Quotidiano indipendente di economia e politica dei trasporti
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COUNCIL OF INTERMODAL SHIPPING CONSULTANTS
ANNO XXXIV - Numero 15 DICEMBRE 2016
TRASPORTI ED AMBIENTE
PROBLEMATICHE RELATIVE AL LIMITE DELLO 0,5% POSTO DALL'IMO
ALLE EMISSIONI SOLFOROSE GLOBALI DEL BUNKER
Che cosa è successo finora?
Com'è noto a molti, l'IMO ha deliberato in occasione
della propria 70a sessione della Commissione per la Protezione
dell'Ambiente Marino (nell'ultima settimana dello scorso mese di
ottobre) di fissare un tetto dello 0,5% a livello globale del
quantitativo massimo consentito di zolfo.
L'olio combustibile pesante sarà ulteriormente permesso
(non c'è un obbligo di impedirne l'uso) a patto che soddisfi
gli standard stabiliti.
Anche provvedimenti alternativi come i filtri vengono accettati
al fine di ridurre le emissioni navali.
La soglia dello 0,5% era già stata adottata ad unanimità
nel 2008 nel corso del 2008 in occasione di una riunione del gruppo
di revisione dell'Allegato VI della MARPOL ed era stata ratificata
da 53 paesi (81,88% del tonnellaggio).
La data di attuazione dipendeva dalle risultanze di uno studio
che l'IMO aveva condotto e presentato nello scorso agosto (studio
elaborato dalla CE Delft).
Data Limite di zolfo in % Globale SOx Aree Controllo Emissioni
2000 4,5% 1,5% 2010 1% 2012 3,5% 2015 0,1% 2020 0,5%
Lo studio era finalizzato a stabilire se la sufficiente
produzione e pertanto la disponibilità di LSFO (olio
combustibile a basso contenuto di zolfo) sarebbero state probabili.
Un esito positivo fisserebbe la data al 2020, mentre una
prospettiva negativa consentirebbe altri cinque anni prima che la
nuova regolamentazione diventi effettiva.
Bloomberg stima che il limite globale aggiungerebbe 250 milioni
di tonnellate metriche di LSFO alla domanda globale.
Lo studio dell'IMO conclude che non ci si possono aspettare
colli di bottiglia di carburanti a basso contenuto di zolfo, mentre
un altro studio pubblicato dalla EnSys (Energy & Systems Inc.)
afferma il contrario.
È degno di nota il fatto che la EnSys avesse presentato
senza successo un'offerta alla gara per elaborare lo studio
ufficiale dell'IMO.
Lo studio della EnSys è stato supportato dalla BIMCO e
dalla IPIESA, un'associazione di categoria dell'industria del
petrolio e del gas.
Tuttavia, la International Chamber of Shipping ha sottolineato
sulla sua Rivista Annuale 2016 che l'IMO potrebbe ritrovarsi sotto
pressioni politiche se dovesse fissare la data al 2025: "In
realtà è probabile che la decisione presa dall'IMO sia
di tipo politico.
[…] Anche se si dovesse prevedere che la fornitura di
carburante a norma sia limitata, gli stati membri dell'IMO
potrebbero nondimeno concludere che è politicamente
inaccettabile proporne l'attuazione".
Ciò potrebbe avere le proprie radici nel fatto che
l'Unione Europea ha già concordato che il limite di zolfo
avrà effetto per tutte le linee costiere fino a 200 miglia
dei paesi membri dell'Unione Europea entro il 2020.
La linea costiera raggiunge in parte l'Oceano Pacifico e quelle
Indiano dal momento che alcuni stati possiedono territori oltremare.
Fissare la data al 2025 renderebbe i corridoi della costa
nordafricana, dove il 3.5% di zolfo è ancora permesso, troppo
vicini a molti stati europei per i gusti dei regolatori dell'Unione
Europea.
Ha senso il limite allo zolfo?
Potrebbe essere troppo poco e troppo tardi.
Non solo l'Unione Europea potrebbe intraprendere un'iniziativa
in ordine ai regolamenti ambientali e lasciarsi alle spalle l'IMO
dal punto di vista politico, ma inoltre i regolamenti dell'IMO sono
troppo deboli ed il limite concordato è troppo permissivo, da
un punto di vista ambientale.
L'IMO ha sprecato 10 anni a star dietro a Kyoto che aveva
assegnato all'ente il compito di regolamentare le emissioni di gas
serra.
Così ha dichiarati Bill Hemmings, direttore trasporti
aerei e marittimi della Federazione Europea per i Trasporti e
l'Ambiente, un'organizzazione non governativa, che fornisce
consulenze all'ONU su questioni ambientali.
Le compagnie di navigazione ed i dirigenti marittimi potrebbero
tremare a causa dei costi sempre maggiori correlati alla conformità
all'uso di carburanti migliori come il diesel marittimo o di costose
tecnologie come i sistemi di filtraggio.
Al contrario, le organizzazioni non governative e gli scienziati
tremano perché persino lo 0,5% di zolfo è ancora
cinque volte più alto rispetto ai limiti di zolfo per le
automobili diesel, il cui limite è fissato allo 0,001%.
È noto da tempo che le navi inquinano l'ambiente molto
più di tutte le automobili messe assieme e che da sole
causano decine di migliaia di decessi prematuri in Europa.
Così, ha senso ridurre ulteriormente lo zolfo?
Sì, lo ha, ma molte imprese ne subiranno gli effetti
negativi.
Tuttavia, ci sono altri fattori da tenere in considerazione
quando si giudica l'impatto ambientale.
Gli scarichi ad alto contenuto di zolfo delle navi
contribuiscono a contrastare l'effetto gas serra della CO2.
Ciò perché il diossido di zolfo riduce il
quantitativo di energia solare che raggiunge la superficie,
raffreddando di conseguenza il pianeta.
Questa influenza cagionata dall'uomo è sovrastata dallo
scarico naturale di ossido di zolfo delle alghe, che producono un
composto denominato DMSP (dimetilsolfoniopropionato).
Questo composto viene rilasciato lentamente nel corso del tempo
dall'alga in prossimità della superficie ed agisce come una
lozione solare.
Quando gli altri fitoplancton iniziano a mangiare le alghe,
viene rilasciato nell'acqua dall'alga digerita il DMSP in grandi
quantità.
I batteri in acqua cominciano la trasformazione chimica, creando
il solfuro dimetile (DMS), un gas che induce la formazione di nuvole
(nuclei di condensa nuvolosa).
In prossimità della linea costiera tale condizione è
conosciuta come "odore di mare".
Le nuvole sono importanti per la conservazione del clima dal
momento che riflettono l'energia solare nello spazio, proprio come
fa il SOx (ossido di zolfo).
Questo processo è minacciato da un effetto denominato
acidificazione dei mari.
Il mare fondamentalmente funge da lavabo prendendo la CO2
dall'atmosfera.
Ciò rende il mare sempre più acido, perché
l'anidride carbonica reagisce con l'acqua e forma lo H2CO3 (acido
carbonico).
L'acidificazione dei mari è una delle principali cause
della morte delle barriere coralline e della distruzione del
fitoplancton, di cui c'è necessità per la produzione
di solfuro dimetile per la formazione delle nuvole.
Dall'inizio della rivoluzione industriale la cosiddetta
acidificazione dei mari ha comportato grosso modo un terzo di tutte
le emissioni dovute all'uomo.
Ciò potrebbe sembrare inverosimile, ma la raffinazione di
ulteriori 250 milioni di tonnellate metriche di carburante ha un
impatto assai negativo sulle emissioni di CO2.
In primo luogo, le ulteriori fasi di produzione richiedono
energia in più ed è probabile che questa venga
ricavata dal consumo di risorse non rinnovabili; in secondo luogo,
la raffinazione stessa rilascia emissioni di CO2.
Pertanto, apporre un tetto allo zolfo accelererà in
qualche modo il riscaldamento globale.
Costo e difficoltà della riduzione di zolfo
Gli armatori di navi fondamentalmente possono decidere di
scegliere fra diverse strategie per soddisfare i requisiti al
riguardo; tutti quanti presentano vantaggi e svantaggi:
possono installare sistemi di filtraggio;
possono acquistare olii combustibili a basso contenuto di zolfo
molto costosi come il gasolio marino/diesel marino o i nuovi
carburanti delle zone ECA, ad esempio lo HDM50 della Exxon.
In totale esistono più di 20 nuove miscele.
possono aggiornare la nave passando al gas naturale liquido.
Al di là degli investimenti e dei costi operativi, ci
sono spese aggiuntive meno ovvie.
Una è rappresentata dalla perdita di spazio per il carico
quando viene installato un filtro nella nave.
La linea di navigazione di traghetti tedesca TT Lines ha
condotto un progetto pilota, installando quattro filtri quali
sistemi ibridi (a circuito aperto o chiuso) all'interno del proprio
traghetto Robin Hood (6.300 tonnellate di portata lorda, 180 metri
di lunghezza).
L'anno scorso, alla Conferenza ISF presso l'Università di
Flensburg in Germania, la compagnia di navigazione ha presentato i
risultati del progetto.
I filtri della Robin Hood sono stati installati
all'interno dei fumaioli, mentre le due sale macchine di dimensioni
pari ad un container hanno dovuto essere sistemate sottocoperta,
bloccando approssimativamente un sesto del suo spazio per il carico
sul ponte.
Complessivamente hanno dovuto essere installati 17.500 metri di
cavi elettrici, 700 metri di tubi GRE e 2.000 parti di componenti.
Il nuovo equipaggiamento si traduce in nuovo impegno
amministrativo e lavori di manutenzione aggiuntivi.
Poca gente ha familiarità con i nuovi sistemi, cosa che
comporta costi più alti all'inizio.
A causa dei nuovi lavori di manutenzione, occorre del tempo da
sottrarre all'orario già risicato.
Le navi che sono passate in modo permanente dagli olii
combustibili pesanti ai carburanti a basso contenuto di zolfo invece
di utilizzare i filtri potrebbero incorrere in problemi simili come
oggi quando entrano nelle aree di controllo del emissioni solforose.
Il dr. Reinhard Krapp della VDR (un'associazione di categoria
delle compagnie di navigazione tedesche) ha pubblicato nel 2014 un
documento intitolato "Guida per il settore sulla conformità
alle direttive relative alle aree di controllo delle emissioni
solforose" e ha sottolineato un certo numero di problemi
inerenti al passaggio da un carburante all'altro.
Uno dei principali aspetti riguarda i problemi operativi
nell'uso di motori ottimizzati per olii combustibili pesanti con
gasolio o diesel marini quando devono funzionare per periodi più
lunghi.
Si presume che ciò sia dovuto alla temperatura di
iniezioni più bassa (approssimativamente inferiore di 100°
C) che induce uno stress sui materiali ed i sigilli circostanti.
Un altro fattore potrebbe essere il fatto che il gasolio o i
diesel marini presentano una maggiore omogeneità che comporta
un aumento più rapido della pressione quando vengono
bruciati.
Questo, a detta del Dr. Krapp, potrebbe modificare le vibrazioni
e la trasmissione delle forze.
Di conseguenza, il carburante potrebbe filtrare nei
lubrificanti.
Krapp ha inoltre sottolineato come la densità energetica
degli attuali olii combustibili pesanti sia approssimativamente più
alta dell'8% rispetto a quella dei distillati.
A loro volta, i distillati hanno un valore calorico netto più
alto del 2%, con una perdita netta di approssimativamente il 6%.
Esistono preoccupazioni molto maggiori quando si utilizzano
carburanti a basso contenuto di zolfo con macchine progettate per
gli olii combustibili pesanti.
La maggior parte di loro sono ben note dal momento che tale
argomento è stato assoggettato ad approfondite ricerche dal
momento dell'introduzione delle regole relative alle aree di
controllo delle emissioni solforose:
acidità inferiore: parte dello zolfo viene convertito in
acido solforoso (H2SO4) nel corso del processo di
combustione.
L'uso di un comune olio per cilindri con un
elevato numero di base alcalina comporterà un'usura, dal
momento che il quantitativo di acido solforoso è ora più
basso;
l'utilizzazione di carburanti a contenuto di zolfo ultra-basso
richiede speciali riflessioni.
Le loro proprietà
variano a seconda del fornitore e potrebbero esserci incompatibilità
quando vengono miscelati con gli olii combustibili pesanti, i diesel
marini od altri carburanti a contenuto di zolfo ultra-basso;
la viscosità molto minore e la ridotta lubrificazione
possono causare un'usura anormale.
Monitorare il limite
L'applicazione del limite di zolfo nelle acque internazionali
potrebbe essere difficoltosa.
Le domande sono: chi la monitorerà e chi la pagherà?
Se la normativa dev'essere presa sul serio, allora devono
esserci applicazione e controllo, altrimenti non ci sarebbe alcun
incentivo a mettere in pratica la regolamentazione.
La soluzione più probabile sarà l'introduzione di
qualche forma di registrazione tecnologica e di misurazione delle
emissioni.
Quanto meno la sorveglianza in prossimità dei confini
esterni delle zone di controllo delle emissioni solforose sarà
meno problematica, poiché all'interno delle zone già
esistono misurazioni tecnologiche allo scopo di tenerle d'occhio.
Nell'ambito delle aree ci sono autorità competenti al
riguardo, ad esempio la sorveglianza congiunta dell'Accordo di Bonn
per il Mare del Nord con il compito di individuare gli sversamenti
di petrolio ed i prodotti chimici dannosi, nonché simili
accordi fra imembri della HELCOM per il Mar Baltico.
Un certo numero di strumenti come la sorveglianza aerea vengono
usati per determinate le emissioni navali (NOx, CO2, SO2) e
potrebbero essere ulteriormente applicati al di fuori delle zone
attuali.
Questi aerei usano antenne per "annusare" le emissioni
delle navi vicine suggerendo ai funzionari del Controllo Statale dei
Porti su quali navi intervenire.
Il vantaggio dei sistemi ottici come lo spettroscopio
differenziale ad assorbimento ottico consiste nel fatto che il
sistema può essere impiegato di notte o nelle giornate
nuvolose.
I Controlli Statali dei Porti dei Protocolli d'intesa di Parigi
e Tokyo sono già stati annunciati lo scorso novembre allo
scopo di incrementare la loro attenzione sulla regolamentazione dei
limiti solforosi e per programmare una importante campagna per il
2018.
La campagna così concentrata significa che i funzionari
incaricati esamineranno a fondo la nave per stabilire se si è
mantenuta conforme alla normativa.
Tuttavia, le opzioni realistiche di sorveglianza a lungo termine
per le acque internazionali non sono state ancora rivelate.
Finora il Controllo Statale dei Porti non dispone di poteri al
di fuori delle proprie acque e potrebbe solo informare lo stato la
cui bandiera è battuta dalla nave che essa eccede i limiti
dello zolfo.
L'idea di ottenere i dati sulle emissioni mediante la
moltiplicazione dei fattori di emissione del carburante secondo i
dati di viaggio della nave è interessante.
Questa è una problematica di natura molto più
organizzativa che tecnologica.
Occorrerebbe che le agenzie di bunkeraggio riferissero con
precisione i dati in ordine alla nave cui hanno venduto ed al tipo
di bunker, richiedendo a loro volta un sistema aggiuntivo di
monitoraggio.
Il viaggio della nave potrebbe essere calcolato combinando i
dati di ubicazione disponibili, ad esempio quelli dei Sistemi
Automatici di Identificazione della HELCOM, con altre fonti di dati
disponibili come il database Lloyd's Faiplay delle macchine delle
navi ed i dati operativi della nave.
Il monitoraggio e l'archiviazione dei dati degli scarichi di
lavaggio in acqua e delle emissioni esauste dei filtri all'interno
del registro dati del viaggio consentirebbe una significativa
combinazione con i dati GPS, realizzando un sistema che potrebbe
essere utilizzato per determinare quando, come e quanto SO2 emette
una nave.
L'unico modo possibile per essere assolutamente certi che le
navi non stiano passando di nuovo agli olii combustibili pesanti
sarebbe quello di non consentire il rifornimento con questi ultimi
se la nave non possiede un sistema di pulizia.
Tuttavia, fino a quando non sarà attivo un sistema di
controllo funzionante molti cercheranno di sfruttare le scappatoie.
Come spesso è stato riferito, l'Allegato VI della MARPOL
stabilisce che alla nave "non sarà richiesto di deviare
dal viaggio che era nelle proprie intenzioni o di ritardare
indebitamente il viaggio al fine di conseguire la conformità"
(Regolamento 18, 2.2).
Così, la preoccupazione consiste nel fatto che le navi
faranno rifornimento di carburante in quei porti in cui sono
disponibili solo olii combustibili pesanti.
Meno diffusamente è stato riferito il fatto che questa
locuzione si applica solo se la nave è in grado di presentare
una testimonianza relativa ad azioni intraprese per conseguire la
conformità e di fornire la prova "… di avere
cercato di acquisire olio combustibile conforme ai sensi del proprio
piano di viaggio e, nel caso non fosse disponibile quando
programmato, che sono stati effettuati tentativi di individuare
fonti alternative" (Regolamento 18, 2.1.1 e 2.1.2).
Per di più, occorre che la nave notifichi alla competente
autorità che un bunker conforme non era disponibile
(proattiva).
Queste misure minimizzano il possibile abuso dell'esenzione.
Problematiche inerenti alla produzione
Malgrado il monitoraggio del limite fissato, la distribuzione
dei carburanti adatti è il problema principale.
Sembra che molti porti non saranno in grado di consegnare olio
combustibile a basso contenuto di zolfo in quantitativi
soddisfacenti entro il 2020.
La IBIA (International Bunker Industry Association) ha avvertito
che molti porti e paesi non saranno in grado di sostituire in tempo
l'attuale livello di fornitura di olio combustibile pesante con olio
combustibile a basso contenuto di zolfo.
Questi porti avrebbero poi bisogno di importare carburante
bunker da raffinerie distanti.
A sua volta questo comporterebbe un prezzo più alto non
competitivo del carburante ed un inquinamento ambientale aggiuntivo,
a causa del trasporto, creando così vincitori e vinti nel
mercato del bunker, dove i vincitori sarebbero quelli che sono in
grado di soddisfare la domanda di un buon prezzo.
Specialmente ostacolati sarebbero quei porti che fanno
affidamento sulle raffinerie locali.
Se ci fossero squilibri a livello regionale il mercato del
bunker potrebbe spostarsi verso le regioni in grado di fornire
carburanti conformi.
Ma perché le raffinerie non sono in grado di soddisfare
la domanda malgrado il fatto che restino solo quattro anni di tempo
e considerando che il livello del limite allo zolfo è noto
sin dal 2008?
Non si sa perché si stiano dando da fare così
tardi.
La IBIA ad esempio ha sottolineato che prima della data prevista
poche navi utilizzeranno i carburanti raffinati che costano di più.
La maggior parte delle navi si convertirà solo quando
sarà necessario.
Ciò è pericoloso perché potrebbe indurre
una situazione in cui la "flotta mondiale" tenta di
passare da uno all'altro nel giro di una notte; a tale picco della
domanda non si potrebbe provvedere.
Allo stesso modo, le raffinerie cercheranno di aggiungere
capacità il più tardi possibile.
Oggi i raffinatori sono specialmente preoccupati riguardo a chi
comprerà carburante ad elevato contenuto di zolfo dopo il
2020 ed a come ampliare la produzione di olio combustibile a basso
contenuto di zolfo.
La domanda potrebbe essere soddisfatta miscelando i bunker con
distillati per creare olii combustibili pesanti con zolfo ≤ 0.5%
o eliminando lo zolfo (idroconversione/ idrodesolforazione).
Quest'ultima opzione richiede fasi produttive aggiuntive e (se
non presente) equipaggiamento aggiuntivo.
Per amalgamare i bunker, i distillati a basso contenuto di zolfo
vengono mischiati con i residui ad alto contenuto di zolfo al fine
di realizzare il contenuto solforoso richiesto.
I distillati usati sono perduti per il mercato.
Entrambe le opzioni presentano residui "avanzi"
derivati dalla produzione.
Inoltre, il settore marittimo inizierà a fare concorrenza
ad altri settori basati a terra mediante l'acquisizione carburanti
distillati superiori.
I raffinatori poi LI venderanno al mercato offrendo i maggiori
ritorni.
Quanto grande è lo spostamento?
Lo studio dell'IMO fissa la domanda di olii combustibili ad
elevato contenuto di zolfo del 2012 quale base di partenza per i
propri calcoli: si trattava di 228 milioni di tonnellate metriche.
Nel 2020 quella cifra potrebbe sprofondare sino a 36 milioni di
tonnellate (pag. 13).
I raffinatori venderebbero lo -85% in meno di carburanti ad
elevato contenuto di zolfo al settore marittimO rispetto a quanto
fecero nel 2012.
L'IMO conclude che questi olii saranno un prodotto di nicchia,
utilizzato solamente dagli operatori marittimi che decidono di
installaRe i filtri.
Entro il 2020 ci si aspetta che più di 3.800 navi
utilizzino tale tecnologia per la pulizia (pag. 151).
Si tratta fondamentalmente di uno scambio, perché le navi
continueranno ad utilizzare i carburanti.
Ci si aspetta che la domanda complessiva di olii combustibili
pesanti contenenti meno dello 0,5% di zolfo aumenti sino a 233
milioni di tonnellate.
L'aggiunta dei previsti 36 milioni di tonnellate di olii ad
elevato contenuto di zolfo mostra come ci si aspetti che il mercato
del bunker sia maggiore nel 2020 rispetto a quello del 2012 (pag.
13).
Quanto è grande l'impatto sul mercato?
Dalla fine degli anni 80 la domanda globale di residui (per
tutti i settori) è diminuita continuamente, malgrado la
domanda marittima di olii combustibili pesanti sia aumentata
continuamente.
Nel 1990 sono stati prodotti quasi 13,3 milioni di barili al
giorno di residui.
Nel 2012 la produzione e la domanda sono stati entrambi
inferiori di quattro milioni di barili al giorno.
In media, il settore marittimo richiede grosso modo il 35% della
produzione residua di carburante per olii combustibili pesanti,
mentre l'altro 65% è consumato da settori basati a terra come
le centrali elettriche.
Considerando il numero di navi che ci si aspetta continuino a
bruciare olii combustibili pesanti, la domanda complessiva globale
di carburanti residui sarà "solamente" del -30%
inferiore rispetto a quella del 2012.
Una parte del 30% di spesa potrebbe essere utilizzata nel campo
delle unità di cokefazione di nuova costruzione.
Questo dovrebbe agevolare la domanda di distillati per miscelare
il bunker, sebbene sembri improbabile che possa esserci un numero
sufficiente di nuove unità di cokefazione da qui al 2020
(dati forniti da John M. Mayes e John Auers della Turner, Mason &
Company e dalla IndexMundi.com).
Avere a che fare con un eccesso di olii combustibili pesanti ed
evitare disservizi al mercato per la domanda di olii combustibili
pesanti non marittimi rappresentano il vero problema, non producendo
abbastanza carburanti con contenuto di S ≤ 0.5.
Ciò è rilevante perché dimostra che il
bunker marittimo è solo una quota del portafoglio clienti
dell'olio carburante residuo del raffinatore.
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