Ieri i soci del The International Propeller Club Port of Venice hanno discusso dei progetti di sviluppo del porto di Venezia, e in particolare del progetto della piattaforma offshore promosso dal presidente dell'Autorità Portuale, Paolo Costa, che è stato illustrato ieri ai presenti dal segretario generale dell'ente, Claudia Marcolin. «Cosa succederà - ha esordito il presidente del Propeller Club veneziano, Massimo Bernardo - ai tanti progetti presentati, mentre porti e mari si agitano per le attuali turbolenze politiche ed economiche in atto nell'Italia del mare”? Dopo la nuova legge di riforma dell'ordinamento portuale, l'84/94 e seguenti, annunciata dal ministro Lupi e che avanza l'ipotesi di accorpamento di alcune realtà portuali e l'azzeramento di altre, quale sarà la nuova realtà adriatica? Ci sarà - si è chiesto - una grande Autorità per un grande, esteso, distretto logistico per i tre porti maggiori, oppure ognuno continuerà a far per sé, l'uno contro l'altro armati come sta succedendo malgrado il NAPA (l'associazione dei porti del Nord Adriatico, ndr) con Ravenna e Trieste e tra Capodistria e Fiume?» Bernardo ha rilevato che il progetto della piattaforma offshore voluta e sostenuta dal presidente Costa ha innegabilmente acuito le distanze del porto di Venezia, non solo dagli altri porti adriatici, ma anche da quelli alto-tirrenici che non perdono occasione per demolire questo progetto in quanto, se realizzato, potrebbe davvero rivoluzionare rotte e traffici a vantaggio in primis di Venezia e poi, se avanza, anche degli altri porti alto-adriatici. Ma - ha osservato - le dichiarazioni della presidente della Regione Friuli Venezia, Giulia Serracchiani, e di Di Marco, presidente dell'Autorità Portuale di Ravenna, che addirittura tenta alleanze con Genova e Trieste, in questo contesto non sono certo concilianti né per la realizzazione del porto offshore né per la vita stessa del NAPA.-
- «Con che numeri e con quali chances - ha proseguito Massimo Bernardo - il porto di Venezia potrà contestare le tesi di chi non vuole e prioritariamente condanna al naufragio la piattaforma offshore, come per esempio Pierluigi Maneschi del gruppo TO DELTA che parla di “mission impossibile”, come pure Luigi Negri (SECH), Carlo Merli (Savona-Vado), Gruppo Gavio, Cosulich, Battistello (Contship) e perfino Gianluigi Aponte, tutti contrari all'opera. Oppure, si agirà di prepotenza, con la forza della UE e si potrà o si dovrà percorrere la strada sostenuta da Bruxelles, che pure ha già finanziato parte del progetto in uno scenario che, come recentemente annunciato nel IV° Rapporto del Centro Studi e Ricerche per il Mezzogiorno del Gruppo Intesa San Paolo, emerge chiaramente che nel Mediterraneo c'è stata e continuerà ad esserci una vera e propria gara alla conquista di quote di mercato che però la nostra portualità nazionale sta clamorosamente perdendo? Una quota di mercato italiano - ha ricordato il presidente del Propeller Club Port of Venice - che nel traffico container è scesa dal 28% al 16% con situazioni diverse per Gioia Tauro dal 20% al 12%, Cagliari dal 4% al 3%, Taranto dal 4% all'1%, mentre è la sponda del Sud Mediterraneo che dal 2005 al 2013 ha incrementato la propria quota dal 18% al 27% con Port Said passato dal 10% al 14% e Tanger Med, in Marocco, che ha polarizzato il 10% di detto traffico, per non parlare di Pireo passato dal 10% al 12% in quanto scelto da COSCO Pacific che opera con una concessione trentennale. Nel 2013 - ha sottolineato - cambia ancora lo scenario a danno dei porti italiani: Tanger Med incrementa del 34%, Pireo del 15,3% e Ambarli, porto turco, del 9%, mentre Gioia Tauro segna, fortunatamente, un +13%».
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- Nel corso del dibattito Bernardo si è chiesto se «è più o meno importante e, quanto conta, il “verdetto” della pubblica opinione per realizzare le opere: voglio solo ricordare - ha precisato - che dai tempi dell'ing Alberto Toniolo, negli anni '60, a Giorgio Longo, a Pilla, a Di Ciò e poi ancora a Bonicciolli, a Zacchello e oggi a Costa (sono passati quasi 70 anni!) di alterne presidenze, il porto di Venezia resta, da sempre, il grande assente nella cultura urbana. Anzi, molto spesso la sua attività è stata percepita non come un elemento di sviluppo sociale e di crescita economica, ma quasi come un elemento di disturbo della quotidiana vita cittadina, per non parlare espressamente del caso crociere e grandi navi, scenario tipico di un'ignobile battaglia navale e fratricida, questo sì vero boomerang a livello planetario non solo economico ma anche d'immagine della città». «La domanda vera - ha aggiunto - è rivolta anche a tutti noi: che cosa abbiamo costruito a favore del porto in tutti questi anni? Meglio: gli imprenditori ed operatori portuali da una parte e gli enti preposti dall'altra cos'hanno realizzato a favore dello sviluppo dell'intero comparto quando capannoni, piazzali e banchine non bastano certo a far grande un porto se poi manca la spinta propulsiva del suo popolo di appartenenza? Dunque a Venezia si riparte dalla presentazione del nuovo Piano Regolatore Portuale, strumento urbanistico che dovrà essere condiviso con tanti altri enti pubblici, ma che dovrebbe essere funzionale alle tante esigenze di chi opera in porto e più in generale anche in alto Adriatico. Di conseguenza, senza fare nomi, il prossimo presidente, diciamo della portualità lagunare o - chissà - del sistema alto adriatico, dovrà essere ancora un politico, un tecnico-logistico, o chi, e per far che cosa: per rilanciare il nostro mare e i nostri porti adriatici nei nuovi scenari che la globalizzazione dei mercati già da tempo ci presenta? E come e in che termini, vista la realtà dei fatti nei rapporti tra porti, si può ancora parlare di “coopetition”, termine tanto caro a Paolo Costa e Maurizio Maresca, mentre sono i soli mercati i veri decisori del destino e del futuro di un porto o di un sistema portuale?»

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