 Le principali associazioni internazionali dell'industria dello
shipping hanno accolto con favore l'esito della riunione di questa
settimana del Marine Environment Protection Committee (MEPC)
dell'International Maritime Organization (IMO), che si è
chiusa oggi a Londra, definendola un passo storico per la strategia
di decarbonizzazione dell'industria marittima, ma hanno anche
manifestato preoccupazione per la mancanza di maggiori certezze che
si attendevano come esito dei negoziati fra i governi.
La bozza di regolamento concordata dal MEPC stabilirà uno
standard obbligatorio per il carburante navale e una tariffazione
delle emissioni di gas serra per il trasporto marittimo, misure che
fanno dello shipping il primo settore industriale al mondo a
combinare limiti obbligatori alle emissioni GHG e tariffazione di
queste emissioni e la cui adozione formale è prevista per il
prossimo ottobre 2025. L'approvazione delle linee guida dettagliate
per l'attuazione del regolamento è attesa per la primavera
del 2026 in occasione della prossima sessione del MEPC, mentre
l'entrata in vigore è prevista nel 2027, 16 mesi dopo
l'adozione.
In base alla bozza di regolamento, le navi saranno tenute a
conformarsi ad uno standard globale sul carburante, riducendo nel
tempo la loro intensità annuale di gas serra (greenhouse gas
fuel intensity - GFI) , ovvero la quantità di gas serra
emessa per ogni unità di energia utilizzata, valore che viene
calcolato utilizzando un approccio well-to-wake. Inoltre viene
introdotta una misura economica globale: le navi che emettono oltre
le soglie GFI dovranno acquisire unità correttive per
bilanciare il deficit di emissioni, mentre quelle che utilizzano
tecnologie a zero o quasi zero emissioni di gas serra potranno
beneficiare di incentivi finanziari.
Ci saranno due livelli di conformità agli obiettivi di
intensità di produzione di gas serra del carburante navale:
un obiettivo di base (Base Target) e un obiettivo di conformità
diretta (Direct Compliance Target), al raggiungimento dei quali le
navi avranno diritto a guadagnare “unità in eccesso”.
Le navi che emettono oltre le soglie stabilite possono bilanciare il
loro deficit di emissioni sia prendendo unità in eccesso da
altre navi, sia utilizzando unità in eccesso accumulate in
precedenza che utilizzando unità correttive acquisite tramite
contributi al Fondo Net-Zero dell'IMO.
Quest'ultimo sarà istituito per raccogliere le risorse
derivanti dalla prezzatura delle emissioni. I ricavi saranno poi
erogati per premiare le navi a basse emissioni, per sostenere
iniziative di innovazione, ricerca, infrastrutture ed equa
transizione nei Paesi in via di sviluppo, per finanziare la
formazione, il trasferimento tecnologico e lo sviluppo di capacità
a supporto della strategia IMO sui gas serra e per mitigare gli
impatti negativi sugli Stati vulnerabili, come i piccoli Stati
insulari in via di sviluppo e i Paesi meno sviluppati.
Il nuovo quadro di misure “IMO net-zero framework”
sarà incluso in un nuovo Capitolo 5 dell'Annesso VI (norme
per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico da scarichi dei
motori marini) della Convenzione internazionale per la prevenzione
dell'inquinamento causato dalle navi (MARPOL).
«L'approvazione delle bozze di emendamento all'Annesso VI
della MARPOL che impongono il quadro IMO per le emissioni nette zero
- ha commentato il segretario generale dell'IMO, Arsenio Dominguez -
rappresenta un altro passo significativo nei nostri sforzi
collettivi per contrastare i cambiamenti climatici e modernizzare il
trasporto marittimo e dimostra che l'IMO rispetta i propri impegni.
Ora - ha aggiunto - è importante continuare a lavorare
assieme, dialogare e ascoltarsi a vicenda, se vogliamo creare le
condizioni per il successo della loro adozione».
Ad accogliere con qualche cautela le conclusioni del meeting è
l'International Chamber of Shipping (ICS), secondo cui non avrebbero
finalmente dato certezze all'industria su quale strada intraprendere
per ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra. «Speriamo
- ha commentato il segretario generale dell'associazione armatoriale
internazionale, Guy Platten , intervenendo al termine della riunione
del MEPC - che oggi venga ricordato come un momento storico per il
nostro settore. Se adottato formalmente - ha sottolineato - il
trasporto marittimo sarà il primo settore ad avere un prezzo
del carbonio concordato a livello globale, un obiettivo per il quale
ICS si è battuta sin dalla COP 26 del 2021, quando il settore
ha concordato un obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Il
settore marittimo è ora in prima linea negli sforzi per una
rapida decarbonizzazione al fine di far fronte alla crisi climatica.
I governi di tutto il mondo - ha osservato Platten - hanno ora
presentato un accordo completo che, sebbene non perfetto sotto ogni
aspetto, ci auguriamo vivamente venga formalmente adottato entro la
fine dell'anno».
Spiegando perché, ad avviso dell'ICS, l'accordo raggiunto
al MEPC non garantisca certezze agli armatori, Platten ha
specificato che questi ultimi e i produttori di energia «necessitano
di un quadro normativo praticabile, trasparente e semplice da
gestire che crei gli incentivi necessari per accelerare la
transizione energetica al ritmo richiesto. Siamo lieti - ha aggiunto
- che i governi abbiano compreso la necessità di catalizzare
e sostenere gli investimenti in carburanti a zero emissioni, e sarà
fondamentale per il successo finale di questo accordo IMO che venga
presentato rapidamente con la portata necessaria. Il settore
marittimo sta già investendo miliardi in nuove navi e
tecnologie verdi per essere pronto per i nuovi carburanti quando
questi arriveranno. Ci auguriamo che questo accordo fornisca ora la
certezza di cui i produttori di energia hanno urgente bisogno per
ridurre i rischi delle loro decisioni circa gli ingenti
investimenti. Riconosciamo - ha precisato il segretario generale
dell'ICS - che questo potrebbe non essere l'accordo che tutti i
segmenti dell'industria avrebbero auspicato e siamo preoccupati che
non sia ancora sufficiente a fornire la certezza necessaria.
Tuttavia, si tratta di un quadro su cui possiamo costruire. Nelle
prossime settimane ne studieremo i dettagli tecnici e continueremo a
supportare il processo dell'IMO in modo tale da disporre di un
sistema che funzioni anche nei consigli di amministrazione delle
aziende e nelle stanze negoziali dei governi».
Anche per il Global Maritime Forum «i primi obiettivi
vincolanti sulle emissioni del settore marittimo sono lodevoli, ma
non sufficienti a stimolare gli investimenti necessari».
«Sebbene gli obiettivi rappresentino un passo avanti - ha
rilevato Jesse Fahnestock, direttore per la Decarbonizzazione del
Global Maritime Forum - dovranno essere migliorati se vogliamo
guidare il rapido passaggio al carburante che consentirà al
settore marittimo di raggiungere le zero emissioni nette entro il
2050. Pur elogiando i progressi compiuti, il raggiungimento degli
obiettivi richiederà investimenti immediati e decisivi in
tecnologie e infrastrutture per i carburanti verdi. L'IMO - ha
precisato - avrà l'opportunità di rendere queste
normative più efficaci nel tempo, e anche le politiche
nazionali e regionali dovranno dare priorità agli e-fuel
scalabili e alle infrastrutture necessarie per la decarbonizzazione
a lungo termine».
Secondo il Global Maritime Forum, tuttavia, le misure
concordate, da sole, potrebbero non essere sufficientemente incisive
per realizzare la strategia dell'IMO e gli obiettivi di intensità
dei gas serra creano incertezza sul raggiungimento degli obiettivi
di riduzione delle emissioni per il 2030 e il 2040. Per
l'associazione non-profit, in particolare, così come stanno
le cose è improbabile che le misure siano sufficienti ad
incentivare il rapido sviluppo di e-fuel, come l'e-ammoniaca o
l'e-metanolo, che saranno necessari nel lungo termine grazie alla
loro scalabilità e al potenziale di riduzione delle
emissioni. Il Global Maritime Forum ha evidenziato che non iniziare
ad investire ora in questi combustibili metterebbe a rischio
l'obiettivo di almeno il 5% di emissioni zero o prossime allo zero
entro il 2030 e l'intero obiettivo di zero emissioni nette del
settore entro il 2050.
L'associazione degli armatori europei European Shipowners (ECSA)
vede il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto e,
commentando con favore l'accordo globale sul clima raggiunto oggi in
sede l'IMO, ha evidenziato che «l'importantissimo pacchetto di
nuove normative per la riduzione delle emissioni di gas serra -
l'“IMO Net-Zero Framework” - contribuirà a
garantire la transizione del trasporto marittimo internazionale
verso l'azzeramento delle emissioni nette». «Lo shipping
- ha affermato il segretario generale dell'ECSA, Sotiris Raptis -
sarà il primo settore ad avere un prezzo del carbonio
concordato a livello globale. È fondamentale che la
cooperazione multilaterale a livello ONU produca azioni concrete in
tempi di crescente incertezza, per raggiungere l'obiettivo di zero
emissioni nette entro il 2050. Sebbene l'accordo non sia perfetto,
rappresenta un buon punto di partenza per ulteriori lavori. Si
tratta di un quadro su cui possiamo basarci per garantire gli
investimenti necessari nella produzione di combustibili puliti».
Anche il World Shipping Council, che rappresenta il segmento del
trasporto marittimo containerizzato, ha parlato dell'esito della
riunione del MEPC come di «un passo fondamentale verso la
decarbonizzazione dello shipping», rimarcando che «l'IMO
è pronta a fare progressi su un tema che per decenni è
sfuggito a standard giuridicamente vincolanti in molti altri
consessi». «Questa - ha commentato il presidente e CEO
del WSC, Joe Kramek - è una pietra miliare importante per la
politica climatica e un punto di svolta per il settore marittimo. Il
nostro settore è stato a lungo etichettato come “hard
to abate”, ma investimenti record nel settore e una nuova
misura globale possono invertire la rotta». «Il
trasporto marittimo di linea - ha ricordato Kramek - si è già
mosso per dare il via alla decarbonizzazione, con quasi 1.000 navi
alimentate a energie rinnovabili destinate a prendere il mare entro
il 2030. Tuttavia, è necessaria una regolamentazione globale
per fornire combustibili rinnovabili ad un prezzo commercialmente
sostenibile. I risultati odierni dell'IMO indicano che le normative
globali possono ora iniziare a sfruttare gli investimenti record del
settore per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione».
Di tutt'altro avviso Transport & Environment, l'associazione
di organizzazioni non governative che promuove il trasporto
sostenibile in Europa, secondo cui il “Net-Zero Framework”
concordato dal MEPC con l'intento di raggiungere gli obiettivi
climatici stabiliti nella strategia IMO sui gas serra del 2023 per
la decarbonizzazione dello shipping, che prevedeva obiettivi
intermedi di riduzione delle emissioni di gas serra del 20-30% entro
il 2030 e del 70-80% entro il 2040, con il raggiungimento
dell'obiettivo di zero emissioni nette attorno il 2050, «non
riuscirà a raggiungere questi obiettivi né tantomeno a
rispettare l'obiettivo di una temperatura di 1,5 gradi gradi
previsto dall'Accordo di Parigi». Anzi, T&E denuncia che
l'accordo raggiunto potrebbe forse salvare il multilateralismo per
un altro giorno, ma probabilmente «porterà alla
distruzione delle foreste pluviali promuovendo i biocarburanti di
prima generazione». L'associazione ritiene che rispetto agli
impegni dell'IMO del 2023, la misura concordata dal MEPC «porterebbe
al massimo a una riduzione delle emissioni del 10% entro il 2030,
del 60% entro il 2040 e non riuscirebbe a raggiungere l'obiettivo di
zero emissioni nette entro il 2050».
Transport & Environment ritiene, inoltre, che, se per la
prima volta ci sarà un quadro IMO che genererà entrate
per la decarbonizzazione dello shipping, tuttavia il Fondo sarà
«ampiamente insufficiente rispetto a quanto necessario per
incentivare i combustibili puliti e contribuire ad una transizione
giusta ed equa». Relativamente alle unità correttive e
alle unità in eccesso, T&E ritiene che il pacchetto
concordato esenterà quasi il 90% delle emissioni in eccesso
del trasporto marittimo dalle sanzioni per le emissioni di carbonio
tramite le unità correttive. Secondo l'analisi di T&E,
ciò genererà entrate pari a circa 10 miliardi di
dollari all'anno fino al 2035, sebbene le modalità e i tempi
di distribuzione delle risorse saranno strettamente legati alla
creazione del Fondo Net-Zero dell'IMO che - ha osservato T&E - è
probabile che richieda tempo.
«In assenza di rigide norme di sostenibilità - ha
avvertito inoltre T&E - biocarburanti dannosi come l'olio di
palma e di soia diventeranno probabilmente l'opzione preferita, in
quanto saranno i carburanti più economici conformi alle norme
IMO. L'adozione di questi carburanti potrebbe effettivamente
comportare un aumento disastroso delle emissioni se non si prendono
precauzioni nel più breve tempo possibile. Precedenti analisi
di T&E hanno mostrato che un accordo IMO senza sufficienti
garanzie contro i biocarburanti ad elevato rischio ILUC (cambiamento
della destinazione d'uso dei terreni per la produzione di
biocarburanti, ndr) potrebbe comportare ulteriori 270 milioni
di tonnellate di CO2e nel 2030. Ciò rischia di minare gli
sforzi di decarbonizzazione, soprattutto in assenza di certezze a
lungo termine che incentivino gli investimenti nei carburanti
verdi».
Prendendo atto che l'accordo in sede MEPC dimostra che «il
multilateralismo non è morto» e che, «nonostante
un contesto geopolitico tumultuoso, l'accordo IMO crea slancio per i
carburanti marittimi alternativi», il direttore per lo
Shipping di T&E, Faig Abbasov, ha osservato che, «tuttavia,
sfortunatamente saranno i biocarburanti di prima generazione, che
distruggono le foreste, a ricevere la spinta maggiore nel prossimo
decennio. Senza incentivi migliori per gli e-fuel sostenibili
derivati dall'idrogeno verde - ha sostenuto Abbasov - è
impossibile decarbonizzare questo settore altamente inquinante. La
palla è ora nel campo dei singoli Paesi, che devono attuare
politiche nazionali per creare le condizioni adeguate agli e-fuel
verdi».
Assarmatori, commentando l'esito della riunione del MEPC a cui è
stata presente in diversi tavoli tecnici con Simone Parizzi,
responsabile Tecnologia Navale, Ambiente e Sicurezza
dell'associazione armatoriale, quest'ultimo ha spiegato che «il
nostro obbiettivo è stato quello di monitorare da vicino i
negoziati, spingendo per far sì che le decisioni finali siano
il più possibile congruenti e allineate con la tecnologia e i
carburanti alternativi effettivamente disponibili, seguendo sempre
il principio della neutralità tecnologica, senza voli
pindarici dettati da un ambientalismo ideologico e controproducente.
Insieme alla delegazione italiana - ha precisato - abbiamo avuto
modo di evidenziare le caratteristiche del nostro Paese, dove i
porti sono incastonati all'interno delle città e dove il
trasporto marittimo è elemento essenziale per lo sviluppo
dell'industria e la continuità territoriale della più
vasta popolazione insulare europea. Nessun dubbio - ha sostenuto
Parizzi - che per l'Italia i fuel per una vera transizione siano il
gas naturale liquefatto, nell'ottica di una futura matrice bio, il
metanolo e i biocarburanti, come sosteniamo da tempo e come
certificano autorevoli studi. I negoziati hanno risentito delle
tensioni geopolitiche, ma hanno rappresentato un passo importante
per arrivare ad avere norme per la decarbonizzazione del trasporto
marittimo univoche e globali, e non stabilite a livello regionale,
fatto questo indispensabile per un settore come il nostro che è
internazionale per definizione».
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