o i nuovi autoarticolati elettrici
della Tesla per portare le merci alle destinazioni finali interne.
Emissioni complessive
Secondo uno studio condotto nel 2014 dall'IMO (International
Maritime Organisation), le pressoché 52.000 grandi navi
mercantili che solcano i mari oggi (cifra che non comprende un gran
numero di navi più piccole come i traghetti) rappresentano
circa il 2,2% delle emissioni globali di gas serra.
E le emissioni totali stanno aumentando unitamente agli
incrementi dei volumi nei traffici globali.
Le navi generano un sacco di insalubre inquinamento atmosferico,
così come emissioni di carbonio.
I NOx (ossidi di azoto) ed i SOx (ossidi di zolfo) che
fuoriescono dai fumaioli delle navi causano seri danni alla qualità
dell'aria nelle città portuali, poiché le navi
consumano olio carburante pesante, ovvero il "carburante
bunker", per alimentare i propri generatori quando sono
all'ancora, nonché quando vanno e vengono.
Il carburante bunker è un combustibile denso, persistente
e sporco.
Le navi lo utilizzano perché i loro grossi motori diesel
tollerano bene il carburante di bassa qualità e perché
è a buon mercato.
Dal momento che la maggior parte delle navi non hanno filtri od
altre attrezzature per la riduzione dell'inquinamento, "i NOx
derivanti dalle navi si apprestano a superare i NOx dipendenti da
tutte le fonti situate a terra nell'Unione Europea nel decennio a
venire" secondo la T&E (Transport & Environment), un
rinomato gruppo di ricerca con uffici a Bruxelles.
I negoziati per un trasporto marittimo più pulito
Ecco perché l'IMO, un ente interstatale che ha sede a
Londra, negli ultimi anni ha ospitato i negoziati finalizzati al
conseguimento di accordi per la riduzione obbligatoria delle
emissioni globali in relazione al settore del trasporto marittimo.
I negoziati sono organizzati dalla MEPC (Commissione per la
Protezione dell'Ambiente Marino).
Gli esperti della T&E affermano che l'IMO in genere cerca di
conseguire il consenso in ordine alle proprie politiche e che con
quasi tutti i paesi del mondo seduti al tavolo, così come
legioni di gruppi di pressione del settore marittimo, i progressi
relativi all'adozione di nuove politiche sono lenti.
Nel breve periodo, a detta della T&E, la riduzione delle
emissioni richiederà il miglioramento dell'efficienza
energetica delle navi, ad esempio dotandole di eliche più
efficienti, applicando vernici a basso attrito ai loro scafi o -
specialmente - riducendo la loro velocità: "Il
quantitativo di carburante utilizzato da una nave è
proporzionale ad un terzo della potenza fornita dalla sua velocità"
secondo l'esperto di politiche per i carburanti puliti della T&E
Faig Abbasov.
"Rallentare solo un po' potrebbe indurre notevoli vantaggi
in termini di efficienza del carburante".
Tuttavia, ammette Abbasov, il rallentamento significa anche
metterci più giorni per andare dal punto A al punto B e,
poiché le compagnie di navigazione si fanno pagare per
consegnare i carichi, questo vorrebbe dire una riduzione degli
introiti annui che una nave è in grado di generare per i suoi
armatori.
Opzioni di tecnologia pulita per le navi
Nel breve periodo, la riduzione delle emissioni di NOx e SOx
comporterà il graduale passaggio a carburanti più
puliti ma più costosi come il carburante diesel a basso
contenuto di zolfo.
La cosa è stata concordata in occasione dei negoziati
presso l'IMO ed entrerà in vigore nel giro di qualche anno.
Ma anche se essa contribuirà a migliorare la qualità
dell'aria nelle città portuali, non potrà fare per
quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra del
trasporto marittimo.
"Né lo farà il passaggio ai motori a turbina
alimentati a gas naturale, come hanno proposto alcuni lobbisti del
settore dello shipping" afferma Abbasov.
"Il gas naturale è pur sempre un carburante
fossile".
E poiché il metano - il principale concorrente del gas
naturale - "è un gas serra molto peggiore dell'anidride
carbonica e la fuoriuscita di un po' di gas dalla filiera
distributiva di carburante è inevitabile, i motori a turbina
a gas potrebbero essere assai peggiori in termini di impatto
climatico" rispetto agli attuali motori diesel alimentati a
carburante fossile.
Alla lunga, la riduzione delle emissioni (comprese quelle di
anidride carbonica) vorrà dire maggiori e più costosi
cambiamenti nelle modalità di propulsione delle navi.
Secondo Tristan Smith, architetto navale e professore presso lo
UCL (University College London), specialista in trasporto marittimo
a basso contenuto di carbonio, sebbene si sia ancora lontani anni da
un accordo in tal senso, l'IMO potrebbe alla fine richiedere che le
navi siano alimentate da forniture di carburante a basso contenuto
di carbonio e poco inquinanti come il metanolo sintetico a basso
contenuto di carbonio, l'ammoniaca o l'idrogeno.
Le navi minori che viaggiano su brevi distanze, come i traghetti
locali, potrebbero essere convertite ai motori elettrici alimentati
a batteria, utilizzando lo stesso tipo di tecnologia come quello
adoperato dalla Tesla Motors che recentemente ha presentato un
prototipo di autoarticolato elettrico a batteria.
Ciò aiuterebbe la qualità dell'aria locale nei
porti e farebbe risparmiare un sacco di carburante.
Ma non si tratta di un'opzione pratica per le grandi navi
transoceaniche a lungo raggio, afferma Smith.
È l'ammoniaca il carburante del futuro per il
trasporto marittimo?
L'ammoniaca potrebbe rappresentare una soluzione per le navi
transoceaniche.
La sua formula chimica è NH4.
Dato che l'azoto (N2) è il principale componente
dell'aria e l'idrogeno si trova in abbondanza dato che fa parte di
ogni molecola d'acqua (H2O), la NH4 potrebbe essere facilmente
sintetizzata negli impianti chimici scindendo le molecole di N2 ed
H2O e ricombinando i risultanti atomi di azoto libero ed idrogeno.
Se venisse utilizzata l'energia rinnovabile o nucleare per
alimentare il processo di sintesi, l'ammoniaca risultante sarebbe un
carburante a basso contenuto di carbonio.
"L'ammoniaca può essere utilizzata direttamente come
carburante, adoperata come combustibile nei motori diesel o essere
un mezzo per stoccare l'idrogeno per l'utilizzazione nelle celle
combustibili" ha dichiarato Faig Abbasov della T&E.
"Nell'ultimo caso, l'ammoniaca dev'essere scissa in H2 ed
azoto in riformatori a bordo; quindi lo H2 viene inserito nelle
celle combustibili per generare elettricità per la
propulsione.
L'ammoniaca può essere prodotta dall'elettricità
rinnovabile. L'unico guaio è che l'ammoniaca è un
veleno".
Un'altra opzione, afferma Tristan Smith, potrebbero essere le
celle combustibili ad idrogeno: "Ci sono impressionanti
innovazioni per le celle combustibili in una scala rilevante per il
trasporto marittimo, provenienti da diverse fonti: ad esempio, il
settore dei centri dati".
Riconvertire o ricostruire?
I carburanti puliti a basso contenuto di zolfo potrebbero essere
realizzati mediante la riconversione dell'attuale filiera
distributiva del carburante e della flotta marittima per fare uso
dei nuovi carburanti, ovvero chiedendo che le nuove navi vengano
progettate per tali carburanti, o tutte e due le cose.
Ma procedere alla transizione ai carburanti puliti richiederebbe
una filiera distributiva del carburante interamente nuova così
come l'apporto di cambiamenti ai gruppi propulsori delle navi, cosa
che sarebbe molto costosa.
Una bella domanda è: chi pagherebbe?
Nello scorso mese di aprile, una coalizione di importanti gruppi
di pressione del settore marittimo (fra cui il WCS - World Shipping
Council ed altri due) ha portato avanti un documento in occasione
dei negoziati presso la MEPC dell'IMO, proponendo che venga
applicata a livello mondiale una tassa relativa al carbonio per
ciascuna tonnellata di carburante venduta.
Il ricavato andrebbe ad un nuovo "Consiglio Internazionale
per la Ricerca Marittima" che avrebbe "il compito di
dirigere e finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuovi e potenziati
sistemi di propulsione marittima, impianti di centrali elettriche,
carburanti e progettazioni navali" si legge nel documento del
WSC.
Ricerca e sviluppo vanno bene, ma non basta
Secondo Tristan Smith dell'UCL, circa 300 milioni di tonnellate
di olii combustibili pesanti vengono venduti ogni anno per
alimentare le navi.
Se l'importo della tassa sul carbonio per i carburanti delle
navi proposta dal WSC venisse stabilita in 10 dollari USA per
tonnellata, ad esempio, allora ogni anno sarebbero disponibili 3
miliardi di dollari USA per la ricerca e lo sviluppo e per progetti
dimostrativi di trasporto marittimo pulito.
Tale imposta consentirebbe un balzo in avanti nello sviluppo di
tecnologie di trasporto marittimo pulito e, a detta di Smith, è
meritevole di supporto.
Ma a suo parere un'imposta non sarebbe abbastanza, di per sé,
per generare un tempestivo passaggio al trasporto marittimo a basso
contenuto di carbonio: "Mentre potrebbe esserci un ruolo per
qualche sorta di tariffa od imposta sul carbonio", essa
dovrebbe applicarsi di pari passo con una normativa dell'IMO che
richiedesse direttamente al settore del trasporto marittimo di
decarbonizzarsi.
Gli esperti della T&E sono d'accordo.
Il gruppo di esperti ambientali ha proposto un budget o un tetto
relativo alle emissioni aggregate di anidride carbonica per l'intero
settore, rispetto ad un programma annuale decrescente col passare
del tempo.
Rientrando in questo limite, il settore potrebbe attuare
qualsiasi tecnologia fra le più economicamente convenienti
per decarbonizzare lo shipping.
Alla fine, peraltro, saranno gli utenti a pagare la transizione
al trasporto marittimo pulito, in un modo o nell'altro, poiché
gli armatori navali dovranno passare attraverso tutti gli in
incrementi di costo.
Così dovrebbe essere, afferma Smith.
Ma, aggiunge, è importante organizzare la transizione in
modo tale da presentare regole uguali per tutti i partecipanti del
settore, al fine di evitare la distorsione dei mercati del trasporto
marittimo e di conseguire la transizione nel modo più
economicamente redditizio possibile.
Ciò richiederà una prudente combinazione di
strumenti finanziari e normativi.
Quale combinazione di tali strumenti dovrebbe essere adottata
sarà materia di grandi dispute.
Gli esperti si aspettano che ci vorranno diversi anni perché
l'IMO ottenga che i governi suoi membri approvino un pacchetto di
politiche al riguardo.
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